Sono alla terza pellicola di Ford , dopo " L'uomo che uccise liberty Valance " e " Sentieri Selvaggi " , entrambe mi erano parse emotivamente interessanti, pensavo quindi di andare sul sicuro anche con " Ombre Rosse ", ma , devo ammettere di essere rimasto in parte deluso dalla forma del film, non dal contenuto.
Questo è paradossale se si pensa che quel che c'è da vedere obbiettivamente nel film è poca cosa, mentre si nota immediatamente l'eleganza e la finezza con cui è girato.
Mi sono subito chiesto , se un film uguale a questo venisse fatto oggi come verrebbe giudicato. Dubito si parlerebbe di "capolavoro".
Questa è ovviamente una sciocchezza , dato che stiamo parlando di un film del '39, viceversa però resto sempre contrariato dalla critica contemporanea, la quale davanti a un film attuale di valore non spreca mai abbastanza giudizi lodevoli quanto sia invece disinvolta nel distribuire "10" a un vecchio film .
La pellicola è fredda , distaccata, sorprendentemente poi, siamo di fronte a un John Wayne mai così buono e comprensivo, questo tuttavia ci dimostra che le sue doti di attore erano più versatili di quanto si pensasse, abituati come si era a vederlo con lo stesso 'carattere', o meglio, a rappresentare sempre la stessa iconografia.
Il film è per sua buona parte noioso, si aspetta per molto tempo la giocata di classe che induca lo spettare a dire : " Ah , ecco perchè è un capolavoro! ", o che si approfondisca qualcosa sul piano psicologico, mentre il film, intanto, scivola via .
Ma ecco che, dopo la fine del film , dopo aver lasciato tutti i ' 90 minuti in un decanter ,sì ecco che il film viene metabolizzato nella seguente metafora:
La diligenza è in fondo una macchina del tempo e le persone a bordo ( che rappresentano i vari tipi umani ) lo attraversano singolarmente inseguiti dagli indiani che rappresentano il passato mentre davanti a loro li aspetta la città con i suoi "pregiudizi" ma anche con le sue sicurezze , vedi la cavalleria che interviene a salvare i passeggeri. _ Tutto è in mezzo fra civiltà e stato selvaggio_
I passegeri ,dicevo,sono tutti differenti fra loro, ma accumunati dallo stesso destino: il traguardo della città !
Attenzione, però, chi viene dal futuro può andare nel passato , ma non viceversa, chi viene dal passato non può ambire ad alcun futuro ( gli indiani che vengono scacciati dalla cavalleria) _ In fondo noi stessi siamo questa metafora con il nostro corpo fisico, veniamo dal passato e il futuro ci viene impedito dalla morte_ Certo, anche fare un passo avanti è andare al futuro, allora il problema è:
Quanto futuro ognuno di noi si può permettere?
Viene da rispodere ( e questa risposta piacerebbe a Ford ) : Più di quanto ne possiamo sopportare.
Questo credo ambisse a dirci Ford, altrimenti nella sua narrazione semplice , la sceneggiatura sarebbe davvero semplice, troppo semplice e troppo banale per far cadere tutti i critici di mezzo secolo nella trappola del "10".
Credo questo perchè i tipi umani non sono approfonditi, nè tantomeno gli indiani, tutti sono in fondo sagome che offrono il loro status in quanto simboli.
Quel che circonda i protagonisti e gli antagonisti è l'immensa Natura perennemente continuante con la sua polvere e suoi inossidabili macro-scogli .
Gli indiani cadono in corsa , colpiti sì dalle pallottole dei fucili, ma soprattutto dal divenire inesorabile del mondo ( degrado?)
E così i portatori di ombre ,cadendo, restano a terra, accorciando, fino a cancellare il loro piede rosso allungato sulla civiltà, quasi avessero potuto schiacciarla come un gorilla gigante appeso a un grattacielo farebbe di un aeroplano, ma fu il gorilla a morire.
Furono gli indiani a estinguersi.
Non le diversità si distruggono fra loro, ma i simili.
" Ombre Rosse " ?
Sono le ombre che si allungano dal cuore se una luce le porge all'aperto
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