L'alba del giorno dopo

Antonio Cianciullo

Chicchi di grandine delle dimensioni di un ananas che bombardano il centro di Tokyo.Un’onda mostruosa che si abbatte su Manhattan travolgendo ogni ostacolo. Los Angeles devastata da un tornado. New Delhi sotto la neve. E Dennis Quaid, nei panni di un atletico meteorologo, che affronta una rischiosa traversata in stile artico per salvare il figlio asserragliato nella biblioteca di New York circondata dai lupi ululanti. L’alba del giorno dopo di Roland Emmerivk, che verrà proiettato oggi nelle sale di tutto il mondo, è il primo kolossal sul cambiamento climatico: 125 milioni di dollari investiti sulla scommessa chela paura del clima impazzito è ormai capace di fare cassetta.
Le esigenze di Hollywood hanno richiesto una certa libertà d’interpretazione rispetto all’ortodossia scientifica. Far ruotare il film attorno a un finale dominato dal caldo è sembrato probabilmente troppo prevedibile e il regista di Independence day si è preso qualche licenza poetica: eventi che nel peggiore degli scenari richiederebbero un certo numero di anni sono stati compressi in poche settimane; il raffreddamento che, in controtendenza rispetto al generale processo di global warming, potrebbe colpire alcune aree è stato trasformato nell’icona del cambiamento climatico; la temperatura è stata fatta precipitare in maniera piuttosto generosa.
Particolari che fanno discutere i tecnici, ma che non cambiano il segno del film: un messaggio forte e chiaro rivolto all’opinione pubblica mondiale in aperta polemica con le scelte dell’America versione Bush. Basta pensare che all’arroccamento dell’attuale presidenza americana, pronta a sbarrare il passo sia agli accordi globali a difesa del clima che a quelli sulla corte di giustizia internazionale, Emmerich contrappone un presidente immaginario che porge le sue scuse al mondo per il disastro climatico provocato da un modello di sviluppo dissennato e che ringrazia in modo particolare il governo del Messico per l’ospitalità concessa ai cittadini statunitensi in fuga dal loro paese devastato.
Una cornice politico-ambientale così netta da trasformare il film, prima ancora dell’uscita, in un evento politico. La Legambiente oggi presidierà i cinema che proiettano L’alba del giorno dopo in modo da raccogliere le firme a favore di una campagna per bloccare, con misure concrete e immediate, la crescita dell’effetto serra. E i Verdi, che saranno anche loro davanti ai cinema con i volantini, hanno fatto del film il cavallo di battaglia della loro campagna elettorale: «Il clima ha già cominciato a cambiare», ricorda Monica Frassoni, presidente dei Verdi europei. «L’anno scorso sono state contate 142 catastrofi naturali nel mondo, la cifra più alta mai registrata. E la strage che proprio in questi giorni è stata causata da un’ondata di eccezionale maltempo ad Haiti e nella Repubblica Dominicana conferma il trend».
Piuttosto concorde anche il parere della comunità scientifica. «Il film impressiona per la sua capacità di comunicare emozioni forti, di trasmettere un allarme fondato», commenta Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana. «La serie di eventi indicata non è l’unica né la più probabile. Ma quello che conta è la capacità di segnalare l’urgenza di un intervento. Si esce dalla sala con la sensazione che si sta scherzando con il fuoco ed è esattamente quello che stiamo facendo: stiamo cambiando l’atmosfera a una velocità che non ha precedenti e ci rifiutiamo di adottare le contromisure necessarie a ridurre il rischio».
In sostanza Emnierich ha acceso un faro che illumina un possibile scenario. ha scelto il più spettacolare, non il più verosimile. Ma è anche quello a cui fa riferimento il rapporto commissionato dal Pentagono a due esperti di programmazione economica, Peter Schwartz e Doug Randall, e divulgato dalla Casa Bianca nel gennaio scorso solo dopo una fuga di notizie che aveva già reso pubblici tutti i passaggi più importanti.
Molti altri scenari sono possibili, oltre a quello disegnato nell’Alba del giorno dopo, ma ben pochi appaiono tranquillizzanti. Le previsioni spaziano dai supercicloni in cui si scarica l’energia in eccesso accumulata negli oceani alla desertificazione dei granai del mondo. Ipotesi diverse e in alcuni casi contrastanti. Un unico elemento torna con una certa costanza: il prezzo spaventosamente alto in termini di vite umane.
«Il clima è una macchina che non conosciamo molto bene e che non sempre agisce in modo lineare e conseguenziale: i cambiamenti possono avvenire in modo molto più rapido e improvviso di quanto ci si attenderebbe», nota Vincenzo Ferrara, l’esperto climatico dell’Enea. «Ad esempio studiando il clima nelle fasi di passaggio da un’era glaciale a una post-glaciale si scoprono salti bruschi concentrati in uno spazio temporale molto ristretto. Sono precedenti che suggerirebbero una prudenza di cui non si vede traccia».
Da La Repubblica, 28 maggio 2004


di Antonio Cianciullo, 28 maggio 2004