Prodotto da Sydney Sweeney e diretto da Michael Mohan, “Immaculate”, è un intrigante mix di body horror, thriller religioso, dramma psicologico che passa da una visione oscura e complottista della Chiesa all’indecifrabilità del Bene e del Male, dai misteri della fede all’importanza della libertà della scelta e dell’autodeterminazione (il corpo femminile e la negazione del diritto di disporne liberamente).
La sceneggiatura però risulta troppo superficiale nel trattamento di queste complesse tematiche e cede sotto i colpi della sua ambizione. Ciò malgrado la messinscena riesce ad organizzare efficacemente e con abilità una crescente tensione e angoscia, e a tratti si fa spettacolare e iperbolica.
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Prodotto da Sydney Sweeney e diretto da Michael Mohan, “Immaculate”, è un intrigante mix di body horror, thriller religioso, dramma psicologico che passa da una visione oscura e complottista della Chiesa all’indecifrabilità del Bene e del Male, dai misteri della fede all’importanza della libertà della scelta e dell’autodeterminazione (il corpo femminile e la negazione del diritto di disporne liberamente).
La sceneggiatura però risulta troppo superficiale nel trattamento di queste complesse tematiche e cede sotto i colpi della sua ambizione. Ciò malgrado la messinscena riesce ad organizzare efficacemente e con abilità una crescente tensione e angoscia, e a tratti si fa spettacolare e iperbolica.
La pellicola infatti, anche a livello tecnico e stilistico, può offrire soluzioni visive macabre estreme e disturbanti, un’accurata fotografia (firmata da Elisha Christian) che ben utilizza la luce naturale, un inquietante apparato scenografico, il ritmo concitato e un uso efficace del trucco prostetico.
Un film diseguale quindi, discretamente realizzato, che almeno può vantare una Sydney Sweeney credibile nel suo ruolo di protagonista (per come sa restituirci con convinzione una caratterizzazione umana e sensibile di Cecilia); alcune sequenze degne d nota; nonché un’atmosfera sinistra, macabra, carica di mistero e inquietudine. Un’opera che non da nulla di originale o di innovativo al filone e al genere di appartenenza, ma che si può ritenere tutto sommato accettabile seppur parzialmente riuscita.
Da confrontare con "Omen - L'origine del presagio" (2024, di Arkasha Stevenson) per le somiglianze di trama e ambientazione, e con "Il Presagio" (1976, di Richard Donner) di cui “Immaculate” può sembrare un suo prequel. Voto (in decimi): 5.50 / 6
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