eva
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lunedì 18 settembre 2006
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regina di premi?
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Il rischio era evidente, come testimoniano anche i numerosi avvocati spediti dalla casa reale alla proiezione di Venezia, vale a dire quello di rendere il film sulla regina Elisabetta un pastiche fondato sul gossip e su teorie del complotto che ciclicamente vengono riproposte per spiegare la strana morte di Diana. invece Frears non ci casca, e complice uno splendido cast di attori che riesce a supplire alle somiglianze non sempre perfette, realizza un film intelligente, toccante e ironico che rivela il conflitto che si agita pure nell'anima di un inglese, sia pure di larghe vedute: da un lato il rifiuto - logico - per le chiusure e l'anacronismo dell'istituzione monarchica, dall'altro il sentimento quasi edipico e comunque pregno di gratitudine che lega alla regina i suoi sudditi.
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Il rischio era evidente, come testimoniano anche i numerosi avvocati spediti dalla casa reale alla proiezione di Venezia, vale a dire quello di rendere il film sulla regina Elisabetta un pastiche fondato sul gossip e su teorie del complotto che ciclicamente vengono riproposte per spiegare la strana morte di Diana. invece Frears non ci casca, e complice uno splendido cast di attori che riesce a supplire alle somiglianze non sempre perfette, realizza un film intelligente, toccante e ironico che rivela il conflitto che si agita pure nell'anima di un inglese, sia pure di larghe vedute: da un lato il rifiuto - logico - per le chiusure e l'anacronismo dell'istituzione monarchica, dall'altro il sentimento quasi edipico e comunque pregno di gratitudine che lega alla regina i suoi sudditi. Questo è il caso del Blair del film, che pur dichiarando pubblicamente la sua stima per la defunta Diana, fa poi di tutto per salvare la faccia della regina nella terribile settimana che seguì l'incidente di Parigi. Ci riuscirà, guidando paradossalmente lui quella regina che lo avrebbe dovuto illuminare coi suoi consigli. Ma questa Elisabetta appare non meno della stessa Diana vittima di un'asfissiante etichetta, che le impedisce di esprimere in modo normale ciò che prova, abituata a pensare che il compito di un sovrano è quello di non manifestare sentimenti. Sarà il doloroso episodio di un cervo a sbloccare e rivelare l'animo di Elisabetta, circondata da un figlio (Carlo) progressista per aver salva la vita, un marito ottusamente astratto dal mondo e dalla madre che pregusta il suo funerale e non vuole certo che una come Diana, ormai fuori dalla casa reale, le rubi lo schema della cerimonia. Se dunque è facile capire cosa e chi offra lo spiraglio all'ironia, Helen Mirren offre il volto, il corpo e la voce ad ogni genere di espressione, magari ipotecando dopo la coppa Volpi pure qualcosa d'altro. se lo meriterebbe.
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[+] regina d'ipocrisia
(di sovietsniper762)
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domenica 17 settembre 2006
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cervi imperiali
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L’Elisabetta II di Stephen Frears ha ben poco in comune con il suo primo ministro, Tony Blair, e molto invece con un altro carismatico socialista dello schermo, l’ultimo vero re di Francia, il Mitterand de Le passeggiate al campo di Marte di Guédeguian: nel lungometraggio francese il ritratto degli ultimi mesi del Presidente malato convergeva nel malinconico congedo da una concezione nobile della gestione del potere, un colto machiavellismo al servizio di alti ideali, in The queen la rievocazione delle reazioni alla morte di Diana Spencer si incentra sulla capitolazione di uno stile di vita, improntato a tradizioni secolari, davanti allo scomposte tendenze esibizionistiche dell’epoca attuale.
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L’Elisabetta II di Stephen Frears ha ben poco in comune con il suo primo ministro, Tony Blair, e molto invece con un altro carismatico socialista dello schermo, l’ultimo vero re di Francia, il Mitterand de Le passeggiate al campo di Marte di Guédeguian: nel lungometraggio francese il ritratto degli ultimi mesi del Presidente malato convergeva nel malinconico congedo da una concezione nobile della gestione del potere, un colto machiavellismo al servizio di alti ideali, in The queen la rievocazione delle reazioni alla morte di Diana Spencer si incentra sulla capitolazione di uno stile di vita, improntato a tradizioni secolari, davanti allo scomposte tendenze esibizionistiche dell’epoca attuale. La sobria ricostruzione mette in luce però non solo la resa alla volgarità contemporanea di una monarchia formale ma anche l’insignificanza della democrazia e della politica considerata come pratica al servizio dei bisogni autentici dei popoli: un laeder laburista definendo una reginetta del jet-set internazionale “principessa del popolo” definisce beffardamente pure se stesso. La celestiale Helen Mirren, meritoriamente premiata con la Coppa Volpi, conferisce con la sua interpretazione un sofferto e sofisticato stoicismo alla sovrana che assume su di sé, fra l’incomprensione generale, tutto il peso di una battaglia persa in partenza contro la subdola tirannia mediatica planetaria: i reali non hanno più ragion d’essere, perché in un totalitarismo senz’anima si è solo sudditi. Con grande rispetto per vicende personali Frears fa del contrasto fra la spettacolarizzazione dei sentimenti e la volontà di difendere gli spazi del privato il vero cuore del contrasto fra Lady D. ed Elisabetta: la tensione si dissolve nella riconciliazione apparente suggerita da un popolare Tony Blair, incarnazione senza scarti del borghese medio, il quale subisce il carisma della corona e il fascino della donna e nel contempo impersona il normale buon senso del politico dei giorni nostri, asservito ai sondaggi e all’ opinione pubblica umorale. The queen guarda comunque lontano e oltre i protagonisti degli eventi raccontati ed è espressione del rimpianto per un universo di simboli e valori tristemente anacronistici: la regina prima di lasciare Balmoral e di ottemperare, senza sentirli, agli obblighi nei confronti del feticcio delle folla, va a rendere omaggio a un bellissimo cervo imperiale, ucciso durante la caccia da un banchiere della City e celebra, senza clamori, un rito funebre intimo, il suo, prima di accettare di sopravvivere salvaguardando la dignità di ciò che rappresenta; del resto, mentre, entrando in cucina fra cuochi e camerieri, chiede scusa per il disturbo, ha già reso chiaro il perché essere monarchici in Inghilterra è un'altra cosa.
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f.vassia 81
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giovedì 12 agosto 2010
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un ritratto sfaccettato
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La drammatica morte di Diana è stata quasi sempre affrontata come un fenomeno di costume, spesso dando spazio a illazioni e pettegolezzi da rotocalco gossipparo; Frears sembra voler invece capire il peso che quell'evento ha avuto nella storia della Gran Bretagna, ma la cosa che meglio gli è riuscita è il tratteggio sfaccettato ( e non unilaterale ) della regina: una sovrana tosta, dignitosa e intelligente, scaraventata in una modernità che la vede schiava di un'opinione pubblica superficialmente emotiva. Il regista si è però affidato a una sceneggiatura da fiction, spesso rigida e ricca di banalità ( vedi la pietà della regina per lo splendido cervo ucciso), che non di rado ci fa dubitare del suo grado di veridicità, specie per quello che riguarda gli altri membri della real famiglia.
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La drammatica morte di Diana è stata quasi sempre affrontata come un fenomeno di costume, spesso dando spazio a illazioni e pettegolezzi da rotocalco gossipparo; Frears sembra voler invece capire il peso che quell'evento ha avuto nella storia della Gran Bretagna, ma la cosa che meglio gli è riuscita è il tratteggio sfaccettato ( e non unilaterale ) della regina: una sovrana tosta, dignitosa e intelligente, scaraventata in una modernità che la vede schiava di un'opinione pubblica superficialmente emotiva. Il regista si è però affidato a una sceneggiatura da fiction, spesso rigida e ricca di banalità ( vedi la pietà della regina per lo splendido cervo ucciso), che non di rado ci fa dubitare del suo grado di veridicità, specie per quello che riguarda gli altri membri della real famiglia.Splendida la prova della Mirren, che il make-up ha reso praticamente identica a Elisabetta II.
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giovagro
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giovedì 22 marzo 2007
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una grande helen mirren
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La cosa che colpisce subito del film e' senz'altro la grande somiglianza tra l'attrice Helen Mirren e la Regina Elisabetta II. Non tanto la somiglianza fisica, resa possibile da ore di trucco, quanto la somiglianza nelle movenze, negli sguardi, nei sorrisi. Il film di per se' non racconta niente di nuovo, se non la volontà del regista di sgomberare ogni dubbio sul colpevole della morte di Diana. Nessun complotto di palazzo: Diana e' vittima della stampa d'assalto senza scrupoli. Guardando il film a nessuno viene il sospetto che la famiglia reale abbia potuto architettare un tale evento: troppo difficile per una famiglia cosi' "semplice" e "bigotta", totalmente chiusa nella sua ottusità.
Senza dubbio un film che vuole "rendere" giustizia ad una Regina messa in gravissima difficoltà dagli eventi.
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La cosa che colpisce subito del film e' senz'altro la grande somiglianza tra l'attrice Helen Mirren e la Regina Elisabetta II. Non tanto la somiglianza fisica, resa possibile da ore di trucco, quanto la somiglianza nelle movenze, negli sguardi, nei sorrisi. Il film di per se' non racconta niente di nuovo, se non la volontà del regista di sgomberare ogni dubbio sul colpevole della morte di Diana. Nessun complotto di palazzo: Diana e' vittima della stampa d'assalto senza scrupoli. Guardando il film a nessuno viene il sospetto che la famiglia reale abbia potuto architettare un tale evento: troppo difficile per una famiglia cosi' "semplice" e "bigotta", totalmente chiusa nella sua ottusità.
Senza dubbio un film che vuole "rendere" giustizia ad una Regina messa in gravissima difficoltà dagli eventi.
Meritatissimo il premio Oscar vinto dall'attrice protagonista
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(di sal m.)
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camilla
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venerdì 9 febbraio 2007
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l’ultima regina per volere divino
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La donna più potente d’Inghilterra si misura in questo discusso film con l’evento storico della morte di Lady D.
The Queen infatti non ripercorre l’intera vita e le molte gesta di Elisabetta II, ma mette in scena, tra ricostruzioni teoriche, e filmati reali, uno dei momenti più critici della monarchia inglese, quello appunto in cui il simbolo più rappresentativo dell’Inghilterra, chiamato a fare i conti con l’evento mediatico, “pieno di glamour e lacrime “ della scomparsa della principessa del popolo, riesce, nonostante lo scricchiolio del trono, a mettersi in salvo
Sin dalle prime immagini appare subito chiaro come effettivo protagonista del film non sia però, né la regina, impersonata dall’ispirata Helen Mirren, né la tragica figura di Diana, bensì la monarchia istituzione, il ruolo di donna di Stato a cui Elisabetta è stata precocemente chiamata “per volere divino”, e per la cui causa, tutto, vita privata e sentimenti, è stato sacrificato.
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La donna più potente d’Inghilterra si misura in questo discusso film con l’evento storico della morte di Lady D.
The Queen infatti non ripercorre l’intera vita e le molte gesta di Elisabetta II, ma mette in scena, tra ricostruzioni teoriche, e filmati reali, uno dei momenti più critici della monarchia inglese, quello appunto in cui il simbolo più rappresentativo dell’Inghilterra, chiamato a fare i conti con l’evento mediatico, “pieno di glamour e lacrime “ della scomparsa della principessa del popolo, riesce, nonostante lo scricchiolio del trono, a mettersi in salvo
Sin dalle prime immagini appare subito chiaro come effettivo protagonista del film non sia però, né la regina, impersonata dall’ispirata Helen Mirren, né la tragica figura di Diana, bensì la monarchia istituzione, il ruolo di donna di Stato a cui Elisabetta è stata precocemente chiamata “per volere divino”, e per la cui causa, tutto, vita privata e sentimenti, è stato sacrificato.
Ed è questa la vera originalità dell’ennesima rielaborazione artistica dei fatti del ‘97, opera tanto pregevole quanto in taluni punti criticabile, del regista Stephen Frears, inglese di nascita, da sempre lontano dalle pellicole molto english tutto disoccupazione e creatività alla Full Monthy.
La rappresentazione dei fatti non si interessa dunque della vicenda Diana, ma dei sentimenti opposti suscitati dalla sua morte, risparmiandoci facili speculazioni e sensazionalistiche ricostruzioni rivelatrici di oscuri complotti della disgrazia.
Il regista sceglie per dare forza al dramma una via più istintuale, facendo riemergere le immagini dalla nostra memoria semplicemente, col solo cenno degli avvenimenti, che all’occorrenza scorrono rapidi sullo schermo della televisione, facendo di noi spettatori lontani protagonisti di collettive emozioni.
Eppure, nonostante la preclusione di campo, il fantasma di Lady D. aleggia forzosamente per l’intero film, condiziona le condotte, chiama a protocollari doveri, si concede a opposte quanto prevedibili manipolazioni politiche, procurando fastidio più da morta che da viva.
Al lutto sociale del popolo britannico, rappresentato attraverso immagini stralciate dai telegiornali, e vissuto con autentico, quanto sproporzionato strazio, fa da contrappeso, in via del tutto immaginifica, l’agghiacciante cinismo dell’inutile principe consorte Filippo, impensierito solo dal passatempo deprecabile, ma molto inglese, della caccia, nonché l’irritante indifferenza generale di chi, parenti e affini, avevano accolto Diana in famiglia.
Unica voce fuori dal coro in questo scenario di vero e verosimile,- e questo si è veramente troppo- la figura di Carlo, curiosamente riabilitato e favolescamente descritto come padre amorevole, tutta umanità e dedizione per la compianta ex-moglie.
Nel suo gioco di fantasia però il regista scantona ancora, prospettandoci l’assurda quanto improbabile scenetta domestica in cui la famiglia reale, alla maniera di un comune nucleo familiare, si ritrova seduta in salotto ad apprendere dalla televisione i dettagli della morte di Lady D.
La pellicola, “a mezz’asta” dunque tra immagini di repertorio e dubbie ricostruzioni della realtà, merita una celebrazione solo parziale, quella della stella di Helen Mirren,- unica, grande, sublime, one woman show, - che brilla splendente nell’interpretazione impeccabile di Elisabetta II, già premiata a Venezia con la nostrana Coppa Volpi, e in odore di oscar.
La nostra interprete, in forza soprattutto, di un’evidente e sorprendente somiglianza fisica con la testa più coronata della Gran Bretagna realizza in the queen una sovrapposizione perfetta, riproponendo in maniera identica non solo il trucco, la capigliatura e l’eccentrico vestiario, dell’illustre personaggio, ma anche le movenze, sgraziate e goffe, gli sguardi impenetrabili e gli atteggiamenti distanti. Tutti questi tratti, frequenti e tipici di Elisabetta, vengono qui abilmente rapiti alla sovrana e sapientemente fatti propri dalla Mirren.
Grazie dunque dell’intenso studio della fisicità compiuto dalla talentuosa attrice esce fuori prepotente dalla pellicola il profilo duro di questa sovrana, tutta ragion di Stato e doveri, ma a cui comunque Helen è in grado di donare un’insospettata umanità.
Emerge così un inedito ritratto di donna, prima ancora che di regina, di grande fragilità, i cui occhi ricolmi di tristezza fanno trapelare più le pesanti responsabilità della corona, piena più di spine che di pietre preziose, che le gioie di una vita da sogno.
Inevitabilmente dunque le mille rinunce compiute da parte di quest’algida sovrana per amore del proprio ruolo la mostrano immediatamente meno distante, più vera, facendo inoltre di tale evidente spirito di abnegazione anche lo strumento di lettura dell’altero quanto odioso comportamento, permeato di rigore e compostezza e privo di ogni spontaneità, ma per forza di cose giustificato, in quanto da sempre impostole come stile di vita.
Il senso ultimo del film, contraddistinto dal volto umano di Elisabetta, non può che essere dunque di speranza, forse avverata, che il moderno popolo britannico, superato il senso di scoramento per la perdita di Diana, e abbandonati i timori per il nuovo governo insediatosi, si riconcili con la propria antimoderna regina, trovando riparo felicemente nel vecchio e beneaugurante motto: “God save the Queen” .
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stefano
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martedì 10 ottobre 2006
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relazioni pericolose a buckingham palace
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Dio salvi la Regina... ma stavolta, più che Dio, ci ha pensato Tony Blair. "The Queen", l'ottimo film di Stephen Frears in concorso a Venezia, è uno dei migliori esempi di pellicole che riescono ad affrontare in maniera sincera e tutt'altro che scontata i temi della politica e della storia recente come quello della morte di Lady Diana, e dell'impatto che l'evento ha avuto sulla società inglese. Il bravissimo Frears (che in passato ci ha regalato gioielli quali "Le relazioni pericolose" e "Rischiose abitudini") evita abilmente le trappole della retorica, del film a tesi o della semplice cronaca, utilizzando l'episodio della morte di Diana come un'occasione per raccontare non solo quel preciso momento storico, ma per descrivere più in generale il conflitto di valori incarnato da un'Inghilterra divisa tra l'istituzionalità delle sue tradizioni e la necessità di un inevitabile rinnovamento.
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Dio salvi la Regina... ma stavolta, più che Dio, ci ha pensato Tony Blair. "The Queen", l'ottimo film di Stephen Frears in concorso a Venezia, è uno dei migliori esempi di pellicole che riescono ad affrontare in maniera sincera e tutt'altro che scontata i temi della politica e della storia recente come quello della morte di Lady Diana, e dell'impatto che l'evento ha avuto sulla società inglese. Il bravissimo Frears (che in passato ci ha regalato gioielli quali "Le relazioni pericolose" e "Rischiose abitudini") evita abilmente le trappole della retorica, del film a tesi o della semplice cronaca, utilizzando l'episodio della morte di Diana come un'occasione per raccontare non solo quel preciso momento storico, ma per descrivere più in generale il conflitto di valori incarnato da un'Inghilterra divisa tra l'istituzionalità delle sue tradizioni e la necessità di un inevitabile rinnovamento. La brillante sceneggiatura di Peter Morgan, mescolando dramma e commedia, fa partire la storia dalla primavera del 1997, subito dopo la strepitosa affermazione del Partito Laburista di Tony Blair, per poi soffermarsi sui giorni successivi all'incidente dell'Alma, fino al ritorno dei Windsor a Londra e ai funerali in mondovisione di Diana. Il nocciolo del film, in realtà, non è tanto la scomparsa della principessa del popolo, quanto l'incapacità da parte dei reali di comprendere appieno l'appassionata reazione del popolo inglese. Ma Frears si astiene dall'esprimere giudizi personali o di carattere politico sulla figura della Regina, limitandosi a tracciarne un ritratto profondo, talvolta ironico e straordinariamente umano che, pur senza farne un'eroina, riesce tuttavia a coinvolgere e commuovere lo spettatore. A uscirne non troppo bene, semmai, è il resto della reale famiglia: Carlo, un principe nevrotico terrorizzato dall'idea di poter essere vittima di un attentato, e il regale consorte Filippo, un aristocratico freddo e snob che risulta di un'antipatia insuperabile. Invece strappa almeno una risata l'anziana Regina Madre, che non risparmia maliziose battute a proposito del proprio funerale. Ma il personaggio più divertente è Cherie Blair, una first-lady decisamente antimonarchica che non perde occasione per scimmiottare i reali e tutte le loro assurde formalità. Mentre il vero eroe del film è lui, Tony Blair, interpretato dal simpatico e somigliantissimo Michael Sheen: un primo ministro giovane e impacciato che commette una clamorosa gaffe durante la cerimonia d'investitura ed è imbarazzatissimo al cospetto della sovrana. Lui e la Regina si incontrano di persona solo all'inizio e alla fine, ma l'istintiva tenerezza che Blair prova per lei è presente in tutto il film. Il quale ha la sua vera ragion d'essere proprio in Elisabetta II, che sullo schermo ha il volto rigido e segnato della bravissima Helen Mirren, che dopo la Coppa Volpi ha già ipotecato anche il premio Oscar grazie alla sua straordinaria interpretazione, fatta di primi piani lunghi e sofferti che non mancano di evidenziarne le più intime fragilità, celate dietro la compostezza imposta dal suo ruolo. Da ricordare, a tal proposito, quella che è forse la scena più bella del film: quando Elisabetta, rimasta sola in mezzo alla campagna scozzese, scoppia finalmente in un pianto silenzioso e liberatorio, per poi commuoversi alla vista di un magnifico cervo, proprio come succedeva ne "Il cacciatore". L'espressione di Elisabetta in quella singola scena rappresenta l'anima di tutto il film.
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rosa
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giovedì 18 ottobre 2007
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corna muschiate, riccioli d'argento.
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Non è scontato che sia un simbolico incontro-scontro fra regimi: vecchio e nuovo, regina e principessa del popolo, monarchia e spirito democratico. E infatti non è niente di tutto ciò. Come molta della produzione cinematografica britannica si tratta di un film leggibile ad almeno due livelli, e quello che vede il raffronto tra l'istituzionalità legata di Elisabetta e l'aperta modernità politica del primo Ministro è solo uno dei due. Dall'altra parte, è sensibilmente chiara la rappresentazione simbolica che il regista fa del potere inglese, tutto sui generis, assolutamente originale anche nella storia: immagine clue di tale simbologia è lo sguardo della regina che affonda in quello del cervo, le cui meravigliose, anziane ma meravigliose corna ramificate e possenti stanno a lui come la corona sta a lei.
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Non è scontato che sia un simbolico incontro-scontro fra regimi: vecchio e nuovo, regina e principessa del popolo, monarchia e spirito democratico. E infatti non è niente di tutto ciò. Come molta della produzione cinematografica britannica si tratta di un film leggibile ad almeno due livelli, e quello che vede il raffronto tra l'istituzionalità legata di Elisabetta e l'aperta modernità politica del primo Ministro è solo uno dei due. Dall'altra parte, è sensibilmente chiara la rappresentazione simbolica che il regista fa del potere inglese, tutto sui generis, assolutamente originale anche nella storia: immagine clue di tale simbologia è lo sguardo della regina che affonda in quello del cervo, le cui meravigliose, anziane ma meravigliose corna ramificate e possenti stanno a lui come la corona sta a lei. In questo percorso di lettura ciò che segue è la ricerca di sè che lei intraprende celebrando quel sommesso funerale al medesimo cervo reale, lontano dai protocolli di corte, senza discorsi ufficiali, nel freddo ambiente di una foresteria Elisabetta guarda se stessa nel capo mozzato dell'animale. E' metafora vivisa di rara bellezza, che si ritrova perfettamente fianco a fianco con la letteratura storica dei "Re Taumaturghi": lo Stato-Nazione come il corpo umano, il capo dello Stato, il sovrano come la testa. E il capo di Frears non si china per dichiarare la sua fine, perché trova qualcosa in sè, nella vita della propria civiltà, che va oltre l'alternarsi successivo di vita e morte delle istituzioni. Esattamente nel punto in cui incontra se stessa, la regina incontra Blair, incontra la popolazione. Trovo che sia una narrazione dolce, per nulla malinconica.
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[+] robusto film sulla storia recente.
(di valvestino)
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catcarlo
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venerdì 13 gennaio 2017
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la regina dubita
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Dedicato alla ricostruzione di quanto accadde fra i Windsor nella settimana successiva alla morte di Diana Spencer, il film è innanzitutto una sublime prova d’attrice, genere in cui Frears si è andato specializzando poi negli anni mettendo a punto splendidi veicoli per Judi Dench e Meryl Streep. Qui Helen Mirren raggiunge uno dei vertici della sua carriera ricostruendo i tormenti interiori di Elisabetta, costretta alla maschera dell’ufficialità – che la gente, non a torto, scambia per freddezza visti i burrascosi rapporti con la ex nuora – quando nell’animo si combatte lo scontro tra comportamenti passati e sentimenti presenti scatenati da un decesso che origina un’ondata di commozione popolare.
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Dedicato alla ricostruzione di quanto accadde fra i Windsor nella settimana successiva alla morte di Diana Spencer, il film è innanzitutto una sublime prova d’attrice, genere in cui Frears si è andato specializzando poi negli anni mettendo a punto splendidi veicoli per Judi Dench e Meryl Streep. Qui Helen Mirren raggiunge uno dei vertici della sua carriera ricostruendo i tormenti interiori di Elisabetta, costretta alla maschera dell’ufficialità – che la gente, non a torto, scambia per freddezza visti i burrascosi rapporti con la ex nuora – quando nell’animo si combatte lo scontro tra comportamenti passati e sentimenti presenti scatenati da un decesso che origina un’ondata di commozione popolare. Smodata, come sostiene il brillante ma antipatico Tony Blair di Michael Sheen, ma reale e con cui confrontarsi, ignorando le insistenze in senso contrario della più rigida regina madre (Sylvia Syms) e di un Filippo (James Cromwell, noto dalle nostre parti soprattutto per aver interpretato il padrone del coraggioso maialino Babe) snob oltre ogni limite. Siccome la sceneggiatura di Peter Morgan non si preoccupa di celare simpatie e antipatie, dei restanti membri della famiglia Windsor esce bene il solo Carlo (Alex Jennings), capace di superare le proprie paranoie attraverso l’affetto per i figli e il ricordo della ex consorte, mentre, come detto, Blair non ci fa una gran figura visto che è rappresentato come un opportunista pronto a cogliere l’occasione. Malgrado l’ottima riuscita degli attori e l’attenta guida del regista, il film si mantiene però on gradino sotto ad altre opere di Frears e forse la causa è da individuare in un’eccessiva aderenza alla realtà – molti sono i filmati d’archivio – che spezza il crescendo emotivo creato attorno alla regina. Non si può comunque dimenticare il notevole valore della parte iconografica sotto la direzione di Affonso Beato: oltre alla scelta degli affascinanti e desolati paesaggi scozzesi, davvero indovinata l’idea di utilizzare due diversi formati per girare negli ambienti aristocratici (35mm) e borghesi (16mm), accentuando dal punto di vista visivo quella differenza anche mentale tra i componenti le due classi che Cherie Blair (Helen McCrory) vorrebbe così volentieri abbattere.
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fabio57
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martedì 26 aprile 2016
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buon film
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Ritratto senza indulgenze, della Regina Elisabetta II,a tutt'oggi ancora sul trono a 90 anni suonati.Il periodo preso in considerazione dal film è quello della morte di Lady Diana,forse il più buio per la monarchia britannica, che vide momentaneamente appannarsi l'affezione millenaria per l'istituzione da parte del popolo.L'incontro con Tony Blair e i suoi consigli avrebbero addolcito la posizione di "Buckingam Palace" nei confronti della sfortunata principessa.La figura che emerge, interpretata magistralmente da Helen Mirren ,è di una personalità rigida, conservatrice, cinica e poco incline alle aperture al popolo,prerogativa invece tutta di Dyana.
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Ritratto senza indulgenze, della Regina Elisabetta II,a tutt'oggi ancora sul trono a 90 anni suonati.Il periodo preso in considerazione dal film è quello della morte di Lady Diana,forse il più buio per la monarchia britannica, che vide momentaneamente appannarsi l'affezione millenaria per l'istituzione da parte del popolo.L'incontro con Tony Blair e i suoi consigli avrebbero addolcito la posizione di "Buckingam Palace" nei confronti della sfortunata principessa.La figura che emerge, interpretata magistralmente da Helen Mirren ,è di una personalità rigida, conservatrice, cinica e poco incline alle aperture al popolo,prerogativa invece tutta di Dyana.Tuttavia, per quanto sia severo il giudizio sulla protagonista,affiora tra le righe una sobrietà, una signorilità, che comunque le vanno riconosciute.
Il film è interessante.
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giorpost
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venerdì 4 aprile 2014
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grande la mirren, ma la regia non è all’ altezza
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Gli individui associano spesso le varie fasi della propria vita ad eventi particolarmente rilevanti che periodicamente accadono in giro per il globo. La morte della principessa Diana è stato, senza ombra di dubbio, uno di questi, a prescindere dal gradimento e dalle simpatie che ogn’ uno di noi possa aver nutrito per il personaggio.
Stephen Frears è uno di quei registi che non trovano una larga convergenza negli apprezzamenti avendo uno stile tutto suo, poco avvezzo alla spettacolarizzazione e all’ impatto visivo. In The Queen (UK, 2006), le sue caratteristiche vengono confermate, trattando l’ evento succitato con modalità, a mio modesto avviso, troppo soft e filo-reali, e su quest’ ultimo punto mi spiego meglio.
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Gli individui associano spesso le varie fasi della propria vita ad eventi particolarmente rilevanti che periodicamente accadono in giro per il globo. La morte della principessa Diana è stato, senza ombra di dubbio, uno di questi, a prescindere dal gradimento e dalle simpatie che ogn’ uno di noi possa aver nutrito per il personaggio.
Stephen Frears è uno di quei registi che non trovano una larga convergenza negli apprezzamenti avendo uno stile tutto suo, poco avvezzo alla spettacolarizzazione e all’ impatto visivo. In The Queen (UK, 2006), le sue caratteristiche vengono confermate, trattando l’ evento succitato con modalità, a mio modesto avviso, troppo soft e filo-reali, e su quest’ ultimo punto mi spiego meglio. Tutti sanno dell’ odio che la Regina Elisabetta II nutriva per Lady D, per il suo stile di vita e per il suo essere accentratrice di tutte le attenzioni mediatiche. D’ altro canto un attento osservatore delle vicende reali inglesi non può, allo stesso modo, esimersi dal valutare le scelte, i costumi, le usanze ed alcune notizie trapelate nel corso degli anni, riguardanti la famiglia reale, molto poco affini agli stilemi di una nobile dinastia. Eppure in questa pellicola Frears sembra volerci costringere a guardare la vicenda con gli occhi della real family, ora con quelli vissuti della Regina Madre (Sylvia Syms), ora con quelli del leggero e naif Filippo (Cromwell), ora con quelli dell’ esperta, composta ma al contempo glaciale e perfida Elisabetta, interpretata con magistrale attenzione dall’ esperta Helen Mirren. Ma in questo film ci sono anche alcune incongruenze e quella che sottolineo riguarda il Principe Carlo, ridisegnato con un volto (prestato in questo caso da Alex Jennings) buonista, dall’ aria comprensiva e dotato di una compassione per la morte della ex congiunta che, onestamente, a molti non è sembrato abbia mai palesato in pubblico. Insomma un Principe del Galles non conforme all’ originale. Le sequenze non decollano mai sopra le righe, e questo a volte è un punto di svantaggio, essendo state girate decisamente poca enfasi e con un rivedibile collegamento tra immagini di repertorio e scene registiche. Scarna è pure l’ attenzione verso il punto di vista di Diana che sembra quasi fuori dal contesto e rimodellata attraverso lo sguardo del popolo, l’ unico che la amasse per davvero. The people’s Princess era, infatti, un’ espressione coniata dal dall’ allora primo ministro Tony Blair (e non dal suo “ghost writer”, come erroneamente riportato nell’ opera) efficacemente riproposto da Michael Sheen, non a caso scelto per la somiglianza incredibile al premier britannico. Alcune situazioni sono abbastanza godibili, come la sequenza relativa alla fredda accoglienza ed al benestare della Regina verso il neoeletto capo del governo laburista, che prevede un rituale decisamente fuori tempo con tanto di inchini, frasi studiate e bacio della mano regale. Ed è altresì buona la ricostruzione dell’ accaduto (l’ uscita dall’ Hotel di Parigi di Diana con Dodi Al Fayed, l’ inseguimento dei paparazzi, gli sviluppi del discorso alla nazione di Blair), ma tutto ha un ritmo troppo cadenzato, morbido, quasi distratto. Non si può non ricordare la scelta di rappresentare Tony Blair con la maglia del Newcastle la mattina seguente la tragedia mentre cerca la Regina al telefono: non credo che nella realtà il tutto si sia svolto con quei toni e con quella scarsa enfasi raffigurati da Frears.
Certo, qualcuno potrà asserire che in realtà lo spaccato che ne deriva è proprio la perfidia, il distacco e la glacialità con la quale viene accolto dai Windsor il dramma occorso alla madre del futuro Re d’ Inghilterra, ma dal mio punto di vista (magari sbagliato) l’ opera è tesa a farci rivalutare la figura della Spencer (e chissà, forse con giusta ragione) spostando il gradimento verso i reali.
Per concludere, credo che siano lo stile, la fotografia, il debole impulso vitale e lo spirito tenue che il regista britannico ha dato al suo lungometraggio che mi fanno affermare che The Queen, fatta salva la prova della Miller, lascia alquanto a desiderare.
Voto: 6
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