Georges Sadoul
Verso il 1830, una giovane donna (Lil Dagover), per ritrovare l'uomo che ama (Walter Janssen), va a supplicare la morte (Bernard Gotzke) che evoca tre tragici destini, a Bagdad nel IX secolo, a Venezia nel XVIII e in una magica Cina. Ella allora si uccide per riunirsi nella morte all'amato.
Le tre evocazioni - in uno stile più simile a quello del musichall o di Lubitsch che non alla maniera propria di Fritz Lang -, costituiscono le parti più discutibili del film. Il Carnevale di Venezia ha un puro interesse decorativo, ma (secondo il giudizio di Francis Courtade) l'episodio di Bagdad contiene alla fine "un'idea che colpisce veramente: nel giardino, in cui è sepolto l'infedele ch'ella ama, Zobeide, figlia del califfo, bacia la testa dell'uomo che, sola, emerge dalla terra" e, nell'episodio cinese, si nota "la trasformazione del mago in cactus e l'esercito dei nani che marciano tra piedi giganteschi". [...]
di Georges Sadoul, articolo completo (2571 caratteri spazi inclusi) su 1968