Titolo originale | Portrait of Jennie |
Anno | 1949 |
Genere | Fantastico |
Produzione | USA |
Durata | 86 minuti |
Regia di | William Dieterle |
Attori | Joseph Cotten, Jennifer Jones, David Wayne, Ethel Barrymore, Lillian Gish Henry Hull, Cecil Kellaway. |
Tag | Da vedere 1949 |
MYmonetro | 3,13 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 7 novembre 2023
Il giovane pittore Eben Adams, in una brumosa sera d'inverno, incontra in un parco una fanciulla dalla quale si sente inspiegabilmente attratto. Il film ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Venezia,
CONSIGLIATO SÌ
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New York. Eben Adams è un pittore che non riesce a vendere i suoi quadri fino a quando due mercanti d'arte acquistano una sua opera rilevando però che manca di amore. Questo fondamentale elemento entrerà a far parte della sua espressione artistica quando incontrerà Jennie che porta con sé molti elementi di mistero.
David O. Selznick produce un film in cui Wiliam Dieterle affronta il genere che potremmo definire fantasy romantico.
"Chi può dire se morire non sia vivere e ciò che chiamiamo vita sia morte?" Con questo quesito di Euripide si apre un film in cui si sommano diversi elementi di scelta tecnico linguistica che contribuiscono a collocarlo nell'ambito di quelle opere che furono un fiasco all'uscita ma meritano ancora attenzione. Alla direzione della fotografia ci sono Joseph K. August (deceduto prima dell'uscita del film) e Lee Garmes che non è accreditato. Sembra inoltre che ci sia l'influsso di un altro direttore della fotografia (con cui Garmes aveva lavorato) e cioè Stanley Cortez che nel 1942 aveva contribuito con Orson Welles alla riuscita de L'orgoglio degli Amberson. Si osservi ad esempio come venga suggerita la stretta connessione tra Eben e la sua attività di pittore filtrando alcune immagini come se fossero state impresse sulla tela di un quadro. Oppure come le entrate in scena di Jennie la vedano spesso immersa in un alone che dalla concretezza la trasferisce in una dimensione altra. Veniamo così condotti per mano nella relazione che viene ad instaurarsi tra un essere vivente ed un altro che lo è stato ma non lo è più e, nonostante questo, assume il ruolo di musa ispiratrice oltre che di oggetto di amore e desiderio.
Joseph Cotten ha le giuste espressioni, anche se forse non la giusta età, per il ruolo di un pittore che sta ancora sviluppando la propria creatività mentre Jennifer Jones passa abbastanza credibilmente (per l'epoca) dall'adolescenza alla maggiore età grazie ad una sorta di bellezza eterea che la caratterizza. L'idea poi di virare in colore le ultime scene consente non solo di aumentare la drammaticità dell'azione ma anche di condurre a un finale che finiva con l'avere bisogno del colore. La stessa New York viene fotografata e, al contempo, trasfigurata quasi entrasse a far parte di quella sospensione del tempo lineare di cui la narrazione si avvantaggia per poter continuare a lasciare il protagonista (e possibilmente lo spettatore) nell'ambiguità fino alla fine su quanto ci sia di vero e quanto di frutto della mente del protagonista. Come elemento di curiosità va aggiunto che all'epoca non era quasi mai accaduto che in un film di un'altra produzione potessero apparire immagini della Disney. Qui invece in una scena vediamo sullo sfondo immagini di "The Whoopee Party" con Topolino del 1932.
IL RITRATTO DI JENNIE disponibile in DVD o BluRay |
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Un candido Joseph Cotten alle prese con una storia d’amore e di fantasmi, dove l’elemento ghost sembra un sogno che vive nell’immaginazione del protagonista. Tanti i momenti di poesia: le nuvole che compongono il cielo di una vecchia New York in bianco-nero, quale sfondo bohemien di un artista in cerca di fortuna; le musiche che rievocano antiche rimembranze, come il coro del convento e la canzone [...] Vai alla recensione »
Pittore spiantato conduce una vita grigia e malinconica, non ostante l'incoraggiamento e l'aiuto tanto dell'anziana direttrice di una galleria d'arte quanto di un suo spigliato e gioviale amico di lunga data. L'incontro con la giovanissima Jennie, figlia di una coppia di trapezisti tragicamente deceduti, inizia a poco a poco a convincerlo della presenza di un sottile e indecifrabile [...] Vai alla recensione »
Pellicola di grande fascino,magia e,volendo,di riflessione sul tempo e la sua relatività. Dieterle firma un sogno d'amore lasciando la sua personalissima impronta,dalle immagini come tele di un dipinto alle nubi e le brume vere co-protagoniste. Sul finale si sbizzarrisce anche in un acido colore che davvero contrasta con il soave b/n dominante.
New York. Eben Adams è un pittore che non riesce a vendere i suoi quadri fino a quando due mercanti d’arte acquistano una sua opera rilevando però che manca di amore. Questo fondamentale elemento entrerà a far parte della sua espressione artistica quando incontrerà Jennie che porta con sé molti elementi di mistero. William Dieterle affronta il genere che potremmo definire fantasy romantico.
“Chi può dire se morire non sia vivere e ciò che chiamiamo vita sia morte?” Con questo quesito di Euripide si apre un film in cui si sommano diversi elementi di scelta tecnico linguistica che contribuiscono a collocarlo nell’ambito di quelle opere che furono un fiasco all’uscita ma meritano ancora attenzione.
Veniamo così condotti per mano nella relazione che viene ad instaurarsi tra un essere vivente ed un altro che lo è stato ma non lo è più e, nonostante questo, assume il ruolo di musa ispiratrice oltre che di oggetto di amore e desiderio. L’idea poi virare in colore le ultime scene consente non solo di aumentare la drammaticità dell’azione ma anche di condurre a un finale che finiva con l’avere bisogno del colore.