Berlinguer - La grande ambizione

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Un film di Andrea Segre. Con Elio Germano, Stefano Abbati, Francesco Acquaroli, Fabio Bussotti.
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Biografico, Ratings: Kids+13, durata 122 min. - Italia 2024. - Lucky Red uscita giovedì 31 ottobre 2024. MYMONETRO Berlinguer - La grande ambizione * * * 1/2 - valutazione media: 3,60 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Perché gli si voleva bene Valutazione 4 stelle su cinque

di vince mas


Feedback: 1042 | altri commenti e recensioni di vince mas
lunedì 4 novembre 2024

La pellicola offre l'ennesimo punto di vista cinematografico su uno snodo cruciale della prima Repubblica: gli anni Settanta. Stavolta la prospettiva su quegli anni è quella di Enrico Berlinguer, leader del partito comunista italiano. Un uomo con una visione chiara: portare il paese verso il socialismo senza uscire dalla democrazia e senza correre il rischio di cadere vittima dell’imboscata dei poteri reazionari, come era avvenuto al Cile di Salvador Allende. Operazione molto complicata in un’Italia devastata dalla crisi economica e spaventata dal terrorismo rosso e nero.
Elio Germano, al solito fenomenale, assume la giusta postura, fisica e morale, per impersonare un politico di cui i giovani di oggi, ma anche i meno giovani, sanno davvero poco. Il regista Andrea Segre non concede niente allo stile agiografico: i documenti storici, ovvero i filmati di repertorio, si alternano al “girato”, che restituisce la figura di un uomo dall'elevata statura morale, tanto serio e rigoroso nell'esercizio della sua funzione politica quanto caloroso e aperto nelle sue relazioni familiari e con i compagni, quelli di sempre e quelli incontrati per la prima volta.
Il protagonista del film non è solo Berlinguer ma una giovane nazione repubblicana che in quegli anni provava a diventare adulta, nonostante la “strategia della tensione” facesse di tutto per farla cedere alla paura irrazionale. Una nazione che, pur con mille battute di arresto, cresceva a livello civile, respingendo con quasi venti milioni di “no” il tentativo di abolire la legge sul divorzio con il referendum. E dentro quei milioni di persone c’erano tanto i comunisti quanto le masse di cattolici, che per una volta ragionarono autonomamente rispetto alle “indicazioni” dei democristiani, Fanfani in primis.
La visione di Berlinguer era quindi da una parte propositiva, unire le masse popolari di matrice comunista e non per offrire una nuova prospettiva al governo del paese, dall’altra oppositiva, far fronte comune con tutte le forze sane per scongiurare la deriva reazionaria ed eversiva. La strada della responsabilità, che schiacciava e incurvava le spalle del sassarese, perfettamente resa dal mimetismo di Germano. Una strada impervia e aspra che suggerì al leader del partito comunista, che al punto di massima popolarità raggiunse un terzo dei voti degli italiani, piuttosto che la facile e redditizia “opposizione” al sistema, l’approccio responsabile, sicuramente controproducente in termini di consenso, che portò a mettere in piedi il compromesso storico.
Segre non indulge minimamente nel culto della personalità del leader, ma restituisce la sua chiara visione programmatica, avulsa dall’ideologia dogmatica del socialismo reale. Il film riesce anche a rendere protagonista un’Italia in cui la componente sociale era ancora preponderante rispetto all’individualismo e al familismo dei nostri tempi: le manifestazioni con le folle oceaniche, i comizi di quartiere, le feste dell’Unità, i confronti nelle fabbriche, lo stesso discorrere di politica in famiglia esprimevano la voglia di cambiare e migliorare la società di intere generazioni, giovani e meno giovani. Erano in molti a credere nella “grande ambizione” di poter imprimere un nuovo corso alla Storia, da cui sarebbe derivato un cambiamento positivo anche nella storia personale e in quella dei propri cari e dei propri amici. Ma prima bisognava guardare oltre il proprio ombelico, operazione che Berlinguer imponeva prima di tutto a sé stesso, ai propri sodali di partito e alla propria famiglia, arrivando a invitare i suoi giovani figli, seppur in via ipotetica, a considerare sacrificabile la vita del padre in nome di un ideale più grande.
Il film emoziona perché riesce a comunicare la semplice vicinanza di quel leader alla gente, una vicinanza non ancora inquinata dalle tecniche di comunicazione mediatica e dal marketing elettorale che imperano ai giorni nostri, ma strettamente legata allo spessore umano, culturale e civile di una persona capace di mettere da parte qualsiasi personalismo pur di mettersi al servizio di un progetto ambizioso quanto semplice: il bene di tutti, ma soprattutto dei lavoratori e degli ultimi.
 

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