Azione,
durata 107 min.
- Italia 2006.
uscita venerdì 24febbraio 2006.
MYMONETROArrivederci amore, ciao
valutazione media:
2,95
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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E' un film rigido, nero, cinico e spietato, come il suo protagonista, interpretato con la sua solita bravura da Alessio Boni. Indiscutibilmente nel film emergono delle sbavature e forse c'è un eccesso di compiacimento in alcune scene come in quella finale, dopo la quale ci si domanda come sia stato possibile per Giorgio uscirne pulito. Però la fascinosa atmosfera resta, come resta l'immagine inquietante e seducente della bella Ferrari, anch'essa divorata dalla psicopatia del protagonista. Interessante rimane anche la caratterizzazione del protagonista che offre un quadro preciso di una personalità anaffettiva e schizoide, presa solamente dal suo ego narcisistico, incapace di empatia e affettività.
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E' un film rigido, nero, cinico e spietato, come il suo protagonista, interpretato con la sua solita bravura da Alessio Boni. Indiscutibilmente nel film emergono delle sbavature e forse c'è un eccesso di compiacimento in alcune scene come in quella finale, dopo la quale ci si domanda come sia stato possibile per Giorgio uscirne pulito. Però la fascinosa atmosfera resta, come resta l'immagine inquietante e seducente della bella Ferrari, anch'essa divorata dalla psicopatia del protagonista. Interessante rimane anche la caratterizzazione del protagonista che offre un quadro preciso di una personalità anaffettiva e schizoide, presa solamente dal suo ego narcisistico, incapace di empatia e affettività. Originale il personaggio di Anedda, gagà farabutto e anima nera delle istituzioni. Concorre all'atmosfera del film il ritornello della canzone della Caselli, uno dei motivi più struggenti e belli degli anni 60, non a caso riproposta magistralmente da Battiato e, non al meglio, da Baglioni.La tanta bellezza della canzone rende più umano il clima glaciale del film, che però si muove intensamente nel cuore e nella mente dello spettatore. Bello! Davvero.
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Ottimo film, che fa un po' ricredere sulla cinematografia italiana, ormai decisamente in ribasso.
La regia si muove agevolmente, creando tensione, senza cadere, salvo pochi momenti, nel grand guignol. E' proprio nella creazione di tensione, che raramente sfocia in una violenza palese, che, secondo me si distingue il regista.
Aprrezzabilissima la scelta di girare tutte le scene al chiuso o in esterni serali e notturni.
Piccoli camei le riprese di passi dei protagonisti, che avvengono su terreni zuppi di acqua.
Un film che ti fa uscire con una tristezza interiore che non ti abbandona per giorni.
Lucio Caracausi
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Il ritorno al grande schermo di Michele Soavi, dopo lustri di Fiction TV, ha lasciato il segno: tra entusiasmi e stroncature è innegabile che "arrivederci amore ciao" sia lontano anni luce da quella piattezza televisiva che caratterizza una parte importante del cinema attuale. Soavi non ha avuto paura d'osare e probabilmente ha realizzato il suo miglior film: un amorale noir dalle ascendenze tarantiniane che gradualmente si sposta verso il thriller, sfiorando addirittura l'horror nel finale.
E il tutto con un linguaggio audio-visivo fiammeggiante, in linea col gusto del regista, che s'imprime nella memoria.
Dove il film convince a metà è nella caratterizzazione contraddittoria del protagonista: agnello sacrificale all'inizio, si trasforma repentinamente (disorientando) in un killer diabolico e privo di scrupoli.
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Il ritorno al grande schermo di Michele Soavi, dopo lustri di Fiction TV, ha lasciato il segno: tra entusiasmi e stroncature è innegabile che "arrivederci amore ciao" sia lontano anni luce da quella piattezza televisiva che caratterizza una parte importante del cinema attuale. Soavi non ha avuto paura d'osare e probabilmente ha realizzato il suo miglior film: un amorale noir dalle ascendenze tarantiniane che gradualmente si sposta verso il thriller, sfiorando addirittura l'horror nel finale.
E il tutto con un linguaggio audio-visivo fiammeggiante, in linea col gusto del regista, che s'imprime nella memoria.
Dove il film convince a metà è nella caratterizzazione contraddittoria del protagonista: agnello sacrificale all'inizio, si trasforma repentinamente (disorientando) in un killer diabolico e privo di scrupoli. Anche se indubbiamente Alessio Boni ha un phisique du role perfetto, così come i comprimari (su cui spicca un notevole Michele Placido) che gli ruotano attorno.
Tirando le somme: pur non esente da pecche, un film in linea con la miglior tradizione italiana 'di genere' e che nel contempo potrebbe diventare un modello per il futuro.
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ho visto il film ieri sera e l'ho trovato discreto. Vivaddio c'è anche qualcuno in Italia che cerca di fare un pò di cinema oltre che riproporre tematiche da fiction televisive come riabilitazione di gay e crisi della coppia. Detto questo il film ha i suoi limiti, il maggiore dei quali secondo me è la mancanza di spessore, di profondità. Tutte le situazioni sono un pò prese e messe li. Il protagonista ha una personalità che rimane un pò indecifrabile, non convince a fondo nel ruolo che interpreta cinico e privo di coscienza con questi flashback che sembrerebbero suggerire una sorta di rimorso per le atrocità commesse nel passato. In realtà non si capisce bene se nella riabilitazione che cerca di ottenere in maniera spasmodica e con ogni mezzo ci sia anche una ricerca di una vita finalmente regolare e vissuta in modo tradizionale.
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ho visto il film ieri sera e l'ho trovato discreto. Vivaddio c'è anche qualcuno in Italia che cerca di fare un pò di cinema oltre che riproporre tematiche da fiction televisive come riabilitazione di gay e crisi della coppia. Detto questo il film ha i suoi limiti, il maggiore dei quali secondo me è la mancanza di spessore, di profondità. Tutte le situazioni sono un pò prese e messe li. Il protagonista ha una personalità che rimane un pò indecifrabile, non convince a fondo nel ruolo che interpreta cinico e privo di coscienza con questi flashback che sembrerebbero suggerire una sorta di rimorso per le atrocità commesse nel passato. In realtà non si capisce bene se nella riabilitazione che cerca di ottenere in maniera spasmodica e con ogni mezzo ci sia anche una ricerca di una vita finalmente regolare e vissuta in modo tradizionale. Non si capisce neanche bene se abbia una reale attrazione per le situazioni torbide o le viva solo per convenienza materiale, vedasi la vicenda con la moglie del cocainomane. Non ho letto il romanzo che lo ha ispirato per cui non so se il film gli sia fedele o meno. Ci sono dei buoni ingredienti che forse andavano messi insieme un pò meglio, è un pò come una torta che esce dal forno un pò sgonfia, si mangia lo stesso ma potrebbe essere più buona. Da apprezzare lo stile cinematorgrafico e la colonna sonora. Riuscita la suggestione della titletrack che affiora spesso nel film specialmente nella sequenza finale forse un pò troppo caricata. Film dignitoso. Michele Soavi aveva già dato una buona prova con Dellamorte Dellamore.
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C’è stata una generazione allo sbando nel nostro paese. Una classe d’età che pur di comprarsi il biglietto per un mondo migliore ha intrapreso il cammino della forza armata. Quella generazione ormai è stata affondata dai risvolti della storia e cerca da tempo un modo per redimersi. Una maniera per rientrare nella società come esseri normali, assoggettati alle regole che un tempo essi combattevano e alle quali non ha più senso contrapporsi.
Per Massimo Carlotto, lo scrittore di “Arrivederci Amore, Ciao”, alcuni soggetti di quella generazione avevano convinzioni politiche non molto chiare ed approfondite.
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C’è stata una generazione allo sbando nel nostro paese. Una classe d’età che pur di comprarsi il biglietto per un mondo migliore ha intrapreso il cammino della forza armata. Quella generazione ormai è stata affondata dai risvolti della storia e cerca da tempo un modo per redimersi. Una maniera per rientrare nella società come esseri normali, assoggettati alle regole che un tempo essi combattevano e alle quali non ha più senso contrapporsi.
Per Massimo Carlotto, lo scrittore di “Arrivederci Amore, Ciao”, alcuni soggetti di quella generazione avevano convinzioni politiche non molto chiare ed approfondite. Ragazzi allo sbando che vedevano solo un modo per fuggire da un oppressivo ambito familiare. Questa sottile linea fra ideologia radicata e teoria politica superficiale la descrive molto bene Michele Soavi dirigendo la versione cinematografica del romanzo di Carlotto.
Anzi, per Soavi, non è tanto importante il background politico di Giorgio, il personaggio principale sia del racconto che del film, ma il distacco da esso ed il conseguente reinserimento nella società. Reinserimento arduo, difficile per persone come lui, che pur di girare in libertà sono disposti a denunciare i propri compagni di battaglia.
Costato quattro milioni e trecentomila euro, la produttrice Conchita Airoldi ha dovuto faticare non poco per trovare i finanziamenti per un film così complicato e pessimista. Inizialmente ha sottoposto la sceneggiatura ad una produzione francese, la Wild Bunch, che subito ha voluto partecipare al progetto e di conseguenza è venuta la RAI e la Mikado.
Quello che ci mostra il regista milanese è la discesa di Giorgio all’inferno. Un inferno fatto di poliziotti corrotti, locali per spogliarelliste, papponi, ricattatori, mafia e cocaina. In tutto questo l’ex terrorista non può che sguazzarci, lui che è stato capace di fare la spia e di uccidere il suo migliore amico a sangue freddo, con una pallottola dietro la schiena.
Entrando in questo pericoloso gioco per Giorgio il passato è ormai una sorta di maledizione. Non è un problema politico ma un impaccio, un ostacolo per la sua nuova vita; infatti, solamente compiendo altri omicidi e continuando a percorrere quel circolo vizioso potrà alla fine sbarazzarsene come un inutile peso.
Soavi, proveniente dai film horror di serie B, cerca di adattare i particolari deliri che delineano quel genere al racconto di Carlotto, mostrando così la nuova vita di Giorgio come una sorta di incubo e non una via verso la redenzione. Con questa ottica del tutto personale riesce ad equilibrare in maniera egregia sia il lato sociale (o storico) con quello personale ed intimo, facendo di Giorgio un emblema ambiguo ed inquietante dei tempi in cui viviamo. [-]
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Un film parzialmente riuscito, quello di Michele Soavi. Il personaggio principale è un caimano che tutto domina e tutto calpesta, purtroppo non egregiamente interpretato dal bell'Alessio Boni, forse non adatto a un ruolo così nero.
Per il resto questo film è un'occasione sprecata per parlare del terrorismo italiano, dei risvolti politici, ecc.
Rimane un buon film d'azione.
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Arrivederci hitchcock davvero, perchè l'angoscioso finale fatto di latti avvelenati ammicca falsamente a quelle atmosfere di di un cinema coinvolgente senza essere essere inutilmente crudele. Ma al di là di un'agonia troppo lunga, che a ben vedere inizia quasi a un quarto dalla fine del film, delude la superficialità con la quale si descrive la banalità della violenza, ma anche il compiacimento pretenzioso di molte inquadrature che da sole non fanno cinema, figurarsi quello di qualità. per quanto alessio boni abbia indubbiamente il physique du role, per quanto placido sia un divertente anche in un ruolo non particolarmente originale, nel film c'è poco da salvare. troppi episodi si accumulano, troppo rimane di non spiegato, e non basta lo straniante effetto prodotto dalla bellissima colonna sonora a far uscire soddisfatti dalla sala: si esce semmai con un inutile senso di angoscia.
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Arrivederci hitchcock davvero, perchè l'angoscioso finale fatto di latti avvelenati ammicca falsamente a quelle atmosfere di di un cinema coinvolgente senza essere essere inutilmente crudele. Ma al di là di un'agonia troppo lunga, che a ben vedere inizia quasi a un quarto dalla fine del film, delude la superficialità con la quale si descrive la banalità della violenza, ma anche il compiacimento pretenzioso di molte inquadrature che da sole non fanno cinema, figurarsi quello di qualità. per quanto alessio boni abbia indubbiamente il physique du role, per quanto placido sia un divertente anche in un ruolo non particolarmente originale, nel film c'è poco da salvare. troppi episodi si accumulano, troppo rimane di non spiegato, e non basta lo straniante effetto prodotto dalla bellissima colonna sonora a far uscire soddisfatti dalla sala: si esce semmai con un inutile senso di angoscia.
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[+] hitchcook non scherziamo (di kaisersose)[ - ] hitchcook non scherziamo
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difficile trovare un film piu' sgradevole, brutta l'idea del personaggio, cosi' irrimediabilmente tarato (ma chi l ha detto che saranno proprio cosi' gli ex terroristi?), che annienta con sua ottusa determinazione anche l'aspettativa di un qulunque colpo di scena,( delitti e cattiverie risultano annunciate), troppo spinti i personaggi, talmente caricati da risultare inverosimili. Cosi' resta da sperare che il libro sia qualcosa di meglio, anche se l idea di fondo che traspare getta fango su una realta' disperata della nostra storia, ma non necessariamente cosi' moralmente vergognosa. La cosa piu' triste e' che certe idee vengano ritenute tanto 'culturalmente valide' da indurre la Rai a produrne un film.
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difficile trovare un film piu' sgradevole, brutta l'idea del personaggio, cosi' irrimediabilmente tarato (ma chi l ha detto che saranno proprio cosi' gli ex terroristi?), che annienta con sua ottusa determinazione anche l'aspettativa di un qulunque colpo di scena,( delitti e cattiverie risultano annunciate), troppo spinti i personaggi, talmente caricati da risultare inverosimili. Cosi' resta da sperare che il libro sia qualcosa di meglio, anche se l idea di fondo che traspare getta fango su una realta' disperata della nostra storia, ma non necessariamente cosi' moralmente vergognosa. La cosa piu' triste e' che certe idee vengano ritenute tanto 'culturalmente valide' da indurre la Rai a produrne un film...Mi vergogno per tutti i giovani sceneggiatori, registi, di talento, che non godono di tali favori. Usiamo il cinema come arte, non la violenza come 'fonte di incassi'!
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