E’ un thriller drammatico di Michael Pearce con Riz Ahmed ed Octavia Spencer e per definirlo un film di fantascienza occorre o molta fantasia oppure semplicemente non averlo visto. Il regista non maschera nulla e sin dall’inizio, fin dalla prima sequenza, è chiaro che si tratta di un dramma della follia di un reduce di guerra, che soffre di allucinazioni e che coinvolge nella sua paranoia la famiglia ed in particolare i due figli affidati alla ex moglie. E’ la storia di un povero cristo mandato in guerra per interessi innominabili ed al suo rientro abbandonato al suo destino di disadattato, fino all’incarcerazione e allo sviluppo di una psicosi con manie di persecuzione.
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E’ un thriller drammatico di Michael Pearce con Riz Ahmed ed Octavia Spencer e per definirlo un film di fantascienza occorre o molta fantasia oppure semplicemente non averlo visto. Il regista non maschera nulla e sin dall’inizio, fin dalla prima sequenza, è chiaro che si tratta di un dramma della follia di un reduce di guerra, che soffre di allucinazioni e che coinvolge nella sua paranoia la famiglia ed in particolare i due figli affidati alla ex moglie. E’ la storia di un povero cristo mandato in guerra per interessi innominabili ed al suo rientro abbandonato al suo destino di disadattato, fino all’incarcerazione e allo sviluppo di una psicosi con manie di persecuzione. Il film, dal plot piuttosto scontato, si regge tutto sulla formidabile interpretazione di Riz Ahmed che incarna non soltanto la figura, oramai stereotipata, del veterano traumatizzato dalla guerra, divenuto un topos della cinematografia hollywoodiana da Taxi driver in poi, ma anche le ossessioni fobiche degli odierni complottisti, dai terrapiattisti ai novax, certi dell’inganno globale di oscure forze al potere ai danni dell’inerme ed ignaro cittadino, ordito per nascondere ciò che in realtà sta, in bella evidenza, sotto gli occhi di tutti. Il problema non sono gli alieni, che il protagonista vede dappertutto, o i vaccini, ma una società fondata sulla diseguaglianza e sullo sfruttamento dei più deboli contro la quale nessuno ha più il coraggio di scagliarsi. Il volto compassionevole, materno ed empatico della Spencer spegne sul nascere, semmai fosse mai esistito nella testa dell’autore, qualsiasi proposito di denuncia sociale, annacqua la tragedia umana riportandola sul binario convenzionale del drammone familiare, con la solita esaltazione retorica dei buoni sentimenti in un finale patetico e fin troppo arzigogolato per risultare credibile.
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