jonnylogan
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venerdì 15 dicembre 2023
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roma maledetta
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Stefano Sollima, coautore assieme a Stefano Bises di sceneggiatura e soggetto, mette presumibilmente la parola fine alla parabola narrativa della criminalità Romana d'un tempo, seguendo la fuga di Manuel, Giacomo Franchini, capace di permeare la figura del sedicenne figlio di Daytona (Toni Servillo) con tutti i tratti caratteriali di un adolescente allo sbando cresciuto senza i punti di riferimento di un padre un tempo temuto e oggi deriso perché vittima di una malattia spietata come la demenza senile.
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Stefano Sollima, coautore assieme a Stefano Bises di sceneggiatura e soggetto, mette presumibilmente la parola fine alla parabola narrativa della criminalità Romana d'un tempo, seguendo la fuga di Manuel, Giacomo Franchini, capace di permeare la figura del sedicenne figlio di Daytona (Toni Servillo) con tutti i tratti caratteriali di un adolescente allo sbando cresciuto senza i punti di riferimento di un padre un tempo temuto e oggi deriso perché vittima di una malattia spietata come la demenza senile. Allo stesso modo anche i due ex sodali di Daytona non se la passano molto meglio. Non certo il non vedente Palniuman (Valerio Mastandrea) che risiede nel solaio di un condominio fatiscente. E nemmeno Cammello, il dimagritissimo, per l'occasione, Pierfancesco Favino, ex carcerato con un vecchio conto personale da saldare proprio con il padre di Manuel.
Sullo sfondo Roma come l'abbiamo già vista in più occasioni, ovvero non la cartolina patinata offertaci nelle pellicole dei '60, ma un luogo crepuscolare attanagliato da traffico e degrado. L’ultimo film che ci ha offerto questo spaccato: Siccità, di Paolo Virzì (id.; 2022). In tal caso però non è più l'assenza di acqua e l'arrivo di una febbre mortale che contraddistinguono la narrazione, ma un incendio che pare indomabile e un via vai di continui blackout che non danno tregua a una capitale il cui tratto predominante sembra sempre l'essere vista attraverso i propri scorci più cupi e tetri.
L’autore sa dosare tutti gli elementi in proprio possesso: tre criminali perfettamente caratterizzati contro altrettanti tutori della legge, fra i quali spiccano Adriano Giannini e Francesco Di Leva, che però hanno preferito passare ai ricatti in cambio di molto denaro. La pellicola funzionerebbe quindi grazie anche alle eccellenti interpretazioni di tutti, con una particolare menzione per l’esordiente Giacomo Franchini che grazie al ruolo di Manuel ha vinto il Nuovo Imaie Talent Award 2023. Al tempo stesso l'idea è che il regista abbia preferito giocare in un terreno a lui consono, in cui non dover andare oltre a quello che già ci ha mostrato in passato. Purtroppo dal talento di Sollima esigiamo ben altro rispetto a una pellicola che si adagia sulla comodità del 'già visto' ma capiamo che, per chi è digiuno di un certo cinema d'azione, declinato in maniera differente, la caccia all'uomo possa essere intrigante esattamente quanto la redenzione dei tre ex malavitosi.
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nino pellino
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venerdì 19 gennaio 2024
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inconfondibile lo stile del regista
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Il regista Stefano Sollima, con questa sua ultima fatica cinematografica, non si discosta dal suo inconfondibile stile. Ancora una volta i riflettori vengono puntati su una serie di personaggi attraverso i quali emerge un mondo sotterraneo fatto di corruzione e di malavita e tutto questo scenograficamente rappresentato da inquadrature che spesso risaltano una Roma spettrale e notturna, illuminata perlopiù da luci in chiaroscuro. Tra i protagonisti della vicenda di questo film abbiamo alcuni poliziotti che si vendono per soldi ad un losco uomo di affari, un sedicenne che si trova coinvolto suo malgrado in un giro pericoloso e probabilmente senza via di uscita e poi alcuni uomini, diciamo, in pensione che un tempo facevano parte della banda della Magliana.
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Il regista Stefano Sollima, con questa sua ultima fatica cinematografica, non si discosta dal suo inconfondibile stile. Ancora una volta i riflettori vengono puntati su una serie di personaggi attraverso i quali emerge un mondo sotterraneo fatto di corruzione e di malavita e tutto questo scenograficamente rappresentato da inquadrature che spesso risaltano una Roma spettrale e notturna, illuminata perlopiù da luci in chiaroscuro. Tra i protagonisti della vicenda di questo film abbiamo alcuni poliziotti che si vendono per soldi ad un losco uomo di affari, un sedicenne che si trova coinvolto suo malgrado in un giro pericoloso e probabilmente senza via di uscita e poi alcuni uomini, diciamo, in pensione che un tempo facevano parte della banda della Magliana. In base alle mie impressioni personali, ho trovato che il film raggiunge le vette più alte di bellezza ad esempio nel corso dei dialoghi tra il personaggio chiamato Daytona interpretato da Toni Servillo e il poliziotto corrotto di nome Vasco interpretato invece da Adriano Giannini, oppure la sparatoia finale nella stazione di Roma nel corso delle scene finali. In circostanze come queste mi sento di dire che ancora una volta il regista Stefano Sollima ha fatto perfettamente centro. Ma più in generale ho trovato la storia molto bella e narrativamente solida, supportata in tal caso da attori italiani di primo livello. Una pellicola fascinosamente decadente, noir, per un regista che sta facendo scuola nel suo genere.
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ralphscott
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martedì 26 dicembre 2023
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scegli oggi il tuo domani.
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Sollima é ormai una firma da seguire a prescindere dalle recensioni, un film maker straordinario. In quest'opera - ancora una volta cupa, estrema ma, ancora una volta, senza eccessi e compiacimento - gli attori si muovono con credibilità e forza espressiva. Apre Favino, difficile da riconoscere, sulle prime, e via via ci godiamo una galleria di attori eccellenti: Servillo il solito mostro di bravura, sino al faccino che rivedremo sicuramente, con gli occhioni di Manuel. Il ragazzo, senza speranza (?) si muove lungo i marciapiedi della metro mentre lo spietato Giannini vorrebbe abbatterlo e, sullo sfondo, un manifesto pubblicitario recita ironicamente: "Scegli oggi il tuo domani".
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Sollima é ormai una firma da seguire a prescindere dalle recensioni, un film maker straordinario. In quest'opera - ancora una volta cupa, estrema ma, ancora una volta, senza eccessi e compiacimento - gli attori si muovono con credibilità e forza espressiva. Apre Favino, difficile da riconoscere, sulle prime, e via via ci godiamo una galleria di attori eccellenti: Servillo il solito mostro di bravura, sino al faccino che rivedremo sicuramente, con gli occhioni di Manuel. Il ragazzo, senza speranza (?) si muove lungo i marciapiedi della metro mentre lo spietato Giannini vorrebbe abbatterlo e, sullo sfondo, un manifesto pubblicitario recita ironicamente: "Scegli oggi il tuo domani". L'accanimento verso lo scomodo testimone mi fa pensare che ci sia anche una malata forma di invidia. Si, il più spietato dei tre poliziotti corrotti - Vasco - non tollera l'amore estremo che Servillo, seppur padre adottivo, ma soprattuttto Favino, dimostrano verso il giovane sbandato. Giannini, infatti, pare dedicarsi e far tutto per i due figlioli, ma per sbarcare il lunario, da padre separato, cade nell'errore e sprofonda in una spirale di crimine e, appunto, malcelata e malsana invidia. Il legame tra Cammello (Favino), sopravvissuto all'adorato figlio morto tragicamente, ed il ragazzino si fortifica via via ed alcune sequenze intime che li riguadano sono particolarmente toccanti, molto intense, commuovono. Roma é sapientemente raccontata, tra continui blackout ed un grande incendio che esaspera il calore insostenibile di quei mesi estivi. Ho visto il film e nei giorni a seguire, purtroppo, ecco l'incendio di Malagrotta, ma pure la corrente che salta e ferma la diretta della finale dello show di punta della Rai, di sabato sera.
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fabriziog
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domenica 31 dicembre 2023
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film avvincente e convincente
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Fra i tempi musicali lenti troviamo l’adagio, che, come direbbe Sartre, è anche un avverbio che esaspera la lentezza di un movimento, ma persino un film, “Adagio” di Stefano Sollima, che porta sul Grande Schermo un’azione scenica in totale contrasto con avverbio e sostantivo.
Il sottobosco suburbano e dell’anima percorre le rotaie di esistenza fatte di baccanali orgiastici e dionisiaci moderni, non certamente dissimili da quelli antichi, lungo pendii di storie di corruzione in divisa, nella cornice di una nuova Suburra romana puntellata di volti pasoliniani, visi efebici e donne boccaccesche e felliniane.
Al ritmo del rap ed house, ma anche delle sonorità del Califfo, i migliori attori della cinematografia italiana (Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Valerio Mastandrea, accompagnati da un ottimo Adriano Giannini) fanno vivere le ultime battute degli epigoni degli uomini della Banda della Magliana.
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Fra i tempi musicali lenti troviamo l’adagio, che, come direbbe Sartre, è anche un avverbio che esaspera la lentezza di un movimento, ma persino un film, “Adagio” di Stefano Sollima, che porta sul Grande Schermo un’azione scenica in totale contrasto con avverbio e sostantivo.
Il sottobosco suburbano e dell’anima percorre le rotaie di esistenza fatte di baccanali orgiastici e dionisiaci moderni, non certamente dissimili da quelli antichi, lungo pendii di storie di corruzione in divisa, nella cornice di una nuova Suburra romana puntellata di volti pasoliniani, visi efebici e donne boccaccesche e felliniane.
Al ritmo del rap ed house, ma anche delle sonorità del Califfo, i migliori attori della cinematografia italiana (Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Valerio Mastandrea, accompagnati da un ottimo Adriano Giannini) fanno vivere le ultime battute degli epigoni degli uomini della Banda della Magliana.
Narrazione avvincente e convincente immersa nei fumi tossici di uno dei tanti incendi di rifiuti che hanno avviluppato la periferia romana, incorniciata in una fotografia a tinte accentuatamente accese di una Roma infuocata dai rovi e dal caldo asfissiante estivo.
I bassifondi che fungono da set della malavita ruotano intorno al primo tratto della Tangenziale Est della Capitale, riportando la memoria dello spettatore a “Suburra” (film e serie), “Non essere cattivo” e a “Lo chiamavano Jeeg Robot”.
Film che, come tutti quelli del filone cui appartiene, fa uscire l’ibristofilia che è in noi.
Fabrizio Giulimondi
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