Roberto Nepoti
La Repubblica
Una decina d'anni fa Zhang Yimou sorprese il pubblico internazionale con Lanterne rosse, un crudele dramma sul potere vietato nella Cina Popolare; oggi, i giovani registi cinesi vedono in lui il rappresentante di un cinema conservatore, ufficiale. Hanno torto? Forse no. In La strada verso casa (Orso d'argento, Premio speciale della Giuria alla Berlinale dell'anno scorso), come già accadeva nel precedente Non uno di meno, Zhang Yimou mette in scena una parabola semplice. Un figlio, uomo d'affari trasferito in città, torna al paesello nel Nord della Cina per i funerali del padre: si apre l'evocazione della lovestory tra i suoi genitori, iniziata con un pudico corteggiamento fatto di sorrisi, sguardi, offerte di buon cibo. Lei è la più bella fanciulla del villaggio; lui un maestro in trasferta, giovane anche se non quanto la maestrina di Non uno di meno. L'amore è contrastato e non mancano neppure i grattacapi con le occhiute autorità, che sottopongono il maestro a un interrogatorio politico; però i due giovani riescono a sposarsi. Quarant'anni più tardi l'uomo muore. Dopo il funerale, la vedova pretende che al marito vengano resi onori vecchia maniera: che sia, cioè, trasportato a spalle lungo la strada verso casa. All'inizio sembra che nessuno voglia saperne, nemmeno dietro offerta di compensi; alla fine, invece, i desideri della signora troveranno piena realizzazione. Il tema è il confronto tra la Cina di ieri e la Cina di oggi. Il giudizio risulta implicito già nella scelta di usare colori caldi per il passato, un freddo bianco e nero per il presente. E, in complesso, la reazione verso la perdita d'attenzione per la cultura tradizionale, schiacciata dal materialismo, sembra sincera. Però Zhang, pur nella semplicità della storia scelta, la esprime in un modo che fa rimpiangere la sobrietà dei grandi nostalgici del cinema di ieri. Se da una parte Zhang eccede in reticenza, lasciando alquanto generica la critica alle scelte politiche passate e presenti, dall'altra sommerge le immagini in un'overdose di poesia e di musica. Lo stile di regia è sobrio. La protagonista Zheng Ziyi è una delizia.
Da La Repubblica, 10 febbraio 2001
di Roberto Nepoti, 10 febbraio 2001