Premetto che sono un amante del cinema di Damien Chazelle, credo pienamente nella sua arte, nei sognatori, negli artisti, nei folli che i suoi film raccontano, quei folli che d'inverno decidono di buttarsi nella Senna e che sarebbero disposti a farlo ancora e ancora, perché ne è sicuramente valsa la pena.
La riflessione sul cinema e dunque sull'arte che è stata potentemente portata sullo schermo con Whiplash, La La Land e First Man, trova in Babylon la sua più perfetta espressione, opera barocca che sembra incarnare ciò che lo stesso Marino nel '600 e Novalis nell'800 pensavano dell'arte della poesia: un rompimento delle regole e una follia secondo regola. Dimenticate la volontà di ricercare un consenso generale, un buon successo commerciale; dimenticate la sala cinematografica come se fosse un balsamo sui capelli che ci faccia dimenticare tutto il resto per alcune ore. No, il cinema, la musica, dunque l'arte secondo Chazelle, è vitalistica, sanguigna, animalesca, madida di sudore, erotica, sovrabbondante, smisurata, multiforme, policromatica. È un accumulo e una profusione esagerata di energie che sono interamente finalizzate alla realizzazione di un monologo perfetto, di un bacio perfetto, di una lacrima perfetta che cade in tempi perfetti nella più assoluta spontaneità, nella più genuina vitalità, nella più incontrollata delle passioni: quella, appunto, per l'arte. Una follia? Sì. Un'imperfezione, un'esagerazione? Sì. Può un'orchestra di musicisti definire il ritmo di un'orgia, che per definizione è una festa all'insegna della sfrenatezza, dunque dell'assenza di ogni armonia? Ebbene sì, Babylon ci pone di fronte questo quesito e ne è pure la risposta. L'arte, in poche parole, vive di irrisolvibili contrari, si nutre di essi e s'inebria fino a perdere totalmente il controllo, fino a diventare una mescolanza inarrestabile di colori, movimenti, suoni, immagini, volti, cineprese che guardano se stesse all'infinito, e uno sguardo consapevole eppure sperso che sembra essere quello del puro cinema, che ci guarda e ci chiede di continuare a credere nel suo potere, nonostante tutto, nonostante la babilonia nella quale nasce, vive, muore e risorge da sempre.
Un film da farti venire il mal di testa, una potente riflessione sull'arte, una narrazione disordinata, una magnificenza visiva: Babylon è tutto questo, un tour de force delle grandi trasformazioni del cinema la cui ambizione è quella di racchiudere, stravolgere, gonfiare, distruggere e far risorgere con una nuova potenza tutta la vita del cinema, la vita dell'arte e di coloro che per essa vivono.
Che altro dire: la migliore opera di Chazelle.
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