Le nozze di Zeus

Un film di João César Monteiro. Con João César Monteiro, Joanna Azevedo, Rita Durao, Jose Airosa Titolo originale As bodas de deus. Commedia, durata 150 min. - Portogallo 1999.
   
   
   

Finalmente il pipistrello ride e sorride Valutazione 0 stelle su cinque

di Alberto Cinelli


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domenica 8 maggio 2005

Di nuovo in miseria, invecchiato e ancora più macilento e rinsecchito, João de Deus passa le sue giornate in un parco pubblico. Qui un tizio in uniforme da marina che dice di essere l’inviato di Dio gli regala una valigia piena di soldi. Poco dopo salva una ragazza di nome Joana da un tentativo di suicidio e la fa ospitare in un convento di suore, che le affidano il compito di prendersi cura dei bambini. Ormai ricchissimo, João compra una villa in stile barocco, assume domestici e inservienti e si fa chiamare Barone de Deus. Fatto un regalo ad una misteriosa Principessa amante di un magnate del petrolio col vizio del gioco, João sfida quest’ultimo a una partita a poker, dove la posta è prima la tenuta e poi la donna. Vinta la partita e la Principessa, questa poi sparisce dopo averlo derubato di tutto il suo denaro custodito in un altare. Arrestato con l’accusa di traffico d’armi, chiuso ancora in manicomio criminale con pena inasprita per offesa alla giustizia, scontata la pena João troverà ad attenderlo fuori dal carcere Joana, con la quale forse si sposerà. Il terzo capitolo della storia di João de Deus (presentato a Cannes nel 99) è uno dei migliori film di Monteiro. Abituati ormai al suo stile (inquadrature fisse, sequenze lentissime, ecc.), le solite due ore e mezza di proiezione scivolano via senza noie o sbadigli. Ieratico, grottesco, sarcastico, blasfemo, “As bodas de Deus” è a suo modo un film sull’amore e una fiaba surreale, ove si riscontrano situazioni prese a prestito dal cinema muto e altre che rimandano ai due film precedenti. Se in questi Monteiro non rideva e non sorrideva mai, qui finalmente ciò accade e sembra quasi essere divenuto timido nei confronti del gentil sesso (ma le sue manie non sono del tutto sparite). Avvalendosi di musiche sacre e profane, citando spesso passi poetici e biblici, Monteiro ci dà alcune sequenze di grande cinema: la rappresentazione teatrale (con quel nano che distrugge i manichini), la notte d'amore fra il nostro “vampiro” e la Principessa, l'esercizio ginnico di João aggrappato alle sbarre della prigione sulle note dell'aria pucciniana “E lucean le stelle” dove, così pelle e ossa, sembra davvero un pipistrello, per chiudere con un lieto fine memore dell’ultima scena di “Tempi moderni”. Come per le due opere precedenti, ancora una volta chi ama i film di pura e semplice evasione può farne a meno. Come possono lasciarlo perdere le anime sensibili e pie. Ma gli altri, non se lo lascino sfuggire.

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