lucy
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mercoledì 16 aprile 2008
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un film bellissimo...
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Le luci si sono spente, e mi sono trovata proiettata quasi nella vita reale. Scene di ordinaria normalità, rese con efficacia, delicatezza e poesia. L'occhio del documentarista era anche il mio, e verità e finzione si sono fuse in un'armonia indissolubile. La generazione dei trentenni di oggi, miei coetanei, era lì di fronte a me, con la sua confusione, la sua fragilità, le sue idiosincrasie. Con la voglia di costruire frenata dalla paura del domani e dalla paura di non poter continuare a vivere egoisticamente una condizione di eterni adolescenti. La voglia di amore, come unica soluzione possibile ai mali della realtà, ma come dice il protagoonista "non puoi costringere ad amarti". E allora si riprende il cammino alla ricerca di nuove, irraggiungibili certezze, di nuovi amori, di nuovi sguardi.
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Le luci si sono spente, e mi sono trovata proiettata quasi nella vita reale. Scene di ordinaria normalità, rese con efficacia, delicatezza e poesia. L'occhio del documentarista era anche il mio, e verità e finzione si sono fuse in un'armonia indissolubile. La generazione dei trentenni di oggi, miei coetanei, era lì di fronte a me, con la sua confusione, la sua fragilità, le sue idiosincrasie. Con la voglia di costruire frenata dalla paura del domani e dalla paura di non poter continuare a vivere egoisticamente una condizione di eterni adolescenti. La voglia di amore, come unica soluzione possibile ai mali della realtà, ma come dice il protagoonista "non puoi costringere ad amarti". E allora si riprende il cammino alla ricerca di nuove, irraggiungibili certezze, di nuovi amori, di nuovi sguardi.
Grandi le protagoniste femminili, bravi gli attori che interpretano i documentaristi.
E poi sui titoli di coda, "Pazienza", una splendida canzone di Gianna Nannini. Grande emozione.
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ciccio capozzi
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sabato 19 aprile 2008
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non esiste alcun’isola in cui ritirarsi
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Lucia montatrice tv e Giovanni attore sono una coppia di giovani che devono essere oggetto di un film-live sulla vita di precari nello spettacolo. Ma Giovanni decide di lasciare Lucia, nonostante il figlio di un anno; le riprese sui due continuano…Il film è prodotto da F.Neri;la regista è anche sceneggiatrice come nel primo, interessante “In principio erano le mutande” (99). Affronta il tema del lavoro precario, che non è solo una modalità lavorativa; ma conduce ad una trasformazione anche dei ritmi di esistenza, per cui si dissolvono tutte le certezze individuali, a partire da quelle di coppia, benché con figli. E’ un problema sociale molto grave, affrontato anche da Virzì in “Tutta la vita davanti”.
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Lucia montatrice tv e Giovanni attore sono una coppia di giovani che devono essere oggetto di un film-live sulla vita di precari nello spettacolo. Ma Giovanni decide di lasciare Lucia, nonostante il figlio di un anno; le riprese sui due continuano…Il film è prodotto da F.Neri;la regista è anche sceneggiatrice come nel primo, interessante “In principio erano le mutande” (99). Affronta il tema del lavoro precario, che non è solo una modalità lavorativa; ma conduce ad una trasformazione anche dei ritmi di esistenza, per cui si dissolvono tutte le certezze individuali, a partire da quelle di coppia, benché con figli. E’ un problema sociale molto grave, affrontato anche da Virzì in “Tutta la vita davanti”. Però all’autrice interessa non tanto l’aspetto sociale, che comunque è annotato con disinvolta essenzialità rispetto ai rispettivi ambienti di lavoro. Bensì la dimensione intima: di come avvenga e quale sia la trasformazione nel vivere, quando, all’incertezza del lavoro, si somma la perdita della sicurezza affettiva. Anzi la visuale è rovesciata: la vera insicurezza nasce proprio ora, con la perdita della dimensione familiare, che si era pensato di costruire insieme, come scelta d’amore. Ciò acuisce e rende più evidente e dirompente la consapevolezza che non esiste alcun’isola in cui ritirarsi, per aspettare tempi lavorativi migliori. Tutto è “liquido”. Questo aggettivo, spesso didascalicamente citato, è la definizione di società che dà il sociologo polacco Z.Bauman: egli parla di “Modernità liquida”, il titolo di un suo saggio. Oggi non esistono più “speranze di totalità”, cioè comportamenti o spiegazioni che abbracciano “tutto”. Perciò vediamo il ragazzo confuso e incerto, con Lucia: salvo trovarsi in un altro bivio molto simile con la sua nuova compagna. Ma di nuovo, ora, c’è la speranza individuale. Tutta la narrazione è letta dallo sguardo femminile, che risulta più attento alle motivazioni e agli scatti della donna, talvolta perfino infantili, però intensamente sinceri nella disperata infelicità di chi si sente come defraudata dalla vita. La regista ha dichiarato che nel film c’è molto della sua esperienza personale. L’attrice A.Rohrwacher, finalmente in un ruolo all’altezza del suo talento, ne dà un’immagine nervosa, sempre in bilico tra lucidità e negazione di sé, ma anche vitale. Il titolo esprime il doppio collante: la ripresa dei due registi del live; ma anche il desiderio di essere ripresa, cioè riamata. Essi sono la coscienza narrante dei personaggi. Ma uno dei due “realizza” il principio di Heisenberg: l’osservatore di un esperimento complesso diventa parte in causa direttamente e muta l’assetto dell’insieme.
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valeriamonti
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venerdì 18 luglio 2008
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l'umanizzazione dei sistemi
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La società liquida, così come la definisce Baumann, ci impone nuove capacità di adattamento. Che poi tanto nuove non sono, visto che già Eraclito nel5 00 a.C. faceva del suo “panta rei” il suo messaggio predominante.
A suo modo, è questo che il film di Anna Negri, "Riprendimi" , racconta.
Due giovani cineasti hanno un progetto ambizioso: girare un documentario sul precariato nel mondo dello spettacolo. Si prestano alle riprese una coppia: lui, attore frustrato, lei una montatrice con contratto a termine. I due, genitori da poco, si trovano ad affrontare anche la loro crisi di coppia. E così a entrare in scena è il precariato emotivo e sentimentale, piuttosto che quello professionale,
Non c'è solo la messa in scena dei trentenni confusi e irresponsabili - clichè ormai forse troppo abusato - ma, e soprattutto, l'instabilità emotiva che investe ogni membro di questo corpo sociale.
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La società liquida, così come la definisce Baumann, ci impone nuove capacità di adattamento. Che poi tanto nuove non sono, visto che già Eraclito nel5 00 a.C. faceva del suo “panta rei” il suo messaggio predominante.
A suo modo, è questo che il film di Anna Negri, "Riprendimi" , racconta.
Due giovani cineasti hanno un progetto ambizioso: girare un documentario sul precariato nel mondo dello spettacolo. Si prestano alle riprese una coppia: lui, attore frustrato, lei una montatrice con contratto a termine. I due, genitori da poco, si trovano ad affrontare anche la loro crisi di coppia. E così a entrare in scena è il precariato emotivo e sentimentale, piuttosto che quello professionale,
Non c'è solo la messa in scena dei trentenni confusi e irresponsabili - clichè ormai forse troppo abusato - ma, e soprattutto, l'instabilità emotiva che investe ogni membro di questo corpo sociale.
E in questo turn over continuo tra cose acquiste e cose invece da cercare, un figlio o un mutuo vengono visti come pesi troppo gravosi che imprigionano la libera espressione.
Il film permette quindi, una riflessione in piu': quello che oggi consideriamo una novità sociologica, cioè la precarietà e la continua mobilità, in realtà appartiene all'uomo in quanto uomo, da sempre. La differenza è però che oggi anche i sistemi economici si stanno "umanizzando". E' questa la vera novità davanti alla quale l'uomo moderno si trova impreparato e disorientato.
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carlita
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venerdì 15 aprile 2011
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il precario nel lavoro è precario nella vita?
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Il matrimonio è una cosa da lavoro fisso? Sarebbe stato molto affascinante la trattazione del parellelo precariato nel lavoro / precariato nella vita. In realtà, e lo si scopre ben presto, la regista vuol trattare il tema della fine, di quando ci si dice basta, anzi, di quando uno solo dei due dice basta, e l'altro rimane vittima di questa decisione. Il copione è già stato scritto ma la narrazione a documentario è senzaltro originale.
Eccellente la recitazione di Alba Rochwacher che interpreta magistralmente il ruolo della donna in preda a crisi d'isteria con la paura della solitudine che incombe, che piange e si inginocchia davanti a quello che lei crede essere ancora il suo uomo, che ci trasmette apieno angoscia e disperazione, ansia, insonnia e fragilità, ma soprattutto rabbia.
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Il matrimonio è una cosa da lavoro fisso? Sarebbe stato molto affascinante la trattazione del parellelo precariato nel lavoro / precariato nella vita. In realtà, e lo si scopre ben presto, la regista vuol trattare il tema della fine, di quando ci si dice basta, anzi, di quando uno solo dei due dice basta, e l'altro rimane vittima di questa decisione. Il copione è già stato scritto ma la narrazione a documentario è senzaltro originale.
Eccellente la recitazione di Alba Rochwacher che interpreta magistralmente il ruolo della donna in preda a crisi d'isteria con la paura della solitudine che incombe, che piange e si inginocchia davanti a quello che lei crede essere ancora il suo uomo, che ci trasmette apieno angoscia e disperazione, ansia, insonnia e fragilità, ma soprattutto rabbia.
Purtoppo poco sviluppato perchè naturalmente voluto dalla storia in secondo piano quello dell'Altra che viene impersonata da Valentina Lodovini, un ruolo reso dalla stessa Lodovini a dovere perchè antipatico alle donne e desiderabile agli uomini.
E' un film profondamente femminile : sono entrambe vincenti, la lasciata perchè sa rinascere senza essere ripresa, la conquistatrice perchè ottiene quello che vuole senza scrupoli o pentimenti.
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stefano capasso
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sabato 7 marzo 2015
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l'evoluzione nei rapporti
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Lucia e Giovanni sono una giovane coppia di precari, montatrice lei attore lui, che vive a Roma con un figlio piccolo. Un giorno Giovanni comunica all’improvviso che lascia la famiglia per trovare se stesso. Di lì comincia un travaglio per entrambi che tentano a loro modo di dare un senso a quello che è accaduto e trovare una nuova strada con nuovi incontri non sempre felici. Il tutto continuamente documentato da due operatori che con loro avevano deciso di riprendere le scene della loro vita quotidiana per un docufilm sulla precarietà.
Dopo diversi tentativi di riavvicinamento e bruschi allontanamenti i due ragazzi trovano finalmente la forza di salutarsi in pace e ricominciare da nuovi amori.
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Lucia e Giovanni sono una giovane coppia di precari, montatrice lei attore lui, che vive a Roma con un figlio piccolo. Un giorno Giovanni comunica all’improvviso che lascia la famiglia per trovare se stesso. Di lì comincia un travaglio per entrambi che tentano a loro modo di dare un senso a quello che è accaduto e trovare una nuova strada con nuovi incontri non sempre felici. Il tutto continuamente documentato da due operatori che con loro avevano deciso di riprendere le scene della loro vita quotidiana per un docufilm sulla precarietà.
Dopo diversi tentativi di riavvicinamento e bruschi allontanamenti i due ragazzi trovano finalmente la forza di salutarsi in pace e ricominciare da nuovi amori.
Ancora alla rassegna Cinemente ho visto questo film di Anna Negri che ha la sua peculiarità nel dispositivo usato per la narrazione, quello del film nel film per una commedia che a tratti tocca picchi drammatici. La storia che è centrata sulla difficolta di questa separazione tocca tanti temi, tutti caratterizzati dalla precarietà. Dal lavoro, all’amicizia, alle relazioni in genere tutti i protagonisti sono coinvolti nelle difficoltà quotidiane in un alternanza di speranza e delusione. E la tecnica del film nel film invita i protagonisti, e lo spettatore con loro, a prendere le distanze dagli eventi. Grazie ad una giusta distanza si possono rileggere i propri pezzi di storia con occhi diversi e diventa più facile dargli un nuovo significato per poter poi ricominciare.
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