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Questo film di Verbinski non merita il massacro a cui è stato destinato da una critica feroce, la stessa che in qualche modo ha decretato il fallimento artistico di un film molto simile, U Turn di Stone.
In realtà si tratta in entrambi i casi di road movie un po’ schizofrenici in cui le situazioni che coinvolgono il protagonista (qui peraltro sono due, Pitt e la Roberts) sono sempre un po’ al limite dell’assurdo, senz’altro grottesche e decisamente inverosimili, ma nell’ottica di offrire allo spettatore un paio d’ore di disimpegno con sprazzi di divertimento abbastanza genuini.
Ed anche se non siamo ad un livello dei lavori dei Coen, che pure film con sceneggiature volutamente sgangherate ne hanno fatti, trovo assurdo gridare al capolavoro per film come Arizona Junior o Burning After Reading (che mi hanno divertito e personalmente adoro) e bocciare senza attenuanti The Mexican trovandovi solo difetti. Quando invece si tratta di un’opera onesta, con qualche difetto (eccessi caricaturali nella recitazione di Brad Pitt e di J.K. Simmons e qualche momento un po’ “loffio” nel procedere della storia) ma anche con un’eccellente fotografia del deserto,un'ottima prova di Gandolfini in una parte molto originale (almeno questa è stata riconosciuta) e buoni dialoghi della parte sentimentale del plot che fa da contrappunto allo sviluppo di un noir a cui comunque non si può non conferire una patente di originalità. Che piaccia o meno.
Dove il film pecca invece è nella colonna sonora, non perché non sia adeguata, ma per il fatto che il buon Alan Silvestri sembra essersi un po’ troppo ispirato al Morricone di U Turn.
Ed è forse è questo eccesso di similitudini che rappresenta il problema principale del film, che perciò merita mezza stella in meno rispetto al predecessore.
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