carloalberto
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lunedì 25 gennaio 2021
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i sette peccati capitali dell''america
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Favola, parabola, aneddoto, in un bianco e nero che colloca la vicenda in una dimensione atemporale.
Il racconto sincopato di Jarmusch è accompagnato ritmicamente da Neil Young alla chitarra.
Le scene sono intervallate con siparietti nero pece, con un montaggio ellittico alle stregua delle tendine del cinema muto, che spezzano la stessa azione in frammenti ed aumentano il contrasto.
Dal nero della pausa riappare il bianco del volto esangue di Depp, più pallido della sequenza precedente, nel suo viaggio immaginifico.
Il protagonista è accompagnato, novello Dante, in un girone infernale da un Virgilio indiano, Gary Farmer, che ha vissuto in Inghilterra e lo confonde con l’omonimo poeta William Blake, attraverso un west reinventato.
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Favola, parabola, aneddoto, in un bianco e nero che colloca la vicenda in una dimensione atemporale.
Il racconto sincopato di Jarmusch è accompagnato ritmicamente da Neil Young alla chitarra.
Le scene sono intervallate con siparietti nero pece, con un montaggio ellittico alle stregua delle tendine del cinema muto, che spezzano la stessa azione in frammenti ed aumentano il contrasto.
Dal nero della pausa riappare il bianco del volto esangue di Depp, più pallido della sequenza precedente, nel suo viaggio immaginifico.
Il protagonista è accompagnato, novello Dante, in un girone infernale da un Virgilio indiano, Gary Farmer, che ha vissuto in Inghilterra e lo confonde con l’omonimo poeta William Blake, attraverso un west reinventato.
Ogni luogo comune è capovolto nell’opposto. Il mito tramandato nei vecchi racconti che animavano le serate trascorse accanto ad un fuoco acceso nella notte è trasfigurato nel grottesco della farsa.
E’ un viaggio metaforico attraverso i sette peccati capitali dell’America. Un viaggio intrapreso per una promessa di lavoro presso una delle tante industrie che nascevano all’epoca nel paese, capitanata dal padre padrone, ossia la superbia, Robert Mitchum, in uno straordinario cammeo, una delle sue ultime apparizioni sul grande schermo prima di passar a miglior vita. Ma al suo arrivo in fabbrica viene sommerso da una valanga di risate degli impiegatucci assiepati nel piccolo ufficio dominato dal capo contabile, John Hurt,l’invidia, servo pavido e non meno cinico del suo datore di lavoro. Senza un soldo e senza nemmeno la prospettiva di un alloggio per la notte, incontra un ex meretrice, che lo conduce alla sua stanza adornata di fiori di carta bianchi, annuncio di una percorso di redenzione. La donna, raggiunta dal suo vecchio amante,Gabriel Byrne, l’ira, è uccisa con un colpo al cuore che la trapassa ferendo William, che fa a tempo a prendere la pistola nascosta sotto il cuscino e a fare fuoco a sua volta, compiendo così il suo primo assassinio. E’ la prima tappa della sua personale via crucis, l’eliminazione del primo peccato capitale.
Inseguito da un implacabile trio di killer, di cui uno si rivelerà il lupo cattivo, l’antropofago cacciatore di taglie, Lance Henriksen, la gola, William e la sua guida si imbattono in tre cacciatori di pellicce. Sono Iggy Pop, travestita da innocua nonnina, che narra ai suoi improbabili nipotini, meglio loschi compari ed amanti, il gatto e la volpe, bruciati dalla lussuria per la giovane preda, una fiaba come quelle che si raccontano nei film sulla storia americana delle origini.
Prima di imbarcarsi su una canoa, i due antieroi entrano in una bottega in cerca di tabacco, ma il proprietario, Alfred Molina, riconosce William e per intascare la taglia che pende sul suo capo, per avarizia, nel tentativo di ucciderlo perde la vita.
William, la personificazione egli stesso del settimo vizio, l’accidia, perché rimane inerte ed indifferente di fronte alla strage di bisonti a cui assiste nel viaggio in treno, diventa una leggenda suo malgrado, mostrando come per caso nascono i miti della vecchia America tramandati ai posteri. Dead man, il negativo della fotografia patinata dei paesaggi tinti dal rosso dei canyon con l’eroe invincibile che cavalca solitario sotto cieli azzurri percorsi da lievi nuvole bianche, è la smitizzazione del classico western hollywoodiano in forma di favola moderna, in cui ironicamente si fa il verso al puritanesimo americano, offrendo provocatoriamente all’americano medio un percorso spirituale alternativo per la redenzione dai sette peccati capitali di cui si è macchiata la nazione nel corso della sua storia.
La catarsi finale, al termine del percorso spirituale, in cui tutti e sette vizi sono stati sconfitti, è indicata nell’abbandono della propria cultura di morte e di distruzione, per abbracciare, nell’ultimo viaggio, la saggezza primitiva degli indiani, gli unici rimasti a possedere la chiave del mistero della vita e della morte.
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ennio
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giovedì 9 maggio 2019
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sconclusionato western, fin troppo kitsch
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E' abbastanza chiaro che Jim Jarmusch è portato per la commedia, l'ironia, l'avanspettacolo. "Dead man" invece è un finto-western che c'azzecca poco col cinema. La storia è improbabile fin dall'inizio e lo sarà fino alla fine, la scelta del bianco e nero è un pugno in faccia ai paesaggi della montagne rocciose e delle steppe americane, i continui riff della chitarra di Neil Young sono noiosi, ripetitivi e alla lunga irritanti. Come in "Daunbailò", che almeno è divertente, Jarmusch si sollazza di inserire un grande attore qua, un grande musicista là, e fargli recitare un minutino di inutile celebrità di cui non hanno alcun bisogno.
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E' abbastanza chiaro che Jim Jarmusch è portato per la commedia, l'ironia, l'avanspettacolo. "Dead man" invece è un finto-western che c'azzecca poco col cinema. La storia è improbabile fin dall'inizio e lo sarà fino alla fine, la scelta del bianco e nero è un pugno in faccia ai paesaggi della montagne rocciose e delle steppe americane, i continui riff della chitarra di Neil Young sono noiosi, ripetitivi e alla lunga irritanti. Come in "Daunbailò", che almeno è divertente, Jarmusch si sollazza di inserire un grande attore qua, un grande musicista là, e fargli recitare un minutino di inutile celebrità di cui non hanno alcun bisogno.
"Dead man" è un film che ti fa tranquillamente addormentare e rimpiangere registi che fanno ciò che sanno fare e non ciò che è fuori dalla loro cultura e capacità. Soporifero.
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gino64
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mercoledì 27 gennaio 2016
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western mistico
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Fine Ottocento, William Blake è un timido contabile di Cleveland, che dopo la morte dei genitori ha speso tutti risparmi per raggiungere l'Arizona, dove ha ottenuto un lavoro presso un ufficio di contabilità. Come suggeriscono il titolo ed un uomo che incontra in treno, è molto più probabile che trovi la sua morte. E' un western che western non è, per una serie di motivi. Prima di tutto, l'arretrato ovest non è luogo dove il protagonista trova una libertà assente nella East Coast, ma invece rappresenta un vero e proprio viaggio all'inferno. Secondo poi, è rarissimo vedere un western che è più dalla parte dei nativi americani che da quella del tipico cowboy e che presenta delle venature oniriche e grottesche.
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Fine Ottocento, William Blake è un timido contabile di Cleveland, che dopo la morte dei genitori ha speso tutti risparmi per raggiungere l'Arizona, dove ha ottenuto un lavoro presso un ufficio di contabilità. Come suggeriscono il titolo ed un uomo che incontra in treno, è molto più probabile che trovi la sua morte. E' un western che western non è, per una serie di motivi. Prima di tutto, l'arretrato ovest non è luogo dove il protagonista trova una libertà assente nella East Coast, ma invece rappresenta un vero e proprio viaggio all'inferno. Secondo poi, è rarissimo vedere un western che è più dalla parte dei nativi americani che da quella del tipico cowboy e che presenta delle venature oniriche e grottesche. Infine, non si vedeva un western in bianco e nero dal 1962, e questo non è assolutamente un aspetto da sottovalutare poiché jim Jarmusch ha insistito molto che il film venisse girato in bianco e nero e la fotografia di Robby Muller è assolutamente un capolavoro. Ma si fa fatica a trovare qualcosa che non vada in questo film colto ( pieno di citazioni di William Blake) e semplice e lineare allo stesso tempo, dalla colonna sonora immortale di Neil Young, alle interpretazioni magistrali di Johnny Depp (passivo senza scomparire) e Gary Farmer su tutti, ma anche alle parti divertentissime e grottesche di Iggy Pop, Billy Bob Thorton e Robert Mitchum alla sua ultima interpretazione.
Dead Man è un viaggio lento e silenzioso verso la presa di coscienza del dover morire, più che della morte stessa, dove, a detta dello stesso Jarmusch, gli aforismi dei nativi americani si uniscono alle poesie di Blake in un bianco e nero poetico ed una colonna sonora indimenticabile. Tanto atipico quanto bello. Probabilmente il capolavoro di Jarmusch.
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toty bottalla
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giovedì 9 aprile 2015
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la visione soggettiva dell'ultimo viaggio!
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La trama come enigma, l'assenza di colore e una costante atmosfera ipnotica per raccontare l'estremo viaggio di un uomo in una lettura soggettiva e discutibile, l'incubo è interpretato bene ed il fatto che william attraversando l'inferno ha sempre un amico vicino ci conforta un pò, tuttavia, le traversie sanno troppo di sparatorie da film western che tolgono magia al racconto, un lavoro comunque notevole. Saluti.
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jacopo b98
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martedì 20 gennaio 2015
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un capolavoro sulla morte vista come viaggio
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Alla fine dell’800 William Blake (Depp), giovane contabile, viaggia in treno da Cleveland a Machine alla ricerca di un impiego. Ucciso un uomo per legittima difesa, fugge braccato dai cacciatori di taglie. Lo aiuta il pellerossa Nessuno (Farmer), convinto che egli sia l’omonimo poeta inglese. Il suo è un viaggio iniziatico verso la morte. Scritto e diretto da Jarmush, questo western grottesco e surrealista rappresenta nella carriera del suo regista l’incursione in un genere classico al fine di portare a termine una “de-classificazione”. E non solo: infatti Dead Man è sicuramente il miglior film sulla morte, per lo meno quella intesa come viaggio, mai realizzato.
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Alla fine dell’800 William Blake (Depp), giovane contabile, viaggia in treno da Cleveland a Machine alla ricerca di un impiego. Ucciso un uomo per legittima difesa, fugge braccato dai cacciatori di taglie. Lo aiuta il pellerossa Nessuno (Farmer), convinto che egli sia l’omonimo poeta inglese. Il suo è un viaggio iniziatico verso la morte. Scritto e diretto da Jarmush, questo western grottesco e surrealista rappresenta nella carriera del suo regista l’incursione in un genere classico al fine di portare a termine una “de-classificazione”. E non solo: infatti Dead Man è sicuramente il miglior film sulla morte, per lo meno quella intesa come viaggio, mai realizzato. Tutto il film è un macabro coming-of-age onirico che trasporta lo spettatore in una dimensione di morte e macabra sonnolenza, cui dona non poco la splendida fotografia in bianco e nero di Robby Müller, a dimostrazione che talvolta il colore non avrebbe assolutamente avuto una potenza tale. Jarmush costruisce il suo film lentamente, lasciando spazio a squarci di incredibile poesia (mortifera, naturalmente), per poi non disdegnare scene divertenti, grottesche, surreali, condite da dialoghi assurdi, che sono insieme celebrazione e presa in giro di un genere, il western, di cui il regista fa uso improprio. Bravi tutti gli interpreti, ma a spiccare è G. Farmer, nella parte nel buon pellerossa Nessuno. Musiche ammalianti di Neil Young.
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paraclitus
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lunedì 20 agosto 2012
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bello
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Bello, dal miglior Jarmusch. Un viaggio iniziatico verso il nirvana che riesce a cominciare quando le melvilliane anima bianca e anima nera del protagonista vengono finalmente all' inevitabile conflitto distruttore. E finalmente si potrà salpare verso le nebbie della pienezza del nostro essere, liberi dalla schiavitù dell' "Io". L' atmosfera brutale del far west fa da splendido contrasto col tema metafisico ed esoterico del film.
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mr.slapstick
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domenica 20 novembre 2011
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end of the night
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Non tanto importante quello che riesce a comunicare questo film - senso di estraniamento, confusione, fascino da vendere - ma come ci resce: l'uso del bianco e nero, la fotografia, la musica di Neil Young, i dialoghi, i personaggi. Un film che è una sequenza di colpi di genio, con dialoghi a tratti incomprensibili ma terriblmente affascinanti, catturano lo spettatore; si ha quasi l'impressione di essere masticati dal film e poi risputati. Alla fine l'impressione è quella di avere fatto un trip. E che trip...
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fabian t.
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sabato 11 giugno 2011
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un western-movie acido e tetro
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Difficilmente è possibile vedere film costruiti così bene e capaci di rendere visivamente ineccepibile ciò che il regista intende trasfondere. "Dead Man" non ha storia, è un susseguirsi di capitoli che sfumano sempre in nero (in tutti i sensi), dove la prospettiva narrativa è quella allucinata di un sogno oscuro che si tramuta in destino fatale, e lo fa con lentezza indicibile e inesorabile. Tutto dunque scivola pian piano in un epilogo inevitabilmente senza lieto fine, mentre folli e grotteschi personaggi ruotano intorno al protagonista come uno sciamano in una danza di morte. Jarmusch ha le idee abbastanza chiare su ciò che intende mostrare (comprese alcune scene splatter forse evitabili), ben realizzando un'esperienza cupa e angosciosa, a volte psichedelica, che ti si attacca addosso come un incubo terribile e fascinoso al contempo.
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Difficilmente è possibile vedere film costruiti così bene e capaci di rendere visivamente ineccepibile ciò che il regista intende trasfondere. "Dead Man" non ha storia, è un susseguirsi di capitoli che sfumano sempre in nero (in tutti i sensi), dove la prospettiva narrativa è quella allucinata di un sogno oscuro che si tramuta in destino fatale, e lo fa con lentezza indicibile e inesorabile. Tutto dunque scivola pian piano in un epilogo inevitabilmente senza lieto fine, mentre folli e grotteschi personaggi ruotano intorno al protagonista come uno sciamano in una danza di morte. Jarmusch ha le idee abbastanza chiare su ciò che intende mostrare (comprese alcune scene splatter forse evitabili), ben realizzando un'esperienza cupa e angosciosa, a volte psichedelica, che ti si attacca addosso come un incubo terribile e fascinoso al contempo. Un giudizio più accurato e oggettivo, in ogni modo, non può non tener conto di alcuni elementi poco riusciti, come la caratterizzazione debole dei personaggi secondari, delineati abbastanza rozzamente, e un bianco e nero tanto efficace - per certi versi - quanto pesante e claustrofobico. A ciò va aggiunto anche la cospicua presenza di scene in cui Depp dorme o sonnecchia, rallentando un po' troppo una sceneggiatura nata già lenta. Comunque la vera punta di diamante, a mio avviso, oltre alla lodevole fotografia, rimane l'ipnotica e magistrale musica del grande Neil Young, incredibilmente perfetta a veicolare tutto il film.
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maribella
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sabato 25 dicembre 2010
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spettacolare!un viaggio verso un nuovo viaggio
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Film assolutamente spettacolare!Johnny Depp da una prova attoriale che ha del sovraumano.Io non ho davvero più parole per descrivere questo attore,davvero!Film da vedere in linuga originale per non perdersi nemmeno un momento dell'intensa recitazione di Depp.Fantastico anche il resto del cast,ma Depp è meritevole sempre e comunque di una menzione speciale!
Il film è piuttosto surreale.I paesaggi e le musiche sono componenti del cast,risultano fondamentali per scandire la storia.Geniale la scelta delle mini-sequenze che si aprono quasi sempre su William Blake che si sveglia o sugli inseguitori.Film "lento" ma allo stesso tempo coinvolgente,inquietante,commovente,surreale,a tratti divertente!Spettacolare,spettacolare!Johnny meriterebbe un oscar a fil
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Film assolutamente spettacolare!Johnny Depp da una prova attoriale che ha del sovraumano.Io non ho davvero più parole per descrivere questo attore,davvero!Film da vedere in linuga originale per non perdersi nemmeno un momento dell'intensa recitazione di Depp.Fantastico anche il resto del cast,ma Depp è meritevole sempre e comunque di una menzione speciale!
Il film è piuttosto surreale.I paesaggi e le musiche sono componenti del cast,risultano fondamentali per scandire la storia.Geniale la scelta delle mini-sequenze che si aprono quasi sempre su William Blake che si sveglia o sugli inseguitori.Film "lento" ma allo stesso tempo coinvolgente,inquietante,commovente,surreale,a tratti divertente!Spettacolare,spettacolare!Johnny meriterebbe un oscar a film!Scandaloso che l'Academy non l'abbia ancora premiato!
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tomwaits
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lunedì 19 aprile 2010
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slow-western
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tra poesia e morte, viaggio terrestre e nell'aldilà,sogno e realtà, un capolavoro questo poetico slow- western di jarmush, contornato da un cast memorabile e dal solito grande depp.
il tutto condito da una colonna sonora di young stupenda.
cosa dire di più...
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