Celebrity |
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Un film di Woody Allen.
Con Joe Mantegna, Kenneth Branagh, Melanie Griffith, Judy Davis, Leonardo DiCaprio.
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Commedia,
durata 100 min.
- USA 1998.
- C.G.D - Cecchi Gori Distribuzione
uscita venerdì 18 dicembre 1998.
MYMONETRO
Celebrity
valutazione media:
3,00
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Irene Bignardi
La Repubblica
Non esageriamo coi paragoni, e lasciamo stare La dolce vita. Celebrity, per quanto intelligente, brillante, impeccabilmente confezionato, fa parte dei film "minori" di Woody Allen. Non nelle intenzioni, suppongo, ma nei risultati. È certamente meno personale, tanto per dire, di Harry a pezzi, dove in effetti Allen, sotto la glassa del divertimento, faceva a pezzi se stesso e il suo mondo. Il piccolo racconto morale che è Celebrity (fotografato chissà perché, ma ne siamo contenti, nel bellissimo bianco e nero di Sven Nykvist) non contiene invece, e si sente in questo il minor coinvolgimento, un alter ego psicologico di Woody Allen, con tutta la sua verità nevrotica - anche se Kenneth Branagh fa il possibile per assomigliargli, esitazioni e balbettii compresi. La celebrità, la fama, il coro dei groupies, gli star fuckers (e cioè quegli uomini e quelle donne che aspirano ad andare a letto con le star per la loro pura essenza di star), il caravanserraglio della fama, Allen li ha conquistati da un pezzo e può ignorarli. Lee, il giornalista aspirante sceneggiatore che è la sua proiezione cinematografica, sogna invece nell'ordine: 1) di farsi la diva di turno (Melanie Griffith, che ci sta, anche se si limita a praticare quel rito orale che secondo la recente morale americana non costituisce adulterio), 2) di vendere a qualcuno la sua sceneggiatura, passare il confine, essere non più un cacciatore di celebrità ma una celebrità lui stesso. Lungo la strada perde la moglie Judy Davis - una meravigliosa nevrotica che, al contrario di lui, non sogna di diventare famosa e, al contrario di lui, lo diventerà, conquistando anche la cosa più improbabile nel mondo della celebrità: l'amore - con un delizioso Joe Mantegna, piovuto dal cielo a salvarla da un intervento di chirurgia plastica con cui la poveretta progettava di consolarsi dell'abbandono. Perdoniamo volentieri a Woody Allen la scena in cui Judy Davis prende lezioni, diciamo così, di "gola profonda" dall'esperta Bebe Neuwirth, con l'ausilio di una banana. Siamo a livello di avanspettacolo, ma Allen continua ad avere stile anche in questa banalità, e lo scambio di battute tra le due signore - "a cosa pensi quando lo fai?", chiede la prostituta, "alla crocefissione", risponde soave Judy Davis - è spregiudicatamente in controtendenza. E anche con qualche superficialità l'analisi della rincorsa alla luce altrui e il peso che la luce della celebrità ha nella vita contemporanea - anche se solo per il famoso quarto d'ora di cui parlava Warhol, anche se solo nella sala d'attesa dello studio televisivo dove si incrociano in un'assurda ammucchiata skinheads, rabbini, grassi felici e portavoce di Cosa Nostra - sono messi in scena da Woody Allen con la consueta intelligenza e con un tocco di amarezza in più. In questo senso l'episodio più disturbante del film è quello che vede in scena Leonardo Di Caprio nella parte di un giovane divo cocainomane, egoista, predatorio, indifferente al suo prossimo - e spero che dopo questa sua interpretazione, in cui presta con bravura nevrotica il suo facciotto da angelo di porcellana a un ruolo totalmente dissonante dal suo aspetto, nessuno osi più sostenere che non è un bravo attore. "S'impara molto su una società vedendo chi sceglie di idolatrare", dice Woody Allen. E non è certo casuale se la sua ilaro-tragedia ci mostri scritta nel cielo l'invocazione "Help!", aiuto: i valori che ci accompagnano verso il 2000 non sono davvero granché.
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