Ho amato la metafora della principessa nel castello con tutti gli elementi:
Lei alla finestra e i principi azzurri sotto; Il castello con le mura e il fossato; Il principe azzurro con il suo cavallo (motorino); Le sorellastre (fidanzata di Ciro e sue amiche); Il villain (il Mariuolo che poi si rivela davvero poco villain) confinato nella prigione appena fuori dalle mura; L’uomo (Don Gennaro) che, in assenza di un vero re buono e giusto, ha preso il potere e dal suo trono immobile (non lo vediamo mai lontano da casa sua) prova a comandare e decidere per tutti; L’incipit del film con il rossetto e lo specchio delle mie brame che risponde ad Anna tramite la voce di Anna “si bbella” (o qualcosa del genere, mi pare)
E ho anche amato che alla fine il principe azzurro presunto non lo fosse proprio, anzi. E che non ci fosse un vero principe azzurro ma una serie di figure che fanno del loro meglio in un affannarsi molto tenero e commovente pieno di inciampi e tentativi di rimediare (penso soprattutto alla mamma di Anna e al papà di Peppino).
La Madonna sulle scale: che bellezza. Tradizione, scaramanzia, valori ridotti a rituali un po’ vuoti che si trasformano e diventano specchio, controllo, esaltazione dell’esteriorità quasi sacrilega. Ci ho visto un antenato dell’i phone e dei social in quello specchio.
Mi ha colpito molto il ruolo del papà. In generale, di tutti. Soprattutto il papà è assente. Non c’è il papà di Anna, non c’è quello di Ciro, non c’è quello della fidanzata di Ciro. Non c’è nemmeno un nonno (che quindi è papà) che possa aiutare. C’è il papà di Peppino che si riscatta però solo alla fine e che cerca di salvare la sua famiglia ma che per tutto il film si muove goffamente tra il timore di Don Gennaro e l’ideale di un’educazione dal pugno forte che però è poco capace di portare avanti, diventando quasi grottesco e umiliando anche sé stesso quando cerca di impartire una lezione memorabile al figlio. E poi c’è il papà Mariuolo che cita la figlia di sfuggita ma ci fa capire quanto la figlia sia la sua parte bella che lo salva dal commettere un crimine forse anche peggiore di quello per cui si nasconde.
Mi ha colpito molto l’atmosfera quasi da sogno che si percepisce in tutto il film nonostante le vicende siano calate in una realtà così concreta e vera: il calcio e Maradona, la demolizione incombente degli edifici, la luce spesso abbacinante, la polvere e la strada. Eppure c’è sempre qualcosa di astratto e intangibile, onirico appunto.
Da mamma poi mi è rimasto quel senso di paura e impotenza nel vedere quanto facile sia mettersi in pericolo quando l’età dell’innocenza lascia spazio, ad intermittenza, alla voglia e all’ineluttabile destino di diventare grandi. E mi è rimasta anche un po’ la frustrazione di quanto sia difficile comunicare con un adolescente.
Ci sono sicuramente altre cose che mi piacerebbe dire e tutta una serie di cose che ho letto come simboli: il poster di Samatha Fox, gli occhialoni della mamma di Anna ad esempio. Oppure la tenerezza che mi hanno fatto i caroselli per la vittoria del Napoli.
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