Il film racconta la vita della studiosa di gorilla Dian Fossey ed è basato sull'autobiografia della stessa zoologa.
Il film si distingue perché tratta di un personaggio relativamente sconosciuto, almeno al grande pubblico, che però ha vissuto una vita veramente fuori dall'ordinario e meritevole di essere raccontata, molto più che quelle di tante celebrità. La storia che risulta molto affascinante, diviene quindi uno dei punti di forza dell’opera.
La regia è dell'inglese Michael Apted che si dimostra molto abile con la macchina da presa; ottime le tecniche adoperate per il montaggio, che vengono utilizzate soprattutto per le sequenze con i gorilla africani. Apted è così bravo che non si riesce effettivamente a comprendere fino a che punto gli attori abbiano realmente recitato a contatto con questi possenti e pericolosi animali e quanto invece queste scene siano un effetto reso dalle tecniche registiche impiegate.
L'ambientazione africana è suggestiva, grazie ai bellissimi paesaggi.
La produzione non è ricca ed appare assai distante dal fasto di alcune pellicole hollywoodiane.
La storia spinge molto sulla tematica animalista che diviene centrale nella seconda parte del film; si segnalano alcune scene molto intense sul piano emotivo.
Sigourney Weaver, che interpreta la protagonista ed è costantemente in scena, sfodera una performance molto convincente che le valse la candidatura all'Oscar (nello stesso anno la Weaver ricevette anche una seconda candidatura come miglior attrice non protagonista per "Una donna in carriera" di Mike Nichols, senza però aggiudicarsi la statuetta). Dopo la Weaver l'attore che resta più in scena è l'africano John Omirah Miluwi, conosciuto solo per avere preso parte a questo film; si ricorda invece nella parte dell'amante della Fossey, l'attore australiano Bryan Brown, oltre che la già anziana Julie Harris utilizzata in un piccolo ruolo.
Nel finale non viene dato sufficiente spazio alla descrizione dell'ossessione di cui era caduta vittima la Fossey, condotta sull'orlo della pazzia: evidentemente si è voluto evitare di macchiare il ritratto della coraggiosa studiosa, compiendo una scelta che personalmente ritengo condivisibile, anche in considerazione del valore scientifico ed animalistico della battaglia a cui la Fossey dedicò l'esistenza.
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