Donnie Darko

Se David Lynch ci ha abituati a centrifugare le nostre più recondite paure dell'inconscio, ponendoci di fronte ad enigmi apparentemente irrisolvibili e a personaggi morbosamente disturbanti, Richard Kelly decide invece di tracciare un percorso definito che ci porta ad abbracciare la fede come unica soluzione ai mali di questa Società. La solita apparenza ingannatrice di questo Mondo al collasso, creatore di apparati robotici a volte pensanti (gli umani) costretti fin dalla nascita a seguire delle regole non-scritte per non essere emarginati e scartati come l'involucro di un cioccolatino: fuori bellissimo, dentro amarissimo. C'è un Donnie Darko in ognuno di noi. Pensate se questo lato così realistico prendesse il sopravvento sulla plastificata realtà quotidiana. Se ci comportassimo come Donnie Darko la nostra esistenza verrebbe cancellata dal Mondo che ci circonda e finiremmo per morire da soli. Ma Donnie non vuole questo, Donnie non ti obbliga a seguirlo, ti dice semplicemente come stanno le cose, ti dice cosa fare e se vuoi seguirlo devi ascoltare il Tuo coniglio. Se solo potessimo rivalutare anche una minima parte di quella sapienza e di quel misticismo che caratterizzava le antiche civiltà che ci hanno preceduto, forse riusciremmo a comprendere meglio il messaggio di Richard, un messaggio indiretto che ti colpisce immediatamente, ti tiene incollato allo schermo, ti fa pensare...ecco cosa deve fare il cinema: farti pensare. E invece ci perdiamo nei meandri di una mente malata dalla Società, dove si festeggia anche a Capodanno nonostante ci siano migliaia di morti dal maremoto. Questo è l'uomo? Portiamo davvero una maschera? Ci piace nasconderci per non mostrare il nostro lato terrificante e spaventarci di fronte ad uno specchio. La regia è perfetta in tutto, dal montaggio ai dialoghi, alla fotografia alle espressioni dei personaggi e i loro modi di comunicare. Donnie e la sua famiglia, la sua ragazza, sono personaggi da amare. Tutti noi vorremmo essere un po' Donnie Darko, basta volerlo.