La pellicola, sequel di “The War - Il pianeta delle scimmie” (2017), è il decimo film del franchise de “Il pianeta delle scimmie”, tratto dall'omonimo romanzo di fantascienza del 1963 di Pierre Boulle, nonché quarto capitolo della serie reboot.
Al posto di Reeves, dietro la macchina da presa c’è questa volta Wes Ball (la trilogia di “Maze Runner”), e la sceneggiatura è firmata da Josh Friedman, Rick Jaffa, Amanda Silver.
Sulla scia della precedente trilogia, anche questo nuovo (fluviale) capitolo mette al centro l’evoluzione delle Scimmie a discapito degli umani, e mai come in questa avventura l’uomo è stato così marginale, almeno nella prima parte, ma sempre fondamentale nell’economia delle nuove vicende.
Tecnicamente ineccepibile (vedi il comparto degli effetti speciali visivi, ma anche fotografia, scenografia e trucco), il film è spettacolare ed apprezzabile in quanto a messinscena, intrattenimento e bellezza delle immagini; un po’ meno convincente è però sul piano narrativo, dove risulta poco approfondito e piuttosto debole.
Ambientato tre secoli dopo gli ultimi eventi, la pellicola segue l’eredità di Cesare (la prima Scimmia a predicare l’unione tra uomini e primati, e a lottare contro la violenza); genera nuove situazioni, personaggi, conflitti (anche politici); ma lascia intatto il messaggio/monito riflessivo delle opere precedenti, ancora molto attuale (vedi nel mondo le tensioni tra gli Stati e le guerre territoriali che non diminuiscono ma si incrementano sempre di più come in un circolo vizioso difficile da spezzare).
L’ambientazione scenografica in sé è molto affascinante e totalmente naturale, e la vita sembra svolgersi come in un’era primitiva e selvaggia seppur in un mondo sci-fi post-apocalittico ormai consolidato; un futuro quindi possibile e realistico, dalle atmosfere cupe e decadenti che sceglie di collegarsi in quel lasso temporale tra la trilogia conclusa di recente e i classici degli anni ’70.
Al di là comunque della qualità visiva del film che resta elevata e curata, l’opera nel complesso non sembra incisiva, anzi, piuttosto spenta; colpa di una sceneggiatura convenzionale, generica, piena di cose già viste e assodate, che fatica a coinvolgere emotivamente lo spettatore e che banalizza anche i momenti più drammaticamente significativi o potenzialmente ricchi di pathos. Manca forse di un approccio originale e distintivo. Tutto si mantiene sul fedele rispetto dei dettami essenziali di un blockbuster di sicuro impatto; godibile certamente, ma anonimo e privo di soluzioni accattivanti; che resta sospeso tra la felice vena immaginifica (i resti della specie umana, le organizzazioni sociali delle Scimmie, etc.) e la matrice action/avventurosa più comune.
Si rende tuttavia interessante sul piano concettuale, soprattutto nella riflessione sulla paura della sostituzione etnica, dall’ingresso in scena degli umani sopravvissuti; oltre che nel confronto/scontro tra costoro e i primati. E su come le Scimmie si rendano sempre più simili negli atteggiamenti agli umani. Caratteristiche queste che rimandano sia alla natura distruttiva del Potere, sia alla volontà di convergenza salvifica o divergenza annientatrice da parte dell’Uomo o della Scimmia dal ciclo vitale della Natura.
Riflessioni stimolanti che purtroppo restano in superficie, alla pari di alcuni passaggi fondamentali della trama, che inficiano in parte una pellicola di discreta fattura. Un film di ripartenza che comunque rimane in sé piacevole, efficace dal punto di vista visivo e di intrattenimento assicurato. E che lascia allo spettatore perlomeno la curiosità di vedere gli sviluppi successivi di una storia che si colloca tra la fine dell’umanità e la crescita del regno delle Scimmie. Voto (in decimi): 6.75 / 7
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