claudia grossoni
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lunedì 29 gennaio 2024
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mah...
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Il film, pur lento, ripetitivo e totalmente privo di colpi di scena, non è noioso. Lo si assapora bene, è quasi piacevole, e questo aspetto, vista la semplicità e la debolezza della trama, è sicuramente un pregio. Da questo punto di vista, bravo Wenders. Il protagonista, un low profile abitante di Tokyo, ispira una serenità tutta orientale, direi zen. Costruire però un film, lunghetto peraltro, attorno a questo delicato personaggio, mi pare un po' un azzardo. Diciamo che è un racconto che non mi ha emozionata, ma non si pretende tanto. Il fatto è che non mi ha neanche indotto a una riflessione a film concluso, non vedo una morale della favola, un insegnamento da portarsi a casa.
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Il film, pur lento, ripetitivo e totalmente privo di colpi di scena, non è noioso. Lo si assapora bene, è quasi piacevole, e questo aspetto, vista la semplicità e la debolezza della trama, è sicuramente un pregio. Da questo punto di vista, bravo Wenders. Il protagonista, un low profile abitante di Tokyo, ispira una serenità tutta orientale, direi zen. Costruire però un film, lunghetto peraltro, attorno a questo delicato personaggio, mi pare un po' un azzardo. Diciamo che è un racconto che non mi ha emozionata, ma non si pretende tanto. Il fatto è che non mi ha neanche indotto a una riflessione a film concluso, non vedo una morale della favola, un insegnamento da portarsi a casa. Cosa voleva comunicare Wenders allo spettatore? Che la felicità (anche se il protagonista più che felice sembra in pace con sè stesso e col mondo, che è cosa ben diversa dall'essere felici) sta nelle piccole cose? Forse. Ma non mi pare una grande scoperta e comunque non credo sia questo il modo più efficace per sostenere tale tesi. Perchè l'uomo centellina così tanto le parole? Non si capisce, la sua riluttanza a parlare non aiuta a connotarlo. Ho letto in qualche altra recensione che probabilmente ha rotto col passato e ha trovato la sua nuova dimensione. Ma non mi pare che ci sia un minimo accenno ai suoi trascorsi, potrebbe anche aver condotto tutta la sua esistenza adulta facendo la vita che gli vediamo fare. Il personaggio della sorella col suv e l'autista ci induce a pensare che la loro famiglia di origine sia benestante? Ma potrebbe esserlo diventata lei con un buon matrimonio, invece, o con un impiego più prestigioso di quello del fratello. Apprezzabile lo spaccato sulla realtà giapponese, diversa da quella occidentale ma forse gli animi nostri e loro non così tanto lontani. Un documentario, più che un film. Ma ci sono documentari migliori, e film anche.
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(di roberto giordano)
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cristina bottino
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lunedì 29 gennaio 2024
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un gioiello
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E' un film straordinario. La bellezza nella vita quotidiana e nelle piccole cose, 123 minuti di poesia. Un protagonista a dir poco straordinario. Assolutamente da non perdere
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aldot
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domenica 28 gennaio 2024
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toccante
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Un film toccante. Nella semplicità delle azioni quotidiane e ripetitive Wenders sa far emergere tutta la poesia del vivere. Non sappiamo quello che è successo prima ne sappiamo cosa succederà dopo. Tutto è riportato al presente. Adesso è adesso, un'altra volta è un'altra volta.
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paola
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sabato 27 gennaio 2024
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la complessità della semplicità
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Bello, ma poteva durare un'ora in meno. il senso del film è racchiuso nella ripetizione, ma a volte si dilunga troppo. E' un uomo triste o felice a modo suo, e il finale è illuminante: ride ascoltando Nina Simone, sorride alla vita forse aspettando di incontrare la signora che gestisce il ristorante, che sembra essergli stata affidata, così, inaspettatamente.Come a dire che la vita può riservarti delle sorprese anche se sei ( forse o apparentemente) fermo..anche se non sei giovane, anche se swembri aver rinunciato a tutto, anche se ascolti la musica in cassette e non ti sei convertito al digitaale. Ottima musica, ma avrebbe potuto essere ancora meglio, o anocra di più.
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Bello, ma poteva durare un'ora in meno. il senso del film è racchiuso nella ripetizione, ma a volte si dilunga troppo. E' un uomo triste o felice a modo suo, e il finale è illuminante: ride ascoltando Nina Simone, sorride alla vita forse aspettando di incontrare la signora che gestisce il ristorante, che sembra essergli stata affidata, così, inaspettatamente.Come a dire che la vita può riservarti delle sorprese anche se sei ( forse o apparentemente) fermo..anche se non sei giovane, anche se swembri aver rinunciato a tutto, anche se ascolti la musica in cassette e non ti sei convertito al digitaale. Ottima musica, ma avrebbe potuto essere ancora meglio, o anocra di più..comunque Wenders è un grande regista, e il bell'attore anziano ( ma non poi così tanto, su) pure..film sulla riflessione, la meditazione, la semplicità, la necessità di fare il proprio dovere comunque, prendendosi cura, anche spirituale, di sè e degli altri
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sabato 27 gennaio 2024
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quando i giorni diventano perfetti senza desideri
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Sono perfettamente d'accordo con te. Il film mi ha emozionato molto,...con tranquilla serenità, specialmente nel rapporto tra la vita quotidiana del protagonista e quella notturna onirica, dove non c'è il..."bisogno"...di rivivere il passato. Il sogno è...forma artistica del vissuto e qui non c'è il bisogno di esorcizzare il passato attraverso il sogno, ma il presente del giorno si ripropone nel presente della notte. (Maurizio Moro)
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vittorio stano
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venerdì 26 gennaio 2024
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just a perfekt day
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Just a perfect day... you are going to reap just what you sow/ Proprio una giornata perfetta... Raccoglierai ciò che hai seminato. Ogni mattina, come in un rito, Hirayama ascolta l'inconfondibile voce roca di Lou Reed che canta "A perfect day durante il tragitto da casa sua al posto di lavoro: i bagni pubblici di Tokyo. La storia è di una semplicità disarmante. Assistere alla proiezione di Perfect days è stato come accompagnare Hirayama nei suoi "perfect days" quotidiani e rituali. Mi è venuto in mente Damiel, l'angelo vagante e invisibile dell'altro ottimo film di Wenders "Il cielo su Berlino" del 1987. Damiel/Bruno Ganz, osservava i berlinesi e ascoltava i loro pensieri. Hirayama, un magnifico Koji Yakusho, si sveglia di buon mattino, si lava i denti, si fa la barba, si spunta i baffi, annaffia , le sue piantine, indossa la tuta della sua ditta "Tokyo Public Toilet", si prende dall'automatico una lattina di caffè o bevanda analcolica, carica l'attrezzatura da lavoro sul suo furgoncino e va al lavoro.
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Just a perfect day... you are going to reap just what you sow/ Proprio una giornata perfetta... Raccoglierai ciò che hai seminato. Ogni mattina, come in un rito, Hirayama ascolta l'inconfondibile voce roca di Lou Reed che canta "A perfect day durante il tragitto da casa sua al posto di lavoro: i bagni pubblici di Tokyo. La storia è di una semplicità disarmante. Assistere alla proiezione di Perfect days è stato come accompagnare Hirayama nei suoi "perfect days" quotidiani e rituali. Mi è venuto in mente Damiel, l'angelo vagante e invisibile dell'altro ottimo film di Wenders "Il cielo su Berlino" del 1987. Damiel/Bruno Ganz, osservava i berlinesi e ascoltava i loro pensieri. Hirayama, un magnifico Koji Yakusho, si sveglia di buon mattino, si lava i denti, si fa la barba, si spunta i baffi, annaffia , le sue piantine, indossa la tuta della sua ditta "Tokyo Public Toilet", si prende dall'automatico una lattina di caffè o bevanda analcolica, carica l'attrezzatura da lavoro sul suo furgoncino e va al lavoro. Il suo lavoro è pulire con cura maniacale i bagni pubblici di Tokyo, moderne costruzioni progettate da architetti di grande prestigio, simili a piccoli templi. Hirayama, durante gli spostamenti sceglie dalla sua vasta collezione di audiocassette di musica rock-pop degli anni 60-70, quella che riordina, aggiusta il suo tempo: "The house of the rising sun" degli Animals, "It's a new down, it's a new day" di NIna Simone, ...e tanti altri hits. Non sa cosa sia Spotifay, da bravo baby boomer, tutto per lui è analogico. Alla solita ora si siede sulla stessa panchina in un parco a mangiare il solito sandwich, osservando e fotografando, con una vecchia macchina analogica, le fronde degli alberi e i riflessi di luce che giocano con rami e foglie. Pochi minuti, ma intensi, che esprimono il suo stato d'animo. E' una sensazione sfuggente, come i raggi di sole che filtrano tra le foglie degli alberi, Una sensazione magica e malinconica che gli/ci ricordano l'impermanenza e la mutevolezza di tutte le cose. Questo gioco di luce in giapponese si chiama "Komorebi". Hirayama si fa la doccia nei bagni pubblici e cena alla solita tavola calda "dopo una giornata di duro lavoro". Sempre lo stesso giorno della settimana porta i panni sporchi in lavanderia e a far sviluppare il rullino di foto... Inoltre gioca a "tris" con qualcuno che non conosce, fuma una sigaretta tossendo perchè non fumatore, consola un uomo che ne ha bisogno e accoglie la giovane nipote scappata di casa. Probabilmente nei riti della sua quotidianità, sembra che Hirayama abbia trovato un modo per curarsi le ferite che si porta dal passato. E' logico che anche lui ha un passato ed è doloroso, forse tragico. Non lo si evince chiaramente. Lo si intuisce dal colloquio avuto con la sorella venuta a riprendersi la figlia adolescente scappata di casa. La bella macchina costosa della sorella lascia intuire che nel passato Hirayama fosse benestante come la sorella e che abbia abbandonato lo stile di vita dedito a agi e consumi per abbracciare questo, privandosi risolutamente del superfluo e quindi inutile. Casa sua ha l'essenziale. Ha una grande libreria fornitissima. Legge molto, soprattutto letteratura giapponese e americana, Faulkner, ad esempio. Dal suo volto traspaiono sentimenti lievi: malinconia, preoccupazione, gioia ma vince su tutti una profonda quiete. Hirayama riesce a incanalare le pulsioni distruttive nel bene comune, nel rispettare la natura e le vite degli altri. Hirayama mette la sua vita al servizio dei suoi concittadini e della sua città con profondo impegno e rispetto. Hirayama è consapevole di tutto, è capace di essere felice dei komorebi, delle piantine da crescere, della musica da ascoltare, del libro comprato e condiviso, delle cose che danno consistenza reale, di cui prendersi cura con responsabilità giorno dopo giorno, da amare, senza recriminare, lamentarsi. Piuttosto rimane in silenzio , in ascolto, indugiando. Perfect Days è un ottimo film come gli altri film di Wenders, mai banali. Mi hanno sempre convinto che abbiamo a che fare con uno dei migliori registi al mondo. Il migliore della cinematografia tedesca contemporanea. I film di di Wenders invitano a un "viaggio" inteso come ricerca di se stessi. La tematica era evidente anche nel capolavoro "Paris-Texas" del 1984. Perfect Days ripercorre questa tematica. I film di Wendwers non credono nella Storia, nella trama: si basano esclusivamente sui personaggi e sulle varie situazioni in cui essi si vengono a trovare. Hanno tutti un grande desiderio di ritrovarsi e riprendere un percorso interiore a cui altri non hanno accesso. Perfect Days trasmette l'importanza dei riti che stabilizzano la vita umana, l'importanza dell' usare le cose e di viverle, rispetto al "consumarle". I riti fanno vivere il presente accettando la fugacità della vita e assaporare la bellezza respiro dopo respiro, abitare la terra e il cielo piuttosto che precipitare nell' inconsistenza della realtà virtuale. Wenders mette in scena la speranza che non vinca il predominio della autoreferenzialità narcisistica, che si possa ancora creare un autentico rapporto con l'Altro e con il mondo. VITTORIO STANO
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dionigi filippini
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venerdì 26 gennaio 2024
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perfect per dormire
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Unica cosa interessante...la musica il resto una noi incredibile
Non dico altro per non offendere nessuno
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(di paolorol)
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valentina romano
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giovedì 25 gennaio 2024
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perfect days, simple life
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Il film di Wenders e’ un bellissimo Inno alla Vita. Semplice e allo stesso tempo intenso, come la routine della nostra quotidianità. Esaltazione dell’importanza di restare “centrati” e farsi avvolgere sempre dalle “banali” meraviglie che ci circondano. Anche se sembrano essere sempre le stesse, ci trovano sempre diversi. Ti è mai capitato di sentire esplodere improvvisamente dentro di te una felicità inspiegabile perché non stai facendo nulla di particolare? Ecco quella è la Vita che si fa sentire.
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Il film di Wenders e’ un bellissimo Inno alla Vita. Semplice e allo stesso tempo intenso, come la routine della nostra quotidianità. Esaltazione dell’importanza di restare “centrati” e farsi avvolgere sempre dalle “banali” meraviglie che ci circondano. Anche se sembrano essere sempre le stesse, ci trovano sempre diversi. Ti è mai capitato di sentire esplodere improvvisamente dentro di te una felicità inspiegabile perché non stai facendo nulla di particolare? Ecco quella è la Vita che si fa sentire. Non ti è mai capitato o non ti succede da tempo? Allora forse dovresti sentirti di piu’, forse dovresti smettere di fare il dirigente di azienda e magari diventare un contadino, un regista, un cuoco… pulire i bagni pubblici. E’ cio’ che ho percepito forte e chiaro in “Perfect Days”. Un concetto talmente semplice da essere difficilissimo da comprendere. Infine …la genialità è stata quella di ambientare questo film a Tokyo: “espressione” massima dei numerosissimi mondi diversi che convivono “spesso senza connettersi mai”. Mi è venuta una gran voglia di ritornarci ….
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valentina romano
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giovedì 25 gennaio 2024
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chiediti se sei felice
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Il film di Wenders e’ un bellissimo Inno alla Vita. Semplice e allo stesso tempo intenso, come la routine della nostra quotidianità. Esaltazione dell’importanza di restare “centrati” e farsi avvolgere sempre dalle “banali” meraviglie che ci circondano. Anche se sembrano essere sempre le stesse, ci trovano sempre diversi. Ti è mai capitato di sentire esplodere improvvisamente dentro di te una felicità inspiegabile perché non stai facendo nulla di particolare? Ecco quella è la Vita che si fa sentire. Non ti è mai capitato o non ti succede da tempo? Allora forse dovresti sentirti di piu’, forse dovresti smettere di fare il dirigente di azienda e magari diventare un contadino, un regista, un cuoco… pulire i cessi pubblici.
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Il film di Wenders e’ un bellissimo Inno alla Vita. Semplice e allo stesso tempo intenso, come la routine della nostra quotidianità. Esaltazione dell’importanza di restare “centrati” e farsi avvolgere sempre dalle “banali” meraviglie che ci circondano. Anche se sembrano essere sempre le stesse, ci trovano sempre diversi. Ti è mai capitato di sentire esplodere improvvisamente dentro di te una felicità inspiegabile perché non stai facendo nulla di particolare? Ecco quella è la Vita che si fa sentire. Non ti è mai capitato o non ti succede da tempo? Allora forse dovresti sentirti di piu’, forse dovresti smettere di fare il dirigente di azienda e magari diventare un contadino, un regista, un cuoco… pulire i cessi pubblici. E’ cio’ che ho percepito forte e chiaro in “Perfect Days”. Un concetto talmente semplice da essere difficilissimo da comprendere. Infine …la genialità è stata quella di ambientare questo film a Tokyo: “espressione” massima dei numerosissimi mondi diversi che convivono “spesso senza connettersi mai”. Mi è venuta una gran voglia di ritornarci ….
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wendy
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mercoledì 24 gennaio 2024
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convergenze parallele
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CONVERGENZE PARALLELE
Perfect Days (il film) è poesia anche...
Soprattutto sedimentazione residuale di filosofia.
Filosofia orientale filtrata attraverso una mente occidentale che innesta nei gesti e nelle scelte del suo protagonista il lascito di una cultura mitteleuropea, devastata da lustri di disuso.
HIRAYAMA è un San Francesco con occhi orientali: abbandona la complessità della sua classe sociale per lambire la linearità di un presente che non proietta futuro. E' il "qui e ora". Il "carpe diem" oraziano: la dottrina epicurea della gioia dignitosa della vita.
HIRAYAMA empatizza con la natura: da curare, da contemplare.
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CONVERGENZE PARALLELE
Perfect Days (il film) è poesia anche...
Soprattutto sedimentazione residuale di filosofia.
Filosofia orientale filtrata attraverso una mente occidentale che innesta nei gesti e nelle scelte del suo protagonista il lascito di una cultura mitteleuropea, devastata da lustri di disuso.
HIRAYAMA è un San Francesco con occhi orientali: abbandona la complessità della sua classe sociale per lambire la linearità di un presente che non proietta futuro. E' il "qui e ora". Il "carpe diem" oraziano: la dottrina epicurea della gioia dignitosa della vita.
HIRAYAMA empatizza con la natura: da curare, da contemplare. Un panismo, variante di quel panteismo stoico immanente alla vita e non trascendente.
HIRAYAMA fissa in immagini la luce che filtra tra l foglie degli alberi: blocca in uno scatto l'impermanenza di ciò che muta costantemente. Colleziona foto: ognuna necessariamente diversa. "Komorebi" come "panta rei": l'eterno divenire del fiume di Eraclito.
HIRAYAMA è lo Zen incistato nel background di Wenders
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[+] sono ignorante, lo so
(di roberto giordano)
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[+] wim wenders novello schopenhauer
(di paul hackett)
[ - ] wim wenders novello schopenhauer
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