eleonora
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domenica 6 aprile 2008
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se la vita potesse essere una gara di aquiloni
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Ispirato all’omonimo primo romanzo di Khaled Hosseini , il film è ambientato in Afghanistan ma girato nella Cina occidentale e in lingua persiana. Le scene si svolgono sempre inserite in ambientazioni suggestive, di strade polverose e di mercati arabi colmi di cibi speziati. Ben girato, la cinepresa si muove vorticando in questo caleidoscopio di rumori e colori, tra i vapori e i fumi odorosi del kebab e accrescendo il contrasto con la Kabul devastata dalla guerra, quando ormai siamo nell’anno 2000 ed è nelle mani dei talebani. Gli effetti, gli arabeschi che gli aquiloni, nelle competizioni fra bambini che animano la Kabul coperta di neve, sono suggestivi, così come l’animazione e quel brivido d’entusiasmo che fa tremare tutta la città.
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Ispirato all’omonimo primo romanzo di Khaled Hosseini , il film è ambientato in Afghanistan ma girato nella Cina occidentale e in lingua persiana. Le scene si svolgono sempre inserite in ambientazioni suggestive, di strade polverose e di mercati arabi colmi di cibi speziati. Ben girato, la cinepresa si muove vorticando in questo caleidoscopio di rumori e colori, tra i vapori e i fumi odorosi del kebab e accrescendo il contrasto con la Kabul devastata dalla guerra, quando ormai siamo nell’anno 2000 ed è nelle mani dei talebani. Gli effetti, gli arabeschi che gli aquiloni, nelle competizioni fra bambini che animano la Kabul coperta di neve, sono suggestivi, così come l’animazione e quel brivido d’entusiasmo che fa tremare tutta la città. Il gioco degli aquiloni, insieme alla poesia dei versi del Corano e alla colonna sonora intensa e coinvolgente, quasi in risposta a chi temeva che un regista americano potesse ridurre e banalizzare la cultura Afghana, ne rafforzano l’importanza, la sacralità. La cultura Afghana serpeggia ovunque e sarà proprio quella, nel viaggio di ritorno di Amir, ad aleggiare come un spirito antico, non rafforzato dalla politica estremista talebana, ma ucciso e calpestato.
Un film che coinvolge per la tenerezza e la bellezza della trama, così articolata che i più dubitavano che fosse possibile una trasposizione cinematografica che la non riducesse e rovinasse definitivamente. Al contrario, la trama riassunta e condensata nei quasi 150 minuti di film racconta i tratti salienti del libro, li riporta più o meno fedelmente, e anche nei momenti in cui la storia si discosta dal romanzo originale i più fedeli lettori apprezzano la variante, riconoscendo con quanta maestria anche la riduzione non è diventata offesa, ma saggia scelta. Dopotutto, la sceneggiatura è dello stesso Hosseini e chi meglio di lui poteva avere la sensibilità necessaria a trattare una trama così bella e complessa?
Parliamo degli attori: la maggior parte era composta da attori non professionisti. Alla prima occhiata, la recitazione non perfetta saltava all’occhio, diventando via via più convincente col procedere della storia e, anzi, dando quel tocco realistico che rende il film così accessibile e piacevole. I due bambini mi hanno decisamente colpita. Meno la rigidità di Zekiria Hebrahimi (giovane Amir), molto di più la spontaneità vivace di Ahmad Khan Mahmoodzada (il giovane Hassan), che doveva risaltare come antieroe pacifico, esempio di virtù, remissivo servo fedele e amico appassionato.
Un po’ poco credibile è risultata ai più la cieca fedeltà di Hassan e forse un po’ troppo rapida e poco comprensibile la separazione dei due amici, che erano all’inizio stretti in un così sincero sentimento. Separazione che nel romanzo è accuratamente spiegata. Ma la trasposizione cinematografica doveva rispondere di limiti di tempo e comunque e così strutturata, la storia non mi è sembrata risentirne.
Infine, la colonna sonora. Le melodie facilmente riconoscibili come di matrice araba arricchiscono i più suggestivi momenti del film. La preghiera di Amir, la corsa per la caccia all’aquilone nelle strade affollate di Kabul, la gara degli aquiloni. E ancora, la commozione, la poesia e la dolcezza della storia sapientemente raccontata di Hosseini non si è banalizzata, neppure con un brano cantato in inglese che ha un po’ disturbato, ma si è anzi arricchita di quella magia e di quella poesia che sono proprie della cultura musulmana.
Un film commovente e suggestivo.
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giulia
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lunedì 31 marzo 2008
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il privilegio di essere occidentali
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Non dev'essere facile ricavare una pellicola da uno dei più grandi successi letterari degli ultimi anni. Il peso dell'eredità è forte, e il regista Marc Forster se ne fa capo diligentemente. Fatta questa piccola, ma doverosa, premessa non resta che recensire uno dei più attesi film dell'anno, merito, ripetiamo, del forte eco del successo planetario del romanzo di Khaled Hosseini, una commovente e sorprendente storia di amicizia. Essendo gli spettatori già stati in gran parte lettori dello splendido romanzo, sapranno bene quanto le pagine di Hosseini trasudino forti emozioni ad ogni sillaba, quanto la storia appassioni ad ogni voltata di pagina. Perciò non rimproveriamo il regista se in alcune parti risulta carente di emotività e ricordiamoci sempre il pesante fardello dell'autorità letteraria che incombe sopra la pellicola.
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Non dev'essere facile ricavare una pellicola da uno dei più grandi successi letterari degli ultimi anni. Il peso dell'eredità è forte, e il regista Marc Forster se ne fa capo diligentemente. Fatta questa piccola, ma doverosa, premessa non resta che recensire uno dei più attesi film dell'anno, merito, ripetiamo, del forte eco del successo planetario del romanzo di Khaled Hosseini, una commovente e sorprendente storia di amicizia. Essendo gli spettatori già stati in gran parte lettori dello splendido romanzo, sapranno bene quanto le pagine di Hosseini trasudino forti emozioni ad ogni sillaba, quanto la storia appassioni ad ogni voltata di pagina. Perciò non rimproveriamo il regista se in alcune parti risulta carente di emotività e ricordiamoci sempre il pesante fardello dell'autorità letteraria che incombe sopra la pellicola. Ma allo stesso modo, anche se con linguaggio diverso, Forster trascina sensazioni e sentimenti sul grande schermo, servendosi di un grande e originale cast arabo e di una fedeltà quasi assoluta al libro, riportandone perfino le battute nei dialoghi. I paesaggi sono ben riproposti, i richiami alle usanze e tradizioni della civiltà musulmana sono un costante sottofondo, l'intricata storia dei due amici e il loro cammino verso l'età adultà sono ben narrati. Cosa chiedere di più, quando si proviene da un successo letterario? Fedeltà ed emozioni all'altezza dell'opera magna. Forster ci è riuscito.
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andrea
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lunedì 31 marzo 2008
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gli aquiloni volano alto, ma non troppo
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Due ragazzi sono legati da una forte amicizia nella Kabul anni Settanta, e partecipano a delle grandi gare con gli aquiloni. Amir è il figlio di un ricco afgano, Hassan è il figlio del suo servo. Il primo faticherà a sopportare il rapporto di passiva "inferiorità" da parte del suo amico, e colpito dal senso di colpa - che però non viene reso benissimo - farà in modo che lasci la sua casa. Trent'anni dopo, gli aquiloni non volano più su Kabul, gli alberi in città sono stati spezzati, e Amir, emigrato negli Stati Uniti, scopre che Hassan, ormai ucciso dai talebani, era suo fratello. C'è un solo modo per redimersi: recuperare il figlio dell'amico, prigioniero di un vecchio nemico della sua infanzia.
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Due ragazzi sono legati da una forte amicizia nella Kabul anni Settanta, e partecipano a delle grandi gare con gli aquiloni. Amir è il figlio di un ricco afgano, Hassan è il figlio del suo servo. Il primo faticherà a sopportare il rapporto di passiva "inferiorità" da parte del suo amico, e colpito dal senso di colpa - che però non viene reso benissimo - farà in modo che lasci la sua casa. Trent'anni dopo, gli aquiloni non volano più su Kabul, gli alberi in città sono stati spezzati, e Amir, emigrato negli Stati Uniti, scopre che Hassan, ormai ucciso dai talebani, era suo fratello. C'è un solo modo per redimersi: recuperare il figlio dell'amico, prigioniero di un vecchio nemico della sua infanzia. La regia di Foster è apprezzabile, non c'è sicuramente un grosso intervento autoriale, ma della pellicola si apprezza in particolare l'aver evitato scivolate nel patetismo, rischio che è sempre in agguato in storie toccanti come questa. E' un film che emoziona in modo alternato, ma durante la visione ci si interroga se non sarebbe stato possibile fare di più. Risposta: assolutamente sì. Una trama così bella nelle mani di un altro regista sarebbe diventata qualcosa di molto più empatico. Perché è questo il difetto de "Il cacciatore di aquiloni": non tutte le sequenze hanno una sufficiente empatia, o almeno, non quanto ci si aspetterebbe. Ecco perché si parla di "libro migliore del film", continuando a non capire la diversità dei linguaggi, e il fatto che ai registi si richiedono "fotocopie in celluloide" dei romanzi, anziché cercare di utilizzare le potenzialità specifiche del cinema (che la letteratura non ha, così come il cinema non possiede le stesse della letteratura) e sfruttarle. Perché non si vuol capire che ci sono cose che le parole non possono dare, e perché i registi di oggi non sfruttano questa capacità del cinema, cercando soltanto una fedeltà meramente narrativa col testo letterario? Beh, non tutti i registi purtroppo sono Visconti, e non tutte le trasposizioni sono "Morte a Venezia". Quindi, in un panorama cinematografico pressoché catastrofico, applaudiamo il film di Foster come un discreto prodotto del quale non ci si dovrebbe troppo lamentare, e grazie al quale si dovrebbe riflettere su temi universali - non trattati in modo banale - quali il razzismo e il fanatismo religioso, e tutto il male che possono produrre. Durante la lapidazione della donna, ci si chiede: "Il mondo non sarebbe migliore senza le religioni?". Per finire, una curiosità personale: uno spettatore accanto a me, al termine della proiezione, ha detto: "Niente male, ma un po' lento...". Avete capito, non era abbastanza "veloce" per lui. Non sapevo che i film fossero diventati corse automobilistiche. La prossima volta, se vedo un film "lento", evito di portarmi il casco. E ci credo che si finisce per dire che film come questi sono lenti, se dalla mattina alla sera si viene bombardati da una serie di immagini televisive e videoludiche vuote e velocissime! A chi va dicendo che questo film è lento, consiglio di andare a fare una partita… non con la playstation, ma con gli aquiloni.
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iris
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martedì 1 aprile 2008
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oltre ogni aspettativa
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Rarissimo esempio di come da un buon libro si possa trarre un magnifico film. Merito di questo miracolo cinematografico è una sceneggiatura che mette molto bene in evidenza i temi portanti della narrazione letteraria sfrondandola dai particolari che avrebbero avuto un sapore diverso se resi visivamente. La classe dell'impianto è impreziosita da una regia asciutta, essenziale ma molto elaborata dove serviva, cioè nella resa della Kabul in festa, teatro di una gara che acquista un significato simbolico, tanto simbolico da chiudere la pellicola. Notevole è infine la bravura di tutti, essa è la linfa di questo albero di alto fusto, aggraziato e maestoso. Un esempio da seguire.
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(di paolo ottomano)
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hymne
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martedì 29 aprile 2008
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troppo approssimativo.
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Grandissimo il romanzo, scadente il film. E il libro avrebbe meritato ben altro sul grande schermo. Avrebbe meritato tanto per cominciare una regia più convinta, prima che convincente, probabilmente più avvezza ad un certo tipo di "materiale". Qui c'è poco, non c'è sentimento, non c'è contatto, non c'è ricerca, non c'è lavoro, approccio, legame. E' tutto freddo, quei tre abbracci sembrano fatti per dovere di copione, a parte qualche rara punta, sembra uno scorrere finto, che resta fuori da te, al contrario di quel che così fortemente ti suscitano le pagine del romanzo. Nel libro sei dentro la vicenda dall'inizio alla fine, dal primo capitolo all'ultima frase, ininterrottamente. Purtroppo questo non succede nel frettoloso film di Forster.
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Grandissimo il romanzo, scadente il film. E il libro avrebbe meritato ben altro sul grande schermo. Avrebbe meritato tanto per cominciare una regia più convinta, prima che convincente, probabilmente più avvezza ad un certo tipo di "materiale". Qui c'è poco, non c'è sentimento, non c'è contatto, non c'è ricerca, non c'è lavoro, approccio, legame. E' tutto freddo, quei tre abbracci sembrano fatti per dovere di copione, a parte qualche rara punta, sembra uno scorrere finto, che resta fuori da te, al contrario di quel che così fortemente ti suscitano le pagine del romanzo. Nel libro sei dentro la vicenda dall'inizio alla fine, dal primo capitolo all'ultima frase, ininterrottamente. Purtroppo questo non succede nel frettoloso film di Forster. Se idealmente si può dividere la vicenda in tre parti (l'infanzia, l'intermezzo americano, il ritorno), tralasciando che sul libro sono impeccabili tutt'e tre, sul grande schermo si salva la prima e non le altre due. I due ragazzini (preferisco l'interpretazione di Amir a quella di Hassan) crescono insieme, fanno insieme (quasi) tutte le cose di cui parla Hosseini, c'è una trasposizione fedele, anche troppo didattica alle volte, di tutto. Dopo la violenza su Hassan, comincia la fretta, il voler correre sugli eventi, invece di approfondirli. Così vediamo il compleanno di Amir, la scena dell'orologio e in tre minuti siamo già in America con Amir bello grande e inserito in società (che salto!). Mi può anche andar bene, convinto che il bello debba venire. La parte americana mette in mostra una gran bella interpretazione di Baba (secondo me la migliore del film). Per il resto è solo un po' una cornice, per aprire lo scenario del rientro. Invece in America tutto diventa una specie di soap moderna, la Soraja che nel libro è una ragazza molto riservata, qui sembra una studentessa del college, subito sorridente e disponibile. Resto scettico. Arriviamo alla vera delusione. Premesso: intenso l'incontro con Rahim Khan (ottima anche questa interpretazione), e convincente anche la scena della lapidazione. Tutto il resto: da dimenticare. Amir (poco credibile, non emoziona, scelta completamente sbagliata) viene salvato da Sohrab e i due scappano come fosse un film di Indiana Jones, coi talebani che sparano dietro l'auto senza colpirla (ma dove siamo?); poi il vero pugno allo stomaco: è questo il momento in cui Amir finalmente diventa vero, piange, si commuove, vuole non sbagliare più ("esiste un modo per tornare ad esser buoni"); c'è tutto un avvicinamento col nipote fatto di sguardi, piccoli abbracci, dubbi, lacrime. Le partite a carte... Nel film: NULLA. Nel film in cinque minuti Sorhab è già nella sua cameretta americana e dopo tre minuti Amir (goffo e quasi ridicolo) gli urla "per te un milione di volte" (a parte che è molto più bello "per te, questo e altro", perchè cambiarlo?), senza nessun trasporto emotivo. Zero. Manca tutto l'approfondimento dei rapporti, manca il cuore, manca la pelle, il calore di un abbraccio, un sussurro, un sorriso. Uscendo dal cinema mi sono detto "Che peccato, una vera occasione persa". Si salvano, oltre alle due interpretazioni sopra citate, le bellissime riprese delle battaglie con gli aquiloni (la cosa migliore del film), una buona ambientazione e la fedeltà al testo, almeno sui contenuti. Colonna sonora talvolta un po' "fracassona", ma tutto sommato accettabile. Spero di vedere, fra qualche anno, una trasposizione nuova e decisamente più convincente di questa.
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[+] ...libro stupendo..
(di pumba)
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andrej
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martedì 29 aprile 2008
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un film forte ed intenso,pur con qualche eccesso.
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Confesso che il film mi ha sorpreso positivamente: temevo infatti trattarsi di una pellicola lenta, pesante, intrisa di sentimentalismi ruffiani e di propaganda e invece devo dire che ho visto un film forte ed intenso, interessante e coinvolgente, con un buon ritmo narrativo e pochissimi cali di tensione.
Buona la descrizione psicologica dei personaggi, buoni i dialoghi e la recitazione.
Qualche sbavatura, forse, nella seconda parte, quando probabilmente si calca un pò la mano nell’”antipatizzare” i nemici ideologici: possibile che l’unico soldato russo che compare nel film sia un violentatore di donne e che l’unico mullah talebano che si vede sia un perverso pedofilo, violentatore sistematico di bambine e bambini orfani?
Intendiamoci.
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Confesso che il film mi ha sorpreso positivamente: temevo infatti trattarsi di una pellicola lenta, pesante, intrisa di sentimentalismi ruffiani e di propaganda e invece devo dire che ho visto un film forte ed intenso, interessante e coinvolgente, con un buon ritmo narrativo e pochissimi cali di tensione.
Buona la descrizione psicologica dei personaggi, buoni i dialoghi e la recitazione.
Qualche sbavatura, forse, nella seconda parte, quando probabilmente si calca un pò la mano nell’”antipatizzare” i nemici ideologici: possibile che l’unico soldato russo che compare nel film sia un violentatore di donne e che l’unico mullah talebano che si vede sia un perverso pedofilo, violentatore sistematico di bambine e bambini orfani?
Intendiamoci. Non voglio sostenere che l’invasione russa dell’Afghanistan sia stata una marcia di pace e un’occasione di luminoso progresso, nè che i talebani siano modelli di virtù, ma francamente ho sentito come un pò eccessiva e falsa questa loro connotazione così odiosamente viziosa, questa denuncia non tanto incentrata sul tema della violenza e del mancato rispetto dei diritti umani in genere, quanto proprio su quelle che oggigiorno sono le due più pubblicizzate e universalmente vituperate sottospecie di violenza: quella sulle donne e quella sui bambini.
Senza contare che la fuga del protagonista, ferito e disarmato, dal fortino di una decina di talebani armati di mitra fino alla frontiera, il tutto senza particolari problemi, non mi pare molto verosimile: se costoro fossero davvero così stupidi e inetti come avrebbero potuto mai scacciare i russi dalla propria terra?
L’impressione è che si sia voluto esagerare un pò, per rendere il film più spettacolare e i nemici ancor più odiosi...Comunque, nonostante tali “pecche”, il film resta un gran bel film, che prende e commuove e merita di essere visto ed apprezzato.
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[+] il cacciatore di aquiloni
(di krudelia37@yahoo.it)
[ - ] il cacciatore di aquiloni
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ashfaq1993
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sabato 15 agosto 2015
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un film istruttivo ma....
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vi chiedo prima di tutto di valutare il film per cio che è, e di non associare il suo "VALORE" complessivo con il libro! sappiamo tutti benissimo che un libro non potrà essere mai superato da un film.
quindi ora vi dico cio che penso del film. Il film, con tutto il mio rispetto, non mi è sembrato un gran che. ora mi spiego meglio il motivo:
é veramente un operazione complicata riprodurre un libro in versione video, perchè ad esempio è difficile riprodurre il paesaggio e l'ambiente ma sopratutto i personaggi descritti dal libro, ognuno di noi possiede un suo immaginario e metterlo in comune a tutti non è alquanto facile. Ovviamente bisogna sempre fare i conti con i taglia/elimina scene.
Ma ora esprimo il vero motivo del mio giudizio.
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vi chiedo prima di tutto di valutare il film per cio che è, e di non associare il suo "VALORE" complessivo con il libro! sappiamo tutti benissimo che un libro non potrà essere mai superato da un film.
quindi ora vi dico cio che penso del film. Il film, con tutto il mio rispetto, non mi è sembrato un gran che. ora mi spiego meglio il motivo:
é veramente un operazione complicata riprodurre un libro in versione video, perchè ad esempio è difficile riprodurre il paesaggio e l'ambiente ma sopratutto i personaggi descritti dal libro, ognuno di noi possiede un suo immaginario e metterlo in comune a tutti non è alquanto facile. Ovviamente bisogna sempre fare i conti con i taglia/elimina scene.
Ma ora esprimo il vero motivo del mio giudizio. il film poteva essere fatto meglio per poter aver un impatto migliore, prima di tutto bisognava, secondo me, inserire "la voce narratore", ora mi spiego, avete presente come nel libro la voce di AMIR raccontava e spiegava le cose? ecco questa voce poteva mettere in risalto i sentimenti e le emozioni, per esempio quando HASSAN veniva preso a botte la voce "narratore" poteva dire in prima persona ciò che egli provava ( ex. "...lo vidi, ma non ebbi coraggio di reagire, rimasi li come un codardo..."); questa voce narratore è molto importante.
in seconda linea sono rimasto deluso dagli effetti audio, potevano aggiungere ancora molti effetti audio, per la precisione nei momenti di suspance o in momenti drammatici, avete presente quel suono del "boom!!" che c'è quando si fa una scoperta scioccante! ecco quella serie di effetti sono venuti a mancare.
miglior attore secondo me? shorab. anche se durante tutto il film nn parla, ma fa suscitare molta emozione.
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lafcadio
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giovedì 24 aprile 2008
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la "verità" di hosseini
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La coscienza a ritroso. Troppo comodo. Amir, col pretesto (ma occorreva questo per riflettere sul passato?)d'una lettera ricevuta, dopo anni, da Hassan motiva il suo viaggio verso la sua terra d'origine. E, in questo viaggio,trovare l'opportunità d'un riscatto personale. Pure, le azioni compiute avevano lasciato tracce ben marcate: i due tradimenti commessi ai danni dell'amico nel passato hanno cambiato l'intero percorso di vita ad Hassan. Primo:il mancato intervento per tentare di difenderlo dall'atto di violenza del tedesco-afgano allora ragazzo;secondo:il suo silenzio e l'aver tramato, mettendo in cattiva luce agli occhi di suo padre il padre di Hassan perché entrambi, padre e figlio,per la fiducia venuta meno, fossero costretti a lasciare la loro casa in cui erano a servizio.
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La coscienza a ritroso. Troppo comodo. Amir, col pretesto (ma occorreva questo per riflettere sul passato?)d'una lettera ricevuta, dopo anni, da Hassan motiva il suo viaggio verso la sua terra d'origine. E, in questo viaggio,trovare l'opportunità d'un riscatto personale. Pure, le azioni compiute avevano lasciato tracce ben marcate: i due tradimenti commessi ai danni dell'amico nel passato hanno cambiato l'intero percorso di vita ad Hassan. Primo:il mancato intervento per tentare di difenderlo dall'atto di violenza del tedesco-afgano allora ragazzo;secondo:il suo silenzio e l'aver tramato, mettendo in cattiva luce agli occhi di suo padre il padre di Hassan perché entrambi, padre e figlio,per la fiducia venuta meno, fossero costretti a lasciare la loro casa in cui erano a servizio. Questo, perché Amir, vergognandosi per quanto Hassan aveva subito, non ne tollera più la vicinanza in quanto sarebbe per lui un costante vivo riflesso della propria vigliaccheria. Ne è scaturirà un danno peggiore: alle violenze fisiche si aggiugono quelle morali, nonché lo stravolgimento della vita, per Hassan e suo padre. La differenza di casta, apparentemente poco pesata nella famiglia di Amir,in vero, rappresenta uno schema rigido all'interno del quale le esistenze vengono a priori definite. Risulta scomoda l'invasione sovietica, per i più agiati sicuramente,ma quanto più brutale in concreto quella successiva di stampo filo-americana! Il punto di vista di Hosseini, nonché del regista che ne ha appiattito la storia, resta un punto di vista di parte. Di comoda parte. Come se il sorriso stentato del figlio di Hassan, alla fine, possa stendere un velo pietoso sulle azioni compiute.... e assolvere, possibilmente.
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[+] caro lafcadio,
(di iris)
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[+] x la gentile iris
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(di matilde)
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jos_d
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giovedì 12 novembre 2009
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forte, intenso e fedele al libro da cui è tratto
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Praticamente ogni qual volta un romanziere riesca a fare arricchire il proprio editore, ad Hollywood c’è qualche produttore pronto a cogliere la palla al balzo per realizzare un nuovo film dal successo (economico) pressoché garantito; tuttavia, se il risultato è un lavoro eccellente come questo, allora ogni considerazione circa l’opportunismo hollywoodiano passa decisamente in secondo piano.
Kabul, anni settanta. Amir (Zekeria Ebrahimi) e Hassan (Ahmad Khan Mahmidzada) sono due giovanissimi, inseparabili, amici; eppure sono molto diversi fra loro, sia caratterialmente, ma soprattutto per posizione sociale. Amir infatti viene da una famiglia agiata di etnia Pashtun, mentre Hassan è l’umile figlio di un servo Hazara.
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Praticamente ogni qual volta un romanziere riesca a fare arricchire il proprio editore, ad Hollywood c’è qualche produttore pronto a cogliere la palla al balzo per realizzare un nuovo film dal successo (economico) pressoché garantito; tuttavia, se il risultato è un lavoro eccellente come questo, allora ogni considerazione circa l’opportunismo hollywoodiano passa decisamente in secondo piano.
Kabul, anni settanta. Amir (Zekeria Ebrahimi) e Hassan (Ahmad Khan Mahmidzada) sono due giovanissimi, inseparabili, amici; eppure sono molto diversi fra loro, sia caratterialmente, ma soprattutto per posizione sociale. Amir infatti viene da una famiglia agiata di etnia Pashtun, mentre Hassan è l’umile figlio di un servo Hazara. Un giorno Hassan si oppone a dei bulli che volevano rubare l’aquilone con cui Amir aveva vinto una gara e viene per questo picchiato e sodomizzato; Amir, presente, assiste senza muovere un dito ed anzi, trasformato il rimorso in rancore, fa di tutto per allontanare Hassan e suo padre dalla propria casa. Sul finire del decennio, quando i Russi invadono il paese, Amir e suo padre (Homayoun Ershadi) lasciano l’Afghanistan per ripiegare prima in Pakistan e poi in California, dove si sistemano. Passano gli anni, Amir si sposa, perde il padre, ma ecco che il passato ritorna chiamando Amir a saldare il vecchio debito morale con il suo amico Hassan…
Essenzialmente fedele all’omonimo libro di Khaled Hosseini, dal quale la pellicola trae spunto, “Il cacciatore di aquiloni” è un film intenso, diretto con stile fortemente realista -fino anche alla crudezza-, che racconta una straordinaria vicenda individuale perfettamente inserita in un contesto storico, quello delle tragiche vicende che sconvolgono l’Afghanistan da decenni, ma sulle quali in Occidente si è preferito stendere un velo di silenzio anche per evitare che emergessero delle verità piuttosto scomode circa il ruolo giocato in quest'area dall'intelligence americana.
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gfloriano
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venerdì 11 luglio 2008
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la storia di un'amicizia profonda
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Regia: Marc Foster
Con: Khalid Abdalla, Atossa Leoni, Shaun Toub, Homayoun Ershadi
Trama: nell’Afganistan di fine anni settanta, la vita segue antichi rituali, non disdegnando la modernità, le tradizioni sono profondamente radicate, mentre comunisti e talebani sono entità ancora embrionali. Hassan e Amir sono amici per la pelle con una gran passione per gli aquiloni. Proprio nel momento più bello, la gara annuale di aquiloni a Kabul, la violenza entra nella vita dei due amici in modo brutale spezzando la magia e l’innocenza dell’infanzia. Da quel momento nulla è più come prima, da lì ad un anno inizia l’invasione sovietica, i ragazzi si separano seguendo due percorsi diversissimi fino a…….
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Regia: Marc Foster
Con: Khalid Abdalla, Atossa Leoni, Shaun Toub, Homayoun Ershadi
Trama: nell’Afganistan di fine anni settanta, la vita segue antichi rituali, non disdegnando la modernità, le tradizioni sono profondamente radicate, mentre comunisti e talebani sono entità ancora embrionali. Hassan e Amir sono amici per la pelle con una gran passione per gli aquiloni. Proprio nel momento più bello, la gara annuale di aquiloni a Kabul, la violenza entra nella vita dei due amici in modo brutale spezzando la magia e l’innocenza dell’infanzia. Da quel momento nulla è più come prima, da lì ad un anno inizia l’invasione sovietica, i ragazzi si separano seguendo due percorsi diversissimi fino a…….vent’anni dopo, quando Amir sarà richiamato a rimediare agli errori di gioventù, tornando finalmente ad essere in pace con se stesso e riallacciando il filo spezzato dell’aquilone-vita.
Tratto dall’omonimo best seller di Khaled Hosseini, che correrò a leggere, il film è uno splendido struggente spaccato su un paese che proprio non riesce trovare pace, che fa da sfondo, entrando drammaticamente, nel rapporto di amicizia tra i due ragazzini: Amir figlio di un possidente, introverso e pacifico con la passione per gli aquiloni e per scrivere storie fantastiche ed Hassan, figlio del servo di casa Amid, gioviale, scafato ed intraprendente.
Ci sono due piani narrativi: il rapporto padre-figlio ed il rapporto di amicizia, narrati con struggente partecipazione emotiva, che tocca le corde dell’emozione fino a sfociare in ‘poetica’ narrativa , tanto che in più punti le emozioni visive mutano in commozione turbando profondamente la nostra anima.
Un film che avvince alla poltrona, trascinando lo spettatore in un paesaggio da fiaba dove la barbarie umana fa scempio di corpi ed anime.
Sconvolgente e indimenticabile…..
Da non perdere!
Trama: ****
Sceneggiatura: ***
Fotografia: *****
Colonna sonora: ****
Impressione generale: ****
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