Un povero ricco |
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Un film di Pasquale Festa Campanile.
Con Renato Pozzetto, Ornella Muti, Piero Mazzarella, Corrado Olmi, Ugo Gregoretti.
continua»
Commedia,
durata 92 min.
- Italia 1983.
MYMONETRO
Un povero ricco
valutazione media:
3,61
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Sorprendentemente noioso.di parpignolFeedback: 2027 | altri commenti e recensioni di parpignol |
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domenica 1 novembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Questa commediola di inizio anni '80 poggia la sua fragilissima struttura soltanto su Renato Pozzetto, che, per quanto cerchi di fare del suo meglio, da solo non basta a salvare il risultato mediocre della sceneggiatura. La trama è di una banalità unica: un uomo ricco prova a fare una vita da povero per capire come si vive senza denaro, nel caso in cui la sua azienda fallisse. Va da sé che, oltre ad esserci una moltitudine di forzature nel corso della storia, anche il finale sarà scontato (non lo sarebbe stato se fosse stato un ricco divenuto povero e poi tornato ricco, come sarà in "Ricky e Barabba")! E' scontato che lasciando la moglie a casa, questa si troverà l'amante nel suo vice (come nella più classica pochade erotica del periodo), è ovvio che Pozzetto si farà volontariamente licenziare dal nuovo lavoro in quanto altrimenti non perderebbe mai il suo impiego e anzi andrebbe vicino alla promozione, è palese che - pure ignaro del fatto che la moglie a casa lo tradisca - lui si innamorerà di una ragazza povera qualsiasi che, al termine della vicenda, farà immancabilmente diventare ricchissima. Una storia colabrodo che fa acqua da tutte le parti, e che potrebbe durare mezz'ora in tutto, se non fosse che per allungare il minestrone sciapo sono state inserite innumerevoli scene completamente inutili ai fini della trama, oppure lunghi e noiosissimi monologhi fuori campo del protagonista, nel vano tentativo di condividere i sentimenti da clochard. Tra le scene inutili merita una menzione sicuramente quella, ancorché breve, in cui il neo assunto fattorino Pozzetto mentre fa le pulizie negli uffici viene attratto da una donna seduta ad una scrivania che fa volutamente cadere un timbro perché Pozzetto glielo raccolga, e quando questo si china, lei apre le gambe mostrandogli la biancheria intima e costringendo Pozzetto alla tipica esclamazione "eh la madòna!". Seguito o significato di questa scena? Nessuno! E' solo un modo, come tanti altri a dire il vero in questo film, per inserire un po' di becero erotismo tipico di quegli anni di bassissimo cinema. Tra l'altro anche i nudi parziali della moglie del riccone si sprecano, quindi non c'è da meravigliarsi... In definitiva, questo film poteva e doveva essere migliore: con un imprenditore che si mimetizza tra i dipendenti, poteva uscire una forte critica sociale (che è appena appena accennata) sulle condizioni dei lavoratori semplici, poteva essere un'occhio sul sindacalismo, uno sguardo sulla vita dei pendolari, una sottolineatura del divario vero che c'è tra ricchi e poveri in una Milano grigia e cupa. Nulla di tutto questo: allo spettatore tocca sorbirsi gli insensati stratagemmi con cui il riccone cerca di sopravvivere da clochard, ben sapendo (lui, come anche gli spettatori), che gli basterebbe tornare a casa alla vita del magnate perché tutto torni come prima, e infatti alla fine così fa, tra la noia generale di chi ha sprecato tempo e attenzione per questa commediola da dimenticare.
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