mauridal
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martedì 23 gennaio 2024
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adesso è il film perfetto non il prossimo
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PERFECT DAYS Un film tenero, commovente, dove “adesso è adesso, la prossima volta è la prossima volta”, perché un film di Wenders è da vedere nel “qui ed ora”, da soli, in compagnia, con pensieri o senza, nell’assoluto piacere del cinema. Tutte le possibili considerazioni, le critiche e le riflessioni necessarie vengono dopo. Dunque, Perfect Days è proprio la musica di Lou Reed sentita e riproposta nella colonna sonora del film, che fa da protagonista alla visione complessiva.
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PERFECT DAYS Un film tenero, commovente, dove “adesso è adesso, la prossima volta è la prossima volta”, perché un film di Wenders è da vedere nel “qui ed ora”, da soli, in compagnia, con pensieri o senza, nell’assoluto piacere del cinema. Tutte le possibili considerazioni, le critiche e le riflessioni necessarie vengono dopo. Dunque, Perfect Days è proprio la musica di Lou Reed sentita e riproposta nella colonna sonora del film, che fa da protagonista alla visione complessiva. Il personaggio di Hirayama è un giapponese perfetto, educato, gentile e di buone maniere, molto misurato nelle parole e nei gesti. Vive una vita solitaria e ricca non di oggetti o soldi, ma di beni dell’anima e della mente. L’aspetto geniale del film è che il maturo uomo vive di un lavoro tutt’altro che intellettuale: pulisce i gabinetti di un parco pubblico in un moderno quartiere di Tokyo. L’idea del film nasce perché Wenders, inizialmente, aveva accettato di girare un documentario su Tokyo moderna e sui suoi nuovi parchi dotati di moderne toilette, ma poi si era convito di dover inventare un soggetto con altro sceneggiatore giapponese e dunque realizza il film. Il personaggio di Hirayama è davvero unico e quasi fuori tempo, immerso in una realtà insieme immaginata e vissuta, con tutti i lati positivi e negativi che la realtà offre, ma con un distacco e un filtro intellettuale che lo rendono più un filosofo orientale che un lavoratore comune dal mestiere umile. Noi spettatori di questo film, partecipi di una società occidentale basata sulla ricchezza, il guadagno e la competizione, non riusciamo a capire inizialmente come si possa accettare una vita così minimalista ma, con il procedere della storia, conoscendo meglio la vita e le scelte del protagonista, che comunica poco a parole, ma molto con gli sguardi e i silenzi, entriamo nella logica della storia che Wenders ci racconta. Apprezziamo dunque Hirayama, le sue fantasie, i suoi incontri con persone occasionali, tutto ciò che rende la sua vita un’accettazione del presente, ma con uno sguardo sognante verso un futuro di cose belle, incontri di persone amiche senza particolari legami o vincoli precisi. Il suo passato non viene ben raccontato, tuttavia, ad un punto della storia, troviamo una ragazza che lo saluta sulla scala di casa chiamandolo zio. Scopriremo che è la nipote scappata da casa, che lo ha raggiunto per farsi ospitare. L’uomo, inizialmente, fa fatica a riconoscere la ragazza come sua nipote ma, alla fine, accetta questa presenza che mette in discussione la sua vita solitaria, metodica ed essenziale e lo fa per un sincero e generoso desiderio di aiuto alla ragazza, che egli ricorda piccola e con cui aveva perso i contatti dopo che lui aveva lasciato la famiglia. Ecco la ragione e il motivo delle scelte di vita di un uomo che vuole vivere una vita senza un passato, fatta solo di un presente abbastanza tranquillo, di un lavoro umile ma, al contempo, di profondità di animo e tanti interessi culturali. Hirayama, infatti, legge molto, ama la fotografia, scatta molte foto con la macchina a pellicola e, non in ultimo, ascolta tantissima musica Rock di autori e cantanti moderni come Lou Reed, Patti Smith, Van Morrison, Nina Simone, Kings, tutta musica ascoltata in macchina con l’audiocassetta quando si sposta il giorno per lavorare. Anche noi spettatori di questo unico, grande film di Wenders ascoltiamo l’intera colonna sonora del film, godendo e condividendo tutte le musiche che sceglie il protagonista. Quando la nipote dovrà andarsene, poiché la madre, cioè la sorella di Hirayama, viene a prenderla, scopriamo che l’uomo, in realtà, proviene da una famiglia molto ricca che aveva lasciato per un altro modello di mondo, un mondo vissuto all’insegna della gentilezza d’animo e della generosità. Infine, quando Hirayama gioca con le ombre nel finale del film, richiama molto l’angelo del Cielo sopra Berlino, altro personaggio Wendersiano tra realtà e fantasia, che tutti ricordiamo. Dunque, possiamo senz’altro ammettere di essere usciti migliori dal cinema dopo aver visto questo film.
(Mauridal)
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cesare
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martedì 23 gennaio 2024
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un uomo senza tempo
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Al termine della proiezione entusiasti o annoiati. Il ritmo del film è lento, intenzionalmente. Il protagonista si muove in una Tokyo megalopoli del ventunesimo secolo con colonne sonore del ventesimo secolo ancora incise su cassette con cui ha un legame interiore. Il ritmo del secondo tempo è solo lievemente più veloce nonostante si diano le occasioni per cambiare il corso del film e del protagonista. E' un film "circolare", che non rientra nella struttura narrativa "situazione tranquilla-evento che cambia tutto-conflitto-apice del conflitto- risoluzione del conflitto-creazione di una situazione diversa e stabile" cui siamo tanto abituati da sorprenderci quando la struttura è diversa.
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Al termine della proiezione entusiasti o annoiati. Il ritmo del film è lento, intenzionalmente. Il protagonista si muove in una Tokyo megalopoli del ventunesimo secolo con colonne sonore del ventesimo secolo ancora incise su cassette con cui ha un legame interiore. Il ritmo del secondo tempo è solo lievemente più veloce nonostante si diano le occasioni per cambiare il corso del film e del protagonista. E' un film "circolare", che non rientra nella struttura narrativa "situazione tranquilla-evento che cambia tutto-conflitto-apice del conflitto- risoluzione del conflitto-creazione di una situazione diversa e stabile" cui siamo tanto abituati da sorprenderci quando la struttura è diversa. E in questo è apprezzabile. Il rapporto tra il protagonista e la natura (vista come ambiente da preservare dall'uomo, fotografata nelle foglie, - senza uomini - rigorosamente in analogico e in bianco e nero, archiviata anno per anno in un armadio con fotografie mai riviste, da tramandare ai posteri), la soddisfazione di essere nella condizione in cui è per il solo fatto di trovarcisi (aspetto un po' buddista), la ripetitività tutt'altro che ossessiva ma soddisfacente dei singoli atti quotidiani, la cura per il trascurabile, la ineluttabilità della vita, ma anche la incapacità (o piuttosto la non-volontà) di incidere sul corso della propria vita sono i tratti che percorrono il film. Un uomo felicemente solo e taciturno in una Tokyo caotica. Un solo oggetto è e rimane sempre sulla mensola prima della porta di ingresso, a differenza degli altri, mai spostato da lì: l’orologio, il tempo. Le cassette, la ripetitività, le fotografie archiviate, l'orologio: il protagonista è un uomo senza tempo. In Wenders niente accade per caso.
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rumon
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martedì 23 gennaio 2024
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la felicità è una scelta
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Deve esserci stato un tifone, nella vita di Hirayama, che fa l'uomo delle pulizie nei gabinetti di Tokio. In effetti non ci vengono forniti particolari sul suo passato; ma la sorella che viene a riprendere la figlia a casa di Hirayama e arriva con auto guidata da uno chaffeur ci fa capire che Hirayama dev'essere passato attraverso uno di quei lavacri della vita, dopo i quali può esserci solo o il suicidio o la rinascita. Hirayama rinasce, con una vita in cui il nuovo lavoro gli assicura l'invisibilità sociale, col vantaggio che nessuno di coloro che credono nelle gerarchie, nel successo e magari anche nel "merito" lo cercherà mai o si aspetterà o pretendere mai da lui qualcosa.
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Deve esserci stato un tifone, nella vita di Hirayama, che fa l'uomo delle pulizie nei gabinetti di Tokio. In effetti non ci vengono forniti particolari sul suo passato; ma la sorella che viene a riprendere la figlia a casa di Hirayama e arriva con auto guidata da uno chaffeur ci fa capire che Hirayama dev'essere passato attraverso uno di quei lavacri della vita, dopo i quali può esserci solo o il suicidio o la rinascita. Hirayama rinasce, con una vita in cui il nuovo lavoro gli assicura l'invisibilità sociale, col vantaggio che nessuno di coloro che credono nelle gerarchie, nel successo e magari anche nel "merito" lo cercherà mai o si aspetterà o pretendere mai da lui qualcosa. Ma con la nipote che cerca una pausa dalla vita come gliela impongono a casa e con la nuova collega, che condivide con lui l'etica del lavoro, si capisce bene fin da subito, senza bisogno do tante parole. Uno che invece usa tante parole è Takashi, il collega giovane che vive, sì, il momento, ma venendo trasportato come una foglia al vento. Il momento vissuto da Hirayama è invece il momento prezioso perché irripetibile, come le chiome degli alberi, che Hirayama fotografa ogni giorno: sempre uguali e sempre diverse. Vivere il momento non significa essere passivi, ma scegliere volta per volta a che cosa vogliamo dedicare il nostro tempo e che cosa vogliamo trattenere e che cosa lasciar andare. Film bellissimo, che ci ricorda che la libertà è una scelta, così come la felicità è pure una scelta e che entrambe nascono dall'essere in pace con sé stessi.
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cesare
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martedì 23 gennaio 2024
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un uomo senza tempo
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Al termine della proiezione entusiasti o annoiati. Il ritmo del film è lento, intenzionalmente. Il protagonista si muove in una Tokyo megalopoli del ventunesimo secolo con colonne sonore del ventesimo secolo ancora incise su cassette con cui ha un legame interiore. Il ritmo del secondo tempo è solo lievemente più veloce nonostante si diano le occasioni per cambiare il corso del film e del protagonista. E' un film "circolare", che non rientra nella struttura narrativa "situazione tranquilla-evento che cambia tutto-conflitto-apice del conflitto- risoluzione del conflitto-creazione di una situazione diversa e stabile" cui siamo tanto abituati da sorprenderci quando la struttura è diversa. E in questo è apprezzabile. Il rapporto tra il protagonista e la natura (vista come ambiente da preservare dall'uomo, fotografata nelle foglie, - senza uomini - rigorosamente in analogico e in bianco e nero, archiviata anno per anno in un armadio con fotografie mai riviste, da tramandare ai posteri), la soddisfazione di essere nella condizione in cui è per il solo fatto di trovarcisi (aspetto un po' buddista), la ripetitività tutt'altro che ossessiva ma soddisfacente dei singoli atti quotidiani, la cura per il trascurabile, la ineluttabilità della vita, ma anche la incapacità (o piuttosto la non-volontà) di incidere sul corso della propria vita sono i tratti che percorrono il film. Un uomo felicemente solo e taciturno in una Tokyo caotica. Un solo oggetto è e rimane sempre sulla mensola prima della porta di ingresso, a differenza degli altri, mai spostato da lì: l’orologio, il tempo. Le cassette, la ripetitività, le fotografie archiviate, l'orologio: il protagonista è un uomo senza tempo. In Wenders niente accade per caso.
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gabriella
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lunedì 22 gennaio 2024
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un''altra volta è un''altra volta, adesso è adesso
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Come si possono creare giorni perfetti, cosa dobbiamo aspettarci accada di imprevedibile, unico e travolgente per essere felici? Niente di così straordinario secondo Wim Wenders e il protagonista del suo ultimo bellissimo film, Hirayama un uomo di circa sessantanni che ogni mattina si alza, e dopo una serie di reiterati gesti , ogni giorno uguali e ogni giorno svolti con estrema cura e precisione, prende il van e va al lavoro che per dirla crudamente è quello di pulire i cessi pubblici di Tokio. Fin qui niente di significativo, non fosse che la dedizione e la meticolosità che sono proprie del suo essere, alleggeriscono e nobilitano un lavoro altrimenti pesante e poco gratificante, Hirayama è un uomo che sa farsi bastare ciò che possiede, cioè l’essenziale , non parla molto, anzi parla pochissimo, ma sa ascoltare, sa osservare e sa catturare la luce quando s’infiltra tra le fronde degli alberi, o guardare il cielo albeggiare al mattino, vive da solo, a rompere il silenzio sono le canzoni vintage che ascolta in musicassetta nel tragitto che lo porta al lavoro, la sera prima di addormentarsi legge un libro alla debole luce di una lampada e il giorno dopo si ricomincia con l’identico scenario.
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Come si possono creare giorni perfetti, cosa dobbiamo aspettarci accada di imprevedibile, unico e travolgente per essere felici? Niente di così straordinario secondo Wim Wenders e il protagonista del suo ultimo bellissimo film, Hirayama un uomo di circa sessantanni che ogni mattina si alza, e dopo una serie di reiterati gesti , ogni giorno uguali e ogni giorno svolti con estrema cura e precisione, prende il van e va al lavoro che per dirla crudamente è quello di pulire i cessi pubblici di Tokio. Fin qui niente di significativo, non fosse che la dedizione e la meticolosità che sono proprie del suo essere, alleggeriscono e nobilitano un lavoro altrimenti pesante e poco gratificante, Hirayama è un uomo che sa farsi bastare ciò che possiede, cioè l’essenziale , non parla molto, anzi parla pochissimo, ma sa ascoltare, sa osservare e sa catturare la luce quando s’infiltra tra le fronde degli alberi, o guardare il cielo albeggiare al mattino, vive da solo, a rompere il silenzio sono le canzoni vintage che ascolta in musicassetta nel tragitto che lo porta al lavoro, la sera prima di addormentarsi legge un libro alla debole luce di una lampada e il giorno dopo si ricomincia con l’identico scenario. Che poi non è affatto identico, ogni giorno è un giorno nuovo, siamo vivi, respiriamo, possiamo ammirare il sole che sorge e che tramonta, un’altra volta, sentire l’acqua massaggiante di una vasca sul corpo dopo una giornata di duro lavoro e mangiare un’altra volta l’insalata di patate al ristorante di Mama. Koji Yakusho riempie il film di silenziosa presenza, di quotidiana illuminazione, attraverso il suo sguardo ci addentriamo nella profondità delle sue emozioni, riusciamo a rallentare la corsa, a seguire i suoi ritmi, per due ore veniamo trasportati da una leggerezza che abbiamo dimenticato, ci viene voglia di saperne di più di quest’uomo metodico e apparentemente sereno, per scoprire che anche lui ha un passato, un dolore, qualcosa dal quale si è allontanato, ma non sappiamo cosa, nemmeno con l’ingresso di Niko, sua nipote, che dopo una litigata con la madre, si stabilisce per qualche giorno dallo zio. Sappiamo che i rapporti con la sorella sono difficili, e ancor più quelli con il padre, nel finale emergono sentimenti contrastanti, una commistione emotiva che si trasforma continuamente sulle note di “ I am feeling good”. Un film da vedere, da assaporare, istante per istante, sembra strano, ma non ci si annoia a guardare la quotidiana e solitaria routine di quest’uomo , si avverte dolcezza nelle impercettibili modificazioni di ogni attimo e ci lasciamo avvolgere dal kamorebi, quella luce che filtra tra le foglie degli alberi, prima di uscire e tornare alla nostra frenesia giornaliera.
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[+] un film per i miei imperfect days
(di tosi)
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lunedì 22 gennaio 2024
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perfetto, troppo perfetto...
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Tutto quadra nel film di W. Nulla rimane senza risposte e il Giappone è lo scenario ideale per un film che racconta il cinema e l'autobiografia del suo regista.
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giusy
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lunedì 22 gennaio 2024
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deludente
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Per quanto mi sia impegnata non sono riuscita a trovare un senso a questo film... Cheapu alla colonna sonora per il resto non vedo alcun messaggio...
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(di paolorol)
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roger
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domenica 21 gennaio 2024
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da non vedere
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monotono , tutti gesti ripetitivi per due ore. Non aspettatevi altro. L'ho voluto vedere per curiosità ma non ne vale la pena.
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(di paolorol)
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domenica 21 gennaio 2024
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perfect days
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Sono d'accordo...film dolcissimo ...lui un grande...ennesimo film estero che paragonato alla cinematografia italiana d'oggi ci fa vergognare...
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roger
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sabato 20 gennaio 2024
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da non vedere
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Non andrei rivederlo neanche se mi pagassero.
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(di paolorol)
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