Paese selvaggio [2] |
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Un film di David Greene.
Con Kim Basinger, Michael Parks, Jan-Michael Vincent
Titolo originale Hard Country.
Commedia,
durata 92 min.
- USA 1981.
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IO NON LASCERO' MAI IL TEXAS!
di DOMENICO RIZZIFeedback: 7134 | altri commenti e recensioni di DOMENICO RIZZI |
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sabato 27 dicembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un contemporary western d’eccezione, che vide gli esordi cinematografici di Kim Basinger e l’affermazione di Jean Michael Vincent come due fra i più promettenti attori dell’epoca. Ambientato in un Texas che stenta a scrollarsi di dosso la tradizione del vecchio West, è un’amara constatazione di come invece i tempi stiano cambiando rapidamente. Lui (Kyle, interpretato da Vincent) lavora in una fabbrica che produce reti metalliche per recinzioni, lei (Jodie, la Basinger) aspira a diventare hostess in una grande compagnia che la vorrebbe in California. Il paese in cui si svolge la vicenda riproduce la classica realtà della provincia periferica, dove il sabato sera uomini e donne si ritrovano in un locale ad ascoltare musica country, bere fiumi di birra e lasciarsi andare a qualche scazzottata. Qualcosa che ricorda da vicino la cittadina di Anarene – pure texana - de “L’ultimo spettacolo” di Bogdanovich, dove il tempo scorre lento e senza prospettive, fra pettegolezzi e futili chiacchiere, speranze frustrate e il desiderio di molta gente di trasferirsi in un luogo diverso. I contrasti fra Kyle e Jodie si acuiscono ogni giorno di più, fino a raggiungere la rottura, quando la ragazza stacca un biglietto d’aereo per un viaggio senza ritorno verso la costa del Pacifico. Soltanto allora Kyle sembra rendersi conto di quanto lei sia importante e mette da parte il suo attaccamento alla terra dove ha vissuto per seguirla, raggiungendola all’aeroporto al termine di uno spettacolare inseguimento con il suo pickup. “Hard Country”, diretto dall’inglese David Greene nel 1981, è una piccola perla che va ad aggiungersi al ristretto numero di produzioni dedicate all’inesorabile declino della Frontiera americana - “Hud il selvaggio”, “Il gigante”, “L’ultimo buscadero” - travolta e trasformata dal progresso. La civilizzazione porta inesorabilmente con sé il tramonto di un sogno, quello dei nonni e dei padri che hanno colonizzato la terra selvaggia, sperando che i figli sarebbero stati i continuatori della loro opera. L’ostinazione di Kyle Richardson – “Lasciare il Texas per andare in California? Ma se là sono tutti idioti!...Io non lascerò mai il Texas!” – si infrange contro la volontà della ragazza di lasciare per sempre quella città i cui abitanti, “quando decidono di andarsene, vanno al cimitero e ci restano per sempre” perchè “non cambieranno mai” Il tema dell’abbandono del luogo natìo allude anche al desiderio di emancipazione della donna, che mira a crearsi una posizione nella società anziché continuare a vivere in un luogo nel quale è considerata soltanto “un oggetto di piacere”e dove le ragazze “vengono mandate ancora all’oratorio a 15 anni”. La fuga di Jodie determina dunque la sconfitta di un mondo tanto suggestivo quanto ormai anacronistico. L’immaginario seguito della vicenda, dopo l’addio della coppia riconciliatasi con la resa del maschio, è facilmente intuibile: questo paese della pianura, che sopravvive di usanze, modi di pensare e musica del passato, finirà per diventare una ghost-town come tante altre.
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