Giulia D'Agnolo Vallan
Il Manifesto
«La versione mainstream di un film di Kelly Reichardt». Così, il critico di Variety Peter Debruge ha entusiasticamente descritto Land. La maldestra definizione, in una recensione per altro molto positiva, riesce a insultare in un colpo solo la regista del film (presentato nella sezione Premiere), Robin Wright, e la stessa Reichardt, uno degli autori americani più originali, raffinati e stimati di oggi, che era stata lanciata proprio al Sundance, nel 1994, con River of Grass. La gaffe di Debruge conferma anche l' irresistibile impulso di accorpare una all' altra le registe donne, come se si trattasse di una specie «a sé» - impulso a cui Reichardt si è ribellata fin dall' inizio e che anche Robin Wright (formatasi dietro alla macchina da presa dirigendo episodi di House of Cards) sembra resistere, visto che il suo primo film lavora invece su un filone molto «maschile», quello del survivalismo. [...]
di Giulia D'Agnolo Vallan, articolo completo (2522 caratteri spazi inclusi) su Il Manifesto 3 febbraio 2021