il cinefilo
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domenica 6 febbraio 2011
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strepitoso western all'italiana
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La vicenda è ambientata durante la rivoluzione messicana del 1917 in cui il bandito Chuncho guida,inconsapevolmente,un killer statunitense all'accampamento di un leader rivoluzionario...COMMENTO:Damiano Damiani(il regista)fonde magnificamente lo western all'italiana in purissimo stile Sergio Leone con quello americano di Sam Peckinpah(come si evince dalla grandiosità delle sequenze violente)e il risultato,quindi,è un grandissimo esempio di"speghetti-western"all'"americana"come se ne vedono pochi.
Gli interpreti sono quasi tutti epici(tra cui anche Klaus Kinski nel ruolo del prete bombarolo)ma Gian Maria Volontè(El Chuncho)è insuperabile grazie anche la sua battuta finale:"non comprare pane.
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La vicenda è ambientata durante la rivoluzione messicana del 1917 in cui il bandito Chuncho guida,inconsapevolmente,un killer statunitense all'accampamento di un leader rivoluzionario...COMMENTO:Damiano Damiani(il regista)fonde magnificamente lo western all'italiana in purissimo stile Sergio Leone con quello americano di Sam Peckinpah(come si evince dalla grandiosità delle sequenze violente)e il risultato,quindi,è un grandissimo esempio di"speghetti-western"all'"americana"come se ne vedono pochi.
Gli interpreti sono quasi tutti epici(tra cui anche Klaus Kinski nel ruolo del prete bombarolo)ma Gian Maria Volontè(El Chuncho)è insuperabile grazie anche la sua battuta finale:"non comprare pane...compra dinamite!"che non si dimentica per vivacità malgrado possa trasparire una strana ambiguità a livello ideologico.
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gianni lucini
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sabato 17 settembre 2011
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il western all’italiana spara sull’america
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Alcuni film del cosiddetto filone “terzomondista” del western all’italiana alzano il tiro e cominciano a uccidere il… padre. È l’evoluzione obbligata di un genere che nella seconda metà degli anni Sessanta non ha ancora conosciuto stanchezza. Dopo aver allargato, rovesciato e modificato i codici delle storie di frontiera statunitensi una parte degli artefici del western di casa nostra sente la necessità di sperimentare nuovi orizzonti anche geografici. Il Messico, con i suoi moti rivoluzionari e la contiguità territoriale con l’ingombrante colosso nordamericano diventa un po’ il luogo della fantasia, lo scenario ideale per queste storie costruite attingendo a nuove suggestioni.
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Alcuni film del cosiddetto filone “terzomondista” del western all’italiana alzano il tiro e cominciano a uccidere il… padre. È l’evoluzione obbligata di un genere che nella seconda metà degli anni Sessanta non ha ancora conosciuto stanchezza. Dopo aver allargato, rovesciato e modificato i codici delle storie di frontiera statunitensi una parte degli artefici del western di casa nostra sente la necessità di sperimentare nuovi orizzonti anche geografici. Il Messico, con i suoi moti rivoluzionari e la contiguità territoriale con l’ingombrante colosso nordamericano diventa un po’ il luogo della fantasia, lo scenario ideale per queste storie costruite attingendo a nuove suggestioni. In qualche caso ci si limita semplicemente a stare dalle parte dei ribelli, di chi è contro, senza preoccuparsi troppo di definire un nemico preciso al di fuori di un potere generico e prepotente come in Vamos a matar, compañeros di Corbucci. In altri invece si sceglie di accentuare l’antagonismo antiamericano pescando gli argomenti direttamente dalla realtà sociale e politica dell'Italia degli anni Sessanta. Deciso, diretto, in qualche caso duro al limite dell’ingenuità soprattutto nei dialoghi, Quien sabe? è un western sulla rivoluzioneche appartiene a quest’ultimo filone di cui, insieme a Tepepa e Requiescant, è considerato uno dei tre migliori episodi in assoluto. Scritto da Salvatore Laurani, che con Franco Solinas ne cura anche la sceneggiatura e che all’inizio sembra poter essere anche il regista, il film rimanda un po’, soprattutto nella costruzione dei rapporti tra i personaggi a Viva Zapata di Elia Kazan. Un curioso frequentatore di generi come Damiano Damiani si diverte anche a frantumare un po’ i codici del western all’italiana dettando nuove regole che verranno solennemente recepite anche da Sergio Leone in Giù la testa. La prima è che i protagonisti non sono più indifferenti amorali incapaci di pulsioni ideali complesse. Ciascuno dei personaggi di Quien sabe? è legato da un proprio codice morale: quasi un delirio mistico quello di El Santo, astuto e raffinato quello di Tate e più complesso quello di El Chuncho la cui maturazione rivoluzionaria è l’elemento su cui si regge la storia. Per capire quanto nel filone “terzomondista” l’antieroe non sia mai del tutto indifferente a ciò che gli succede intorno basta guardare la scena in cui El Chuncho, invitato dal generale Elias a stabilire lui stesso una pena per aver abbandonato la popolazione di San Miguel, si dichiara colpevole e si condanna a morte. Anche la figura delle donne non è soltanto di contorno visto che Adelita gioca più volte ruoli decisivi. Nessuno in questa storia è freddo come i pistoleri di frontiera e l’emotività gioca brutti scherzi a tutti, killer e antieroi compresi.
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carletto vecchiarelli
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lunedì 25 febbraio 2008
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l'eterna lotta tra ideali e arrivismo personale
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La rivoluzione messicana vista dagli occhi di un venditore di armi clandestino, che insieme alla sua banda di ladruncoli, assalta caserme, battaglioni governativi e treni custoditi.
Proprio nel sanguinoso assalto ad un treno El Chuncho (Gian Maria Volontè) si imbatte in un "gringo" , un americano che permette la riuscita dell'imboscata, e la razzia delle armi.
Sarà proprio il gringo a snaturare le convinzioni neppure troppo sicure del Chuncho, sempre in bilico tra la difesa delle proprie radici messicane e i soldi.
In un finale incandescente in cui le ambiguità dei due protagonisti vengono alla luce, si scoprirà chi veramente tiene a cuore il Messico e la rivoluzione.
Ottimi interpreti, da Volontè a Lou Castel nella parte dell'americano, fino a Klaus Kinski che interpreta il fratello di El Chuncho, e mescola fanatismo religioso, rivoluzione e piombo.
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La rivoluzione messicana vista dagli occhi di un venditore di armi clandestino, che insieme alla sua banda di ladruncoli, assalta caserme, battaglioni governativi e treni custoditi.
Proprio nel sanguinoso assalto ad un treno El Chuncho (Gian Maria Volontè) si imbatte in un "gringo" , un americano che permette la riuscita dell'imboscata, e la razzia delle armi.
Sarà proprio il gringo a snaturare le convinzioni neppure troppo sicure del Chuncho, sempre in bilico tra la difesa delle proprie radici messicane e i soldi.
In un finale incandescente in cui le ambiguità dei due protagonisti vengono alla luce, si scoprirà chi veramente tiene a cuore il Messico e la rivoluzione.
Ottimi interpreti, da Volontè a Lou Castel nella parte dell'americano, fino a Klaus Kinski che interpreta il fratello di El Chuncho, e mescola fanatismo religioso, rivoluzione e piombo.
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onufrio
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venerdì 1 agosto 2014
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io ti devo uccidere
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Western all'italiana diretto da Damiani, condotto da Volontè e musicato da Bacalov con la supervisione di Morricone. Western ambientato nel periodo della rivoluzione messicana dove El Chuncho assieme alla sua banda va in giro tra gli eserciti recuperando più armi possibili; l'incontro con un giovane americano di nome Bill Tate non intacca il programma della banda, anzi, lo facilita, visto che l'americano si dan subito si mostra collaborativo e voga nel loro senso, ma strada facendo verranno fuori i piani dello "yankee".
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elgatoloco
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martedì 27 agosto 2019
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volonté superstar, ma...
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"Quien sabe?"(qui con il punto di domanda classico, non alla spagnola, ossia doppio-rovesciato)di Damiano Damiani, 1966, è senz'altro rappresentativo di quel filone di spaghetti.western più che altro"politici", anche se"sotto mentite spoglie", ossia non dichiarati come tale, non espressi in quei termini, quella fase che vide registi non di western girarli, ma in questa chiave(di un anno dopo, mi pare, è il film"Requiescant"di Carlo Lizzani, con Pier Paolo Pasolini nel ruolo del "teologo della rivoluzione"-frate guerrigliero...). Klaus Kinski, per dire, qui è "Santo", un frate querrigliero, che richiama alla memoria decisamente Camilo Torres, il frate guerrigliero ucciso in Colombia in quell'anno stesso)-anche se qui siamo in Mexico, all'epoca della rivoluzione di Villa e Zapata, ma anche di tanti"colpi all'indietro"; di rivoluzionari che invece agivano per proprio tornaconto personale.
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"Quien sabe?"(qui con il punto di domanda classico, non alla spagnola, ossia doppio-rovesciato)di Damiano Damiani, 1966, è senz'altro rappresentativo di quel filone di spaghetti.western più che altro"politici", anche se"sotto mentite spoglie", ossia non dichiarati come tale, non espressi in quei termini, quella fase che vide registi non di western girarli, ma in questa chiave(di un anno dopo, mi pare, è il film"Requiescant"di Carlo Lizzani, con Pier Paolo Pasolini nel ruolo del "teologo della rivoluzione"-frate guerrigliero...). Klaus Kinski, per dire, qui è "Santo", un frate querrigliero, che richiama alla memoria decisamente Camilo Torres, il frate guerrigliero ucciso in Colombia in quell'anno stesso)-anche se qui siamo in Mexico, all'epoca della rivoluzione di Villa e Zapata, ma anche di tanti"colpi all'indietro"; di rivoluzionari che invece agivano per proprio tornaconto personale.... le cose non cambiano molto, anche perché il Mexico è comunque"Latinoamerica", anche se in altri paesi latinoamericani, in modo abbastanza assurdo i mexicanos sono visti come"Gringos".... Film ben diretto, in parte a tesi, in esso giganteggia Gian Maria Volonté. che impersona un venditore d'armi a favpre della rivoluzione, in realtà egli stesso di sentimenti rivoluzionari, mentre Lou Castel è il personaggio"ambiguo", che si rivela un killer gringo(lui sì)al servizio del gpverno legittimo-reazionario mexicano in mano ai latifondisti... sul contrasto/amcizia(ma poi....)tta i due s'incentra il film , dove è nptevole che i due fossero mossi, come attori ma sorpattutto come persone da concreti e reali ideali rivoluzioanri, fortissimi in Castel(tuttora, cfr, varie recenti interviste)come in VOlonté, per non dire di Kinski, Altri solidi attori Andrea Checchi e Carla Gravina, tra gli altri/le altre. Film anche accurato, non fosse che per la scelta di far recitare Volonté, qui al massimo(non è una critica, essendo ciò adatto al ruolo)del gigionismo, in un curioso impasto di italiano e spagnolo maccheronico(assolutamente maccheronico, come nota chi abbia anche solo un poìdi consuetudine con la lingua di Cervantes). El Gato
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