Avendo letto la recensione del Brandani, mi è venuta voglia di analizzarla un po'...
Innanzitutto critica fortemente il fatto che il prologo iniziale introduca la vicenda "spiegando tutto", comprendendo un elemento che suggerisce il lieto fine... ma nello stesso tempo il Brandani dichiara apertamente che considera "La bella e la bestia" un capolavoro, in cui il prologo introduce gli elementi chiave per capire quello che succederà e si conclude con un'allusione al lieto fine (insomma, sentendo "Chi avrebbe mai amato una bestia?" e leggendo poi il titolo "La bella e la bestia" qualunque persona dotata di un minimo di cervello capirebbe che alla fine una donna si innamorerà della bestia). Senza poi considerare il fatto che il lieto fine è d'obbligo nella produzione disneyana, quindi c'è da augurarsi che non abbia il coraggio di dire che una minuscola allusione al lieto fine gli abbia fatto tanto scalpore o che gli abbia rovinato il film o qualsivoglia cosa del genere.
Consideriamo ora la sceneggiatura: di certo non si può negare che la trama sia lineare e che a momenti sia possibile indovinare che cosa sta per accadere, ma non si può dire che lo sviluppo della trama sia scontato, si possono fare numerosi esempi di eventi che accadono nonostante elementi precedenti avessero suggerito ben altro: per farne uno solo, chi avrebbe previsto, perlomeno con sicurezza, che Gothel sarebbe riuscita così abilmente a mettere in scena la menzogna del mondo egoista e crudele davanti agli occhi di Rapunzel per poi rimettersi a recitare per l'ennesima volta la parte della madre comprensiva e premurosa?
E come sarebbe poi a dire che i personaggi principali sono caratterizzati in modo canonico e che i personaggi secondari non funzionano? E soprattutto, dovremmo forse paragonare Rapunzel a Biancaneve? Ma insomma, Biancaneve e il suo principe erano delle figure ieratiche, ideate come la personificazione del Bene assoluto e dell'amore idealizzato; Rapunzel e Flynn invece sono due persone "reali", con i loro difetti e le loro insicurezze, che alla fine trionfano sulle avversità dopo un processo di maturazione che nella prima fase della produzione disneyana era completamente assente. Per quanto riguarda i personaggi secondari non parlanti, essi sono in grado di comunicare sentimenti autentici grazie al mirabile lavoro degli animatori sull'espressività; in parole povere, non sono "macchiette" ma nemmeno rubano la scena ai protagonisti (cosa, quest'ultima, che accadeva spesso in precedenza nei classici Disney).
Ora prendiamo in considerazione la colonna sonora: sebbene sia vero che Alan Menken non è più ispirato come ai tempi di La sirenetta, La bella e la bestia e Aladdin, è altrettanto vero che la colonna sonora di Rapunzel ha ricevuto la nomination come miglior colonna sonora ai Grammy Awards, molto più attendibili degli Oscar (anche perché meno soggetti a mazzette rispetto all'Academy) e molto più attenti nel valutare la qualità della musica dal momento che valutano solo quella. E la nomination per la colonna sonora ai Grammy gli mancava dai tempi di Aladdin, dunque Alan Menken non è affatto in crisi creativa, basti pensare che la canzone "I see the light" (quella che il Brandani definisce con disprezzo "canzoncina melensa") ha conseguito la vittoria ai Grammy come miglior canzone, e non solo... Quindi casomai è la traduzione italiana che non funziona del tutto (come accade spesso, del resto).
D'altra parte, non c'è alcuno scimmiottamento nei confronti dei classici precedenti; ci sono delle somiglianze, su questo non c'è dubbio, ma accanto alle somiglianze ci sono delle sostanziali differenze. Per esempio, il rapporto Gothel-Rapunzel assomiglia al rapporto Frollo-Quasimodo nel ricatto sentimentale e nella menzogna che "il mondo là fuori è un mondo egoista e crudele", ma c'è una sostanziale differenza: Quasimodo è servile nei confronti di Frollo e sa bene che egli non è un vero genitore; Rapunzel, al contrario, è convinta per gran parte del film che Gothel sia davvero sua madre e, fintanto che non scopre la verità, nutre amore sincero nei confronti della "madre".
Infine, ma non meno importante... non si tratta di un film che vuole "parlare modernamente di principesse, cavalieri e magia senza riuscirci" (così si espresse il Brandani), bensì un film con l'intento (dichiarato da John Lasseter e dai sorprendenti registi Greno e Howard) di "intrecciare" tradizione e innovazione; pertanto, se Gabriele Niola parla di "approccio moderno agli archetipi narrativi", come dargli torto? Specie se si considera che il film ha riscontrato un successo enorme...
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