Lupin III - Il castello di Cagliostro

Arriva Lupin III, con una principessa-Heidi

Quando Il castello di Cagliostro è stato visto per la prima volta in Italia (primi anni Ottanta, su Italia 1), gli spettatori hanno pensato si trattasse solo di un bellissimo film su Lupin III.
Ora sappiamo invece che è soprattutto un grande lavoro di Hayao Miyazaki. Ma c'è voluto l'Orso d'oro a Berlino nel 2002 e l'Oscar l'anno successivo (per la Città Incantata). nonché il Leone d'oro alla carriera al Festival di Venezia di due anni fa, insomma è stata necessaria la consacrazione di Miyazaki come maestro dell'animazione perché il film, realizzato nel 1979, uscisse finalmente sui nostri grandi schermi. Il castello di Cagliostro è il secondo lungometraggio dedicato al celebre personaggio dell'animazione giapponese, che nasce dai manga (umoristici e anche un po' osé) di Monkey Punch. Il nipote di Arsenio Lupin mostra in questo film le caratteristiche che lo hanno reso famoso, soprattutto la sua divertita leggerezza nell'affrontare l'avventura. Il film, scritto dallo stesso Miyazaki e da Haruya Yamazaki, racconta di come Lupin III scopra da dove vengono le monete false che stanno mettendo in ginocchio l'economia mondiale. Si tratta del piccolo paese di Cagliostro, sulle Alpi, governato dall'omonimo Conte. Lupin va lì con i fedeli compagni d'avventura Jigen e Goemon per rintracciare un leggendario tesoro e liberare la principessa Clarissa, che il Conte tiene prigioniera. Ma alla fine capiremo che del tesoro non gli importava granché, anche se Lupin comunque rinuncerà all'amore. Già in questo breve riassunto si rintraccia tutto il mondo tipico del regista, fatto di principesse, castelli, aerei, macchine (l'auto di Lupin è una Fiat 500 giallo pulcino), sotterranei, mare. E quando Clarissa, liberata, ci farà conoscere il suo papà adottivo e il suo cane, scopriremo che lei altri non è se non una reincarnazione di Heidi, protagonista della serie tv cui tanto Miyazaki ha lavorato, agli inizi degli anni 70, insieme al regista e suo maestro Isao Takahata.
Da Il Venerdì di Repubblica, 6 luglio 2007

di Luca Raffaelli, 6 luglio 2007