
Anno | 2025 |
Genere | Documentario |
Produzione | Palestina, Germania, Francia, Svizzera |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Kamal Aljafari |
Tag | Da vedere 2025 |
MYmonetro | Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 14 agosto 2025
Nel 2001, Kamal Aljafari e l'amico Hasan viaggiano a Gaza per cercare un ex compagno di cella, esplorando luoghi, volti e ferite della città.
ASSOLUTAMENTE SÌ
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In una serie di registrazioni risalenti al 2001 e ritrovate solamente di recente, Kamal Aljafari riporta alla luce un viaggio dell'epoca fatto a Gaza, in compagnia dell'amico Hasan. Il regista palestinese si era recato sul posto in cerca di un uomo con cui aveva brevemente condiviso una cella in prigione, più di dieci anni prima. Senza avere molte informazioni su di lui, i due si inoltrano per le strade di Gaza, parlano con gli abitanti, assistono alla distruzione già perpetrata dall'esercito israeliano, e si avventurano in auto nei territori fuori dalla città.
In questi anni di conflitto atroce a Gaza, il cinema multidimensionale e autoriflessivo di Kamal Aljafari si propone come complemento ideale alle testimonianze documentarie più dirette e lineari che hanno a che fare con l'attualità nelle terre palestinesi, ad esempio l'acclamato No Other Land.
Dopo A Fidai Film del 2024, Aljafari torna con un'opera più essenziale e anche più personale, ancora una volta basata sullo scarto temporale tra periodi diversi e sulla riflessione ontologica di quale sia il significato di un'immagine preesistente una volta che ne cambiamo il contesto. With Hasan in Gaza fa riferimento fin dal titolo a una memoria funzionale, coordinativa. È il nome con cui si archivierebbe un file per riferimento futuro, puramente denotativo del "dove" e "con chi". Aljafari allude a questa dimensione di reperto ri-presentato man mano che il suo girato in MiniDV di più di vent'anni fa scorre sullo schermo, pieno di momenti morti, di attese presenti che ripetono le attese dell'epoca. Prima intifada, seconda intifada, marcatori temporali che accompagnano la cronologia interna della storia del regista e che incombono sul nostro presente, ricordando i cicli di distruzione che ritornano ogni volta peggiori. Così facendo Aljafari forgia pian piano un loop esistenziale, che intrappola lo spettatore nei resti di un film mai esistito e di un passato che si ripete. "Nessun israeliano lo vedrà", dice Hasan a un uomo che entra nell'inquadratura per rassicurarlo, dopo aver chiesto ad Aljafari di non filmarlo. "Stiamo preparando un documentario che verrà mostrato tra molti anni". Promesse disattese e mantenute al tempo stesso, intenzioni che cambiano di senso nel tentativo di trovare un senso al reale.
La dicotomia "filmare/non filmare" tornerà spesso, con tanti bambini che invece chiedono espressamente all'uomo con la telecamera di fotografarli e di riprenderli, contenti di apparire mentre senza saperlo parlano a un futuro che troverà grandi difficoltà nel rendere visibile la loro esistenza e sofferenza. Se i bambini sono contenti di apparire, gli adulti chiedono che a essere riprese siano invece mura e abitazioni violate dai bombardamenti israeliani, in una protesta indignata che fa male a un pubblico consapevole del livello di distruzione ancora di là da venire. Non solo tra passato e futuro si muove Aljafari, però. C'è anche un livello più immediato, interno, che funziona nel ritmo e nelle variazioni di questo girovagare. In auto, con la musica dello stereo che accompagna i paesaggi, o a piedi, in una sorta di spirito psicogeografico estremo che re-immagina lo spazio urbano e le sue invasioni. In questa lenta accumulazione, alla fine arrivano in superficie anche i dettagli della ricerca di Aljafari, e della storia di quest'uomo misterioso con cui ha condiviso dei brevi momenti. Si tratta di un payoff narrativo inaspettato, che si registra quasi con colpevolezza dopo essere stati sintonizzati su un registro tanto più complesso della mera progressione interna. Eppure è là, accompagnato gentilmente da un finale toccante di stampo domestico che completa un impressionante tesseract di immagini e memoria, di monito e di profezia.
La trasparenza delle immagini è quella che lascia vedere il tempo attraverso lo spazio, inverte il rapporto tra l'esserci e lo sparire e si costituisce come testimonianza. Mostrare il passato per far vedere il presente, prima di ogni strategia drammaturgica o comunicativa: Gaza com'era, nel 2001, odissea nello spazio che separa le tre cassette MiniDV girate all'epoca da Kamal Aljafari, dal tempo degli [...] Vai alla recensione »