felicity
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lunedì 15 novembre 2021
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una boccata d’aria e d’intelligenza
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The Mauritanian è il film sul prigioniero di Guantanamo ingiustamente detenuto per 14 anni. Doveva essere un documentario. Invece la storia paradossale di Mohamedou Ould Slahi è diventata un super lavoro hollywoodiano.
The Mauritanian è il classico film per il quale viene richiesta un’adesione tale al realismo e alla ricostruzione, che ha portato Tahar Rahim a dimagrire sotto controllo medico. È l’idea americana di immedesimazione e messa in scena di qualcosa di drammatico che passa necessariamente per una modifica evidente del fisico, non un trucco, bensì una sofferenza vera esterna al copione (perché la dieta dell’attore avviene prima delle riprese) che aumenta il valore simbolico del titolo stesso.
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The Mauritanian è il film sul prigioniero di Guantanamo ingiustamente detenuto per 14 anni. Doveva essere un documentario. Invece la storia paradossale di Mohamedou Ould Slahi è diventata un super lavoro hollywoodiano.
The Mauritanian è il classico film per il quale viene richiesta un’adesione tale al realismo e alla ricostruzione, che ha portato Tahar Rahim a dimagrire sotto controllo medico. È l’idea americana di immedesimazione e messa in scena di qualcosa di drammatico che passa necessariamente per una modifica evidente del fisico, non un trucco, bensì una sofferenza vera esterna al copione (perché la dieta dell’attore avviene prima delle riprese) che aumenta il valore simbolico del titolo stesso.
La storia di un uomo che per colpa del governo degli Usa ha sofferto 14 anni, ma si ha l'impressione che il film sia stato un po' troppo generico nell'affrontare la storia vera di Mohamedou Ould Salahi e che in questo modo abbia perso per strada alcuni degli spunti narrativi più fertili.
Jodie Foster interpreta uno di quei ruoli che le riescono meglio, per certi versi simile a quello della Clarice del Silenzio degli Innocenti: una donna di grande durezza (per la professione che svolge e per il contesto nel quale la svolge) ma che riesce ad esprimere un’umanità vera e profonda, senza nemmeno un briciolo di retorica.
In un mondo in cui nella retorica di frasi fatte e grandi gesti di solidarietà a suon di cuoricini su Instagram stiamo affogando, The Mauritanian è una boccata d’aria e d’intelligenza.
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carloalberto
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venerdì 11 giugno 2021
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manca di pathos, eccelle la foster
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Al di là del contenuto politico del film, che rischia di risolvere in modo banale la questione controversa, ovvero il dilemma mai posto in modo riflessivo, se sia giusto o meno applicare sempre e comunque le regole dello stato di diritto e garantire a chiunque le tutele poste dalle democrazie occidentali a difesa della libertà individuale, Macdonald non convince del tutto nemmeno nella gestione del pathos, ossia nella ripartizione dello stesso tra i personaggi, perché la trama sebbene sia incentrata sulle vicende drammatiche del protagonista, interpretato dal pur bravo Tahar Rahim, risulta sbilanciata, e forse inevitabilmente, sulla figura del suo avvocato, impersonato da una Jodie Foster in gran forma, che accentra sul suo personaggio l’attenzione dello spettatore e trasforma la storia vera di un prigioniero di Guantanamo, che vorrebbe essere una denuncia delle presunte violenze e delle ripetute violazioni dei diritti umani commesse dagli USA nella base cubana, in un legal thriller qualsiasi, con l’eroina che si erge a paladino delle garanzie costituzionali dei cittadini, ornato nella fattispecie dalla solita retorica d’oltreoceano sulla giustizia che alla fine trionfa sempre, basta sapere aspettare, poiché il sistema è capace di auto emendarsi, rinnovando così le speranze dei probi cittadini nella realizzazione utopistica del mito della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti che prometteva libertà, uguaglianza e felicità a tutti nel nuovo mondo, a genocidio delle popolazioni indigene ultimato.
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Al di là del contenuto politico del film, che rischia di risolvere in modo banale la questione controversa, ovvero il dilemma mai posto in modo riflessivo, se sia giusto o meno applicare sempre e comunque le regole dello stato di diritto e garantire a chiunque le tutele poste dalle democrazie occidentali a difesa della libertà individuale, Macdonald non convince del tutto nemmeno nella gestione del pathos, ossia nella ripartizione dello stesso tra i personaggi, perché la trama sebbene sia incentrata sulle vicende drammatiche del protagonista, interpretato dal pur bravo Tahar Rahim, risulta sbilanciata, e forse inevitabilmente, sulla figura del suo avvocato, impersonato da una Jodie Foster in gran forma, che accentra sul suo personaggio l’attenzione dello spettatore e trasforma la storia vera di un prigioniero di Guantanamo, che vorrebbe essere una denuncia delle presunte violenze e delle ripetute violazioni dei diritti umani commesse dagli USA nella base cubana, in un legal thriller qualsiasi, con l’eroina che si erge a paladino delle garanzie costituzionali dei cittadini, ornato nella fattispecie dalla solita retorica d’oltreoceano sulla giustizia che alla fine trionfa sempre, basta sapere aspettare, poiché il sistema è capace di auto emendarsi, rinnovando così le speranze dei probi cittadini nella realizzazione utopistica del mito della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti che prometteva libertà, uguaglianza e felicità a tutti nel nuovo mondo, a genocidio delle popolazioni indigene ultimato.
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