gus da mosca
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domenica 15 giugno 2008
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rosso sangue.
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Un film rosso sangue: quasi ogni inquadratura di Signal e colorata di sangue. Una produzione indipendente e sperimentale con provocanti scelte stilistiche, che raccolgono e sintetizzano la piu' recente evoluzione del linguaggio visivo e sonoro. Una sinusoide per sole immagini di violenza, che passa per un punto di equilibrio, dove il film sembra sconfinare in una dimensione surreale, instabile, subito riportata di nuovo verso il punto di partenza. Una donna in trappola tra 2 uomini, intrappolati dalla stessa donna e intorno a loro l'apocalisse, senza piu' patti di convivenza civile. A 40 anni esatti dalla "Night of the living dead-1968" di Romero (dopo 40 anni di zombies nel cinema), 3 registi firmano un trittico che riscrive (finalmente e completamente) una pagina di cinema definitivamente chiusa dall'ultimo delirante e disperato diario-testamento di Romero (Diary of the living dead-2007).
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Un film rosso sangue: quasi ogni inquadratura di Signal e colorata di sangue. Una produzione indipendente e sperimentale con provocanti scelte stilistiche, che raccolgono e sintetizzano la piu' recente evoluzione del linguaggio visivo e sonoro. Una sinusoide per sole immagini di violenza, che passa per un punto di equilibrio, dove il film sembra sconfinare in una dimensione surreale, instabile, subito riportata di nuovo verso il punto di partenza. Una donna in trappola tra 2 uomini, intrappolati dalla stessa donna e intorno a loro l'apocalisse, senza piu' patti di convivenza civile. A 40 anni esatti dalla "Night of the living dead-1968" di Romero (dopo 40 anni di zombies nel cinema), 3 registi firmano un trittico che riscrive (finalmente e completamente) una pagina di cinema definitivamente chiusa dall'ultimo delirante e disperato diario-testamento di Romero (Diary of the living dead-2007). 40 anni dopo, i morti non escono piu' dalle tombe aggredendo la societa' civile: sono i vivi che si annientano nel rapporto tra singoli, nel rapporto di coppia, che non e' piu' radice della convivenza civile. Nessuna morale (come per Romero), solo fredda, impotente constatazione, esasperata dallo scenario apocalittico (come in Romero). Recitazione intensa, raccontata con immagini molto tecniche, che amplificano l'azione violenta, senza aggiungere alcun compiacimento sadico. 5 stelle per tecnica d'immagine, recitazione, idea di script, stile, commento sonoro. Sicuramente un nuovo cult per gli appassionati di cinema estremo. (Vivamente sconsigliato ai cultori dell'horror-trash, tratti in inganno dalla trama e dalla classificazione del film)
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(di fluturnenia)
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(di gus da mosca)
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dario carta
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giovedì 28 maggio 2009
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segnali d'inquietudine umana
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Nei tre spezzoni che compongono la struttura portante del film si assiste alle vicende composite di un gruppo di persone che si agita in preda allo spasmodico manifestarsi di episodi di rabbia e pazzia.
Nella prima delle tre frazioni del film,diretta da David Bruckner,un'animosa inquietudine fa da comune denominatore agli eventi narrati ed i preamboli esplodono nella violenza che sorreggerà l'intero corso della pellicola.
Lunghi silenzi,pause nei dialoghi,inquadrature prolungate,intervallano scene di violenta realtà omicida liberata da un segnale elettronico che si interfaccia con la follia umana.
L'antitesi fra la forma espositiva della prima parte del film,che riporta ad una classificazione retrò del cine-distruzione e lo stereotipo di una tecnologia nefasta e dilagante,fa la forza d'impatto di questa prima parte,ove follìa,amore,morte e aggressione si mescolano nell'umano preda di un'incontrollabile destino.
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Nei tre spezzoni che compongono la struttura portante del film si assiste alle vicende composite di un gruppo di persone che si agita in preda allo spasmodico manifestarsi di episodi di rabbia e pazzia.
Nella prima delle tre frazioni del film,diretta da David Bruckner,un'animosa inquietudine fa da comune denominatore agli eventi narrati ed i preamboli esplodono nella violenza che sorreggerà l'intero corso della pellicola.
Lunghi silenzi,pause nei dialoghi,inquadrature prolungate,intervallano scene di violenta realtà omicida liberata da un segnale elettronico che si interfaccia con la follia umana.
L'antitesi fra la forma espositiva della prima parte del film,che riporta ad una classificazione retrò del cine-distruzione e lo stereotipo di una tecnologia nefasta e dilagante,fa la forza d'impatto di questa prima parte,ove follìa,amore,morte e aggressione si mescolano nell'umano preda di un'incontrollabile destino.
Il passaggio al secondo segmento della pellicola,vede il regista Jacob Gentry rovesciare i presupposti del primo capitolo ed ambientare il racconto,anzichè sotto il cielo aperto di una città preda al furore,all'interno di una villetta dei sobborghi e
la narrazione sarà interamente raccolta fra le mura dell'appartamento e non mostrerà mai un minimo indizio di una realtà esterna alla porta di casa.
Ironia,gore,strampalate situazioni colloquiali,si impattano in un mood narrativo che sfiora il sarcasmo al vetriolo di Tarantino ed il racconto dei fatti procede in una grottesca serie di eventi scanditi da bizzarre fantasie.
Situazioni divertenti in vesti quasi teatrali,tessute in una parodia alla Monty Python,susseguirsi di personaggi e fatti,alternarsi di eventi e relativi protagonisti,raccolti dall'episodio precedente,fra i quali l'uomo alla ricerca ossessiva della moglie e vortici di flashback,collimano perfettamente a dare un collage di immagini disorientanti ma di rara efficacia traboccanti di sardonica ironìa.
Dan Bush ha il compito di interpolare i fatti narrati nei due primi episodi e portarli a compimento nel terzo capitolo del film,cercando di mantenersi coerente agli schemi tracciati nei due capitoli precedenti e portare un senso compiuto ad una pellicola non facile da classificare in canoni standard.
Ogni aspetto vagliato nelle pagine introduttive,l'ironia sociale,la splatter-comedy,l'incoerenza visiva di un horror multidirezionale,si soluzionano nell'episodio conclusivo in un'opaca follìa esasperata,nel deterioramento dei rapporti umani,nel disconoscimento dei legami con la ragione,sciolti dal segnale inviato da un evento esterno alla mente dell'uomo,dal quale questo si deve guardare e difendere,pena la sua stessa esistenza.
Il catarsi ipnotico indotto dalle immagini sullo schermo che affronta i protagonisti,sono il segnale che se la trasmissione informatica supera i valori della ragione,consumando le difese dell'individuo vinto e svuotato,non può esistere più nulla che si erga a sua protezione e l'effetto della forza mediatica non è più contenibile.
Ottimo esempio di un horror indipendente,capace di sfruttare canali sgombri dai luoghi comuni per impostare la propria valenza mescolando con arte la carte in gioco e vagliando ingredienti alternativi che consentono di mutare l'abituale prospettiva da cui vedere un genere cui spetta riconoscere a questo titolo un valore di inconsueta novità.Dario Carta
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thief31
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lunedì 20 giugno 2016
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copio incollo e condivido...😉😉😉😉😜😜😜😛😛😛
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Il film è divisibile in 3 parti nettamente distinte (forse pure 4), tutte a loro modo riuscite.
Il viaggio dei ragazzi fino alla casetta, che serve in maniera molto convincente a capirne i rapporti.
Tutta la parte nella base (dai, nessuno spoiler, guardate la locandina).
Tutta la parte fuori.
I 3 attori sono bravissimi, la regia sembra avere una mano a tratti ispiratissima dietro, e la sceneggiatura, pur con molti riempitivi francamente eccessivi, ha tanto da dire, tantissimo. E costruisce un finale strepitoso secondo me, se ben interpretato.
Ma il merito principale di The Signal sta nel riuscire a mettere insieme i 3 pezzi principali del Puzzle Uomo.
La Mente, il Corpo, il Cuore.
Tutto il resto di quello che siamo sono appendici di questi 3 elementi.
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Il film è divisibile in 3 parti nettamente distinte (forse pure 4), tutte a loro modo riuscite.
Il viaggio dei ragazzi fino alla casetta, che serve in maniera molto convincente a capirne i rapporti.
Tutta la parte nella base (dai, nessuno spoiler, guardate la locandina).
Tutta la parte fuori.
I 3 attori sono bravissimi, la regia sembra avere una mano a tratti ispiratissima dietro, e la sceneggiatura, pur con molti riempitivi francamente eccessivi, ha tanto da dire, tantissimo. E costruisce un finale strepitoso secondo me, se ben interpretato.
Ma il merito principale di The Signal sta nel riuscire a mettere insieme i 3 pezzi principali del Puzzle Uomo.
La Mente, il Corpo, il Cuore.
Tutto il resto di quello che siamo sono appendici di questi 3 elementi.
Nic è un genio (esaltazione della Mente) con un problema fisico gravissimo (deficit del Corpo) molto innamorato della sua ragazza (conflitti del Cuore).
E tutto il film sarà un continuo "giocare" su questi 3 elementi, sulle loro interazioni, sui loro "miglioramenti" (le protesi) e i loro peggioramenti (la testa che non riesce più a funzionare).
E anche le immagini vanno dietro questo progetto intervallando sequenze fortemente di genere (base spaziale, esperimenti, sparatorie, inseguimenti) ad altre molto più sentimentali e umane, come tutti i bellissimi flashback, montati e fotografati magnificamente, dei 3 ragazzi.
C'è anche un gioco ottimo con le luci, quelle bianche e asettiche della base che poi, attraverso il corridoio buio (contrapposizione) porteranno a quelle gialle ocra del deserto.
A volte ci troviamo davanti a scene discutibili, come il goffo tentativo di fuga nella base con letto incorporato, ma in realtà tutto questo avrà poi un perchè come del resto tutti i discorsi sul "luogo sempre uguale" o come la tranquillità che sembrano sempre avere gli scienziati nelle loro azioni (come se loro sapessero qualcosa che noi non sappiamo).
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E così è, tutti misteri saranno svelati da un finale perfetto, geniale.
"Sei un perfetto mix tra l'intelligenza umana e la tecnologia aliena, il nostro miglior risultato", dice Damon/Nomad a Nic.
Già, Nostro di chi però?
Quella frase sarà svelata nel finale, grazie al quale capiremo, con un minimo sforzo, veramente tutto, ogni singola scena, dal perchè quel luogo paresse vero e finto allo stesso tempo al perchè gli scienziati sembrassero avere sempre tutto controllo, dal perchè delle protesi allo scoprire il ruolo degli altri personaggi "umani" incontrati. E la mente non può non ritornare a quel corpo che era andato su, quello di lei, nella scena della casetta. Ce ne eravamo dimenticati ma ora torna in modo fortissimo.
E' vero, ci sono momenti davvero troppo tirati per le lunghe, inseguimenti e sparatorie che fanno perdere un pò di ritmo narrativo e spessore, come se il regista volesse arrivare in fondo a svelar tutto ma abbia avuto la fretta di farlo.
Ma la slomo in montaggio alternato tra l'incidente col camion e la giostra nel passato, le corsa nel fango, la base, la casetta iniziale (con un inquietante omaggio a Balir Witch Project) e i tunnel bui per uscire fuori sono tra le tante immagini che fanno di questo The Signal un piccolo grande film.
Il corpo ormai è loro, la mente forse lo sarà, il cuore invece no, quello non potranno mai averlo..
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carloalberto
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mercoledì 11 agosto 2021
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noioso splatter surreale
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Il soggetto non è originale, il girato tenta di esserlo.. Lodevole lo sforzo del regista o meglio dei tre registi, peraltro, dallo stile indistinguibile. Ma! L’effetto è devastante. Noia, noia, noia e ancora noia. Horror granguignolesco e splatter, fantascientifico e apocalittico, vira nel grottesco per darsi un senso e tuttavia rimane impigliato nel romanticume del melodramma della gelosia di sapore ottocentesco. Si salva il montaggio che ripropone il passato come antefatto logico cronologico da un punto di vista diverso. Si salvano gli attori e qualche battuta surreale. Troppo poco e non ripaga dalla fatica di guardarlo.
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