blumarius
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giovedì 23 giugno 2022
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film necessario
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non c'è via d'uscita dalla direzione del futuro digitale, sono state oltrepassate le soglie di non ritorno. E Pif descrive nel migliore dei modi ciò che ci aspetta, come monito da non ignorare. Il film è riuscitissimo, anche grazie al cast che è completamente indovinato. Molto potente il finale.
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rene''''''''52
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lunedì 30 maggio 2022
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il grande algoritmo
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Il titolo del film (che poi verrà spiegato alla fine) non m'ispirava per niente ma poi guardando tra gli interpreti ho visto che c'era Fabio De Luigi, un attore che mi piace tantissimo per la sua aria bonacciona, simpatica, per il suo gradevole sarcasmo, per il suo essere un anti-personaggio, come fosse il collega della scrivania accanto. Quando poi ho scoperto che c'era anche Pif e che addirittura era il regista non ho avuto più esitazioni. Amo molto anche questo regista/attore che ha sempre avuto il dono di toccare argomenti alquanto drammatici con un tocco di leggerezza e ironia che attraverso la sua particolare voce narrante hanno suscitato sempre ilarità rendendo assolutamente gradevoli le sue commedie seppure i temi trattati come in 'La mafia uccide solo d'estate' oppure 'In guerra per amore' erano tutt'altro che umoristici.
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Il titolo del film (che poi verrà spiegato alla fine) non m'ispirava per niente ma poi guardando tra gli interpreti ho visto che c'era Fabio De Luigi, un attore che mi piace tantissimo per la sua aria bonacciona, simpatica, per il suo gradevole sarcasmo, per il suo essere un anti-personaggio, come fosse il collega della scrivania accanto. Quando poi ho scoperto che c'era anche Pif e che addirittura era il regista non ho avuto più esitazioni. Amo molto anche questo regista/attore che ha sempre avuto il dono di toccare argomenti alquanto drammatici con un tocco di leggerezza e ironia che attraverso la sua particolare voce narrante hanno suscitato sempre ilarità rendendo assolutamente gradevoli le sue commedie seppure i temi trattati come in 'La mafia uccide solo d'estate' oppure 'In guerra per amore' erano tutt'altro che umoristici.
Qui abbandona la sua narrazione e ci presenta uno scenario alquanto inquietante: un mondo governato dagli algoritmi, una sorta di Grande Fratello Orwelliano nel quale le 'app' sostituiscono sempre di più gli uomini e i rapporti umani e anche il buon De Luigi perde la sua consueta bonarietà per ridursi ad un perdente sconfitto e amareggiato. Non mancano in alcuni punti i riferimenti alle tragicomiche vicissitudini di Fantozzi (come nel volo low low coast) ma in sostanza si ride molto meno rispetto agli altri film di Pif (sottolineando ancora una volta che i suoi intenti nelle sue opere sono tutt'altro che comici). L'Amore, quello con la A maiuscola, salverà ancora tutto? Forse, magari forse no e il finale è un pugno nello stomaco.
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martedì 15 febbraio 2022
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lo ho adorato
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Grazie Paola, ho adorato questo film e come sempre mi trovo d'accordo con la tua disamina.
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felicity
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lunedì 20 dicembre 2021
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un film coraggioso
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E noi come stronzi rimanemmo a guardare è una commedia drammatica dalle forti riflessioni. Partorito dalla mente intelligente e eclettica di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif e presentato alla Festa del cinema di Roma 2021, questo film presenta spunti non troppo distaccati dalla realtà in cui viviamo, alternando momenti di comicità a momenti drammatici, non tanto per le sequenze ma per la rappresentazione di quella realtà distopica che però, in parte, ci rappresenta.
Con un insolito Fabio De Luigi nel ruolo del protagonista un po’ sfortunato, una Ilenia Pastorelli che sembra riecheggiare gli anni sessanta e un Pif alla regia, ma anche nel ruolo di un personaggio secondario importante, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un prodotto insolito per essere italiano che segue, molto più rispetto che alle precedenti opere di Pif, la falsa riga delle opere anglosassoni di questo tipo.
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E noi come stronzi rimanemmo a guardare è una commedia drammatica dalle forti riflessioni. Partorito dalla mente intelligente e eclettica di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif e presentato alla Festa del cinema di Roma 2021, questo film presenta spunti non troppo distaccati dalla realtà in cui viviamo, alternando momenti di comicità a momenti drammatici, non tanto per le sequenze ma per la rappresentazione di quella realtà distopica che però, in parte, ci rappresenta.
Con un insolito Fabio De Luigi nel ruolo del protagonista un po’ sfortunato, una Ilenia Pastorelli che sembra riecheggiare gli anni sessanta e un Pif alla regia, ma anche nel ruolo di un personaggio secondario importante, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un prodotto insolito per essere italiano che segue, molto più rispetto che alle precedenti opere di Pif, la falsa riga delle opere anglosassoni di questo tipo.
Quello che però rende ancor più dinamico l’insieme del prodotto sono le tematiche: una commedia drammatica dai tratti distopici come finora, almeno in Italia, non si era mai vista, che affronta problematiche che dall’esterno possono sembrare surreali ma che, se si analizzano con occhio e spirito critico, si possono ben ricondurre a tematiche molto attuali e delle quali siamo vittime inconsapevoli. O forse no.
Insomma, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film davvero coraggioso sia per il modo in cui è stato affrontato da Pif, che da regista fa sempre un ottimo lavoro, sia per la narrazione delle vicende, che prendono lo spettatore e lo trascinano in profonde riflessioni sulla quotidianità della società in cui vive. Molto suggestivo anche l’abbattimento della quarta parete verso il finale del film con annessa riflessione che tende ad annullare tutta la comicità apportata fino a qualche istante precedente.
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uppercut
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mercoledì 15 dicembre 2021
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tra sordi e calindri
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Non c'è come l'appellattivo "moderno" per indicarti che un albergo è vecchiotto. Così non c'è come il tema "digitale" per mettere in evidenza quanto siamo rimasti indietro in tutto, anche nell'accorgerci che da almeno trent'anni è cambiata la musica. Rispetto al film di Pif, "Io e Caterina" di Alberto Sordi (1980...) è avanti un secolo. La verità è che il nostro cinema è rimasto fermo al palo e giochicchia ancora con i pupazzetti della nostra infanzia, critici compresi. Ma Paola Casella, come si fa a tirar fuori un'espressione come "epoca trafelata" nel 2021? ma siamo ancora seduti con Ernesto Calindri a lamentarci del "logorio della vita moderma"? Io c'ho un film in testa: Paola Casella che, passate quarantotto ore, rilegge quello che si è dovuta inventare nel suo pezzo ("cura pignola (!) che solo superficialmente può passare per faciloneria".
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Non c'è come l'appellattivo "moderno" per indicarti che un albergo è vecchiotto. Così non c'è come il tema "digitale" per mettere in evidenza quanto siamo rimasti indietro in tutto, anche nell'accorgerci che da almeno trent'anni è cambiata la musica. Rispetto al film di Pif, "Io e Caterina" di Alberto Sordi (1980...) è avanti un secolo. La verità è che il nostro cinema è rimasto fermo al palo e giochicchia ancora con i pupazzetti della nostra infanzia, critici compresi. Ma Paola Casella, come si fa a tirar fuori un'espressione come "epoca trafelata" nel 2021? ma siamo ancora seduti con Ernesto Calindri a lamentarci del "logorio della vita moderma"? Io c'ho un film in testa: Paola Casella che, passate quarantotto ore, rilegge quello che si è dovuta inventare nel suo pezzo ("cura pignola (!) che solo superficialmente può passare per faciloneria"...) e piange sul cuscino, sconsolata, assalita da implacabili rimorsi. Ma anche questa è una scena del 1993... (con il grande Mazzacurati in Caro Diario...).
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eugenio
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venerdì 3 dicembre 2021
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e'' arrivato fuuber!
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Tu hai un ruolo che nella nostra economia è diventato fondamentale: mettere in relazione la domanda con l’offerta. Il delivery manager, imprenditore di se stesso, è una delle figure più controverse e meglio sfruttate del nostro presente odierno, talmente assurdo a volte, che scatura in una amara distopia. Una volta detti “consegna a domicilio”, questi lavoratori non più giovani operano con spirito di sacrificio e determinazione per salvare i nostri pranzi e cene, spesso a discapito della qualità di vita sempre più precaria.
Lo spunto della fragilità economica e la mancanza di tutele sociali, animano il futuro della nuova commedia di Pif di Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, regista e attore della commedia, che indaga con piglio intelligente e sagace occhio critico i nostri tempi, caratterizzati dallo strapotere della tecnologia e dalla sempre più pervicace presenza degli algoritmi a scandire il ritmo della nostra vita.
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Tu hai un ruolo che nella nostra economia è diventato fondamentale: mettere in relazione la domanda con l’offerta. Il delivery manager, imprenditore di se stesso, è una delle figure più controverse e meglio sfruttate del nostro presente odierno, talmente assurdo a volte, che scatura in una amara distopia. Una volta detti “consegna a domicilio”, questi lavoratori non più giovani operano con spirito di sacrificio e determinazione per salvare i nostri pranzi e cene, spesso a discapito della qualità di vita sempre più precaria.
Lo spunto della fragilità economica e la mancanza di tutele sociali, animano il futuro della nuova commedia di Pif di Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, regista e attore della commedia, che indaga con piglio intelligente e sagace occhio critico i nostri tempi, caratterizzati dallo strapotere della tecnologia e dalla sempre più pervicace presenza degli algoritmi a scandire il ritmo della nostra vita.
Ne sa qualcosa il manager Arturo (Fabio De Luigi) che perde il suo lavoro a causa proprio di un software da lui stesso progettato, un programma di ottimizzazione delle risorse talmente efficace da renderlo superfluo nell’azienda in cui lavora, tale da rompere persino il legame affettivo con la sua compagna Elisa (Valeria Solarino).
Così costretto a reinventarsi a 48 anni, senza alcuna possibilità di essere assunto in altre aziende perché “troppo vecchio”, diviene quello che oggi chiameremmo, con un inglesismo nocivo e esasperato, un rider, assunto da una fantomatica società “tecnologica” Fuuber, in un programma “infinity” dove non esiste riposo e dove la schiavitù sembra non essere mai stata abolita.
Riuscirà il “medio-man” Arturo a trovare una via d’uscita ad un cul de sac apparentemente senza fine, fatto di ordini con consegna immediate, asperità climatiche, incidenti e tanta, tanta umanità cinica e dolente? E, soprattutto, i sentimenti vituperati e osteggiati da un algoritmo, hanno ancora senso di esistere in una società che sembra averli piegati e programmati ai suoi scopi?
Al terzo film, Pif, qui co-protagonista nel ruolo di un professore a contratto di filologia romanza, coinquilino di Arturo, che arrotonda come hater sul web, si inventa un genere quasi fiabesco contaminando la commedia con tanta fantascienza che sa di cinema americano (Her nell’amore tra un uomo e un robot, tanto caro alla letteratura da Aasimov a Philip K. Dick) e rende E noi come stronzi rimanemmo a guardare”, un elogio eloquente della solitudine umana e dello sfruttamento compulsivo.
Arturo è solo, avvinghiato a un mondo in cui non ha scampo, perennemente in contrasto contro i propri demoni, innamorato di un ologramma, “il fuuber friend” dal costo esasperato di 199 euro a settimana (col volto di Ilenia Pastorelli) che non si rassegna a credere sia “finto” e che cerca in tutti i modi di conquistare, di vedere contro ogni logica, convinto a credere, alla stregua di Truman Show che ci sia un corpo fisico oltre ogni pensiero. Anche oltre un algoritmo.
Ne consegue, come in un vecchio forse dimenticato film di Nichetti (dal cammeo di rider nel film), Domani si balla!un prodotto incredibilmernte fresco e non scontato che gioca con scene dal forte umorismo caustico -come l’asta del volo di un low cost di una classe low cost con relativo viaggio metà seduto, metà appeso come abito-, alternate da frasi da karma urbano di big tech pronte a irretire il dipendente con tante buone parole (dalla filosofia orientale all’importanza dell’autonomia del proprio lavoro per vivere felici con sé stessi) salvo poi finire per essere miseramente sfruttati da una logica tecnologica voluta in fin dei conti dallo stesso uomo.
Pif offre numerosi spunti, realizzando un film ambizioso che vive del volto “sfigato” dai tempi di Mai dire Goal, di Fabio de Luigi, coniugando tempi comici azzeccati, complice una fotografia con grattacieli e monopattini a definire il volto di un’umanità mica tanto lontana, a una sana disamina dei vizi di tempi immemori che paiono quasi essere universali e immortali: la perdita della propria dignità lavorativa, l’inquietante regressione sociale fatta di pigrizia come suggerisce il titolo, di festini in cui si gioca con i simboli immolandoli alla superficialità, di false promesse, di lovers e haters ma anche di voglia di ribellarsi.
Un appello e monito a non rimanere fermi, a guardare fermi qualcosa che sappiamo già accadere, ma che proviamo a modificare con tutte le nostre forze. Disperate. Come l’amaro finale sembra suggerirci ma col cuore colmo di una parola che ogni algoritmo non potrà mai decrittare: l’amore.
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(di ernesto de maio)
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gianni x
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giovedì 2 dicembre 2021
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un film che fa riflettere e divertire
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Una commedia divertente che affronta i temi del nostro tempo, connessi alla rivoluzione digitale.
il film ironizza bene anche sul mondo della new economy e sui guru del digitale, rappresentati in modo efficace dal giovane manager di Fuubee, che si dice impegnato nell'ecologia ed in altri ambiti sostenibili, ma in definitiva interessato solo al guadagno ed al "ribasso" della dignità. Noi gli permetteremo tutto questo ?
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uppercut
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martedì 30 novembre 2021
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no, non sono rimasta a guardare
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E dopo venti minuti ho guardato altrove. Una commedia totalmente priva di ritmo, aggrappata ad un'unica idea consumata subito in un dialogo (la storia dell'algoritmo che esclude il superfluo e si ritorce sul suo inventore), dove l'intento sarebbe di parlare del presente ma l'intero contesto (l'aziendona, gli impiegati sulle scale, la voce dall'alto nella reception...) rimanda a un immaginario di quarant'anni fa. Roba da tv in bianco e nero con la scena di Fracchia che scompare dietro la scrivania (ai tempi irresistibile) svilita a teatrino da terzo mondo della narrazione. A ogni minuto che passa prende allora sempre più corpo il fantasma di Pif che nello spot enuncia tutte le mosse del cinema tradizionale (la costruzione del set, l'uso della musica, ecc.
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E dopo venti minuti ho guardato altrove. Una commedia totalmente priva di ritmo, aggrappata ad un'unica idea consumata subito in un dialogo (la storia dell'algoritmo che esclude il superfluo e si ritorce sul suo inventore), dove l'intento sarebbe di parlare del presente ma l'intero contesto (l'aziendona, gli impiegati sulle scale, la voce dall'alto nella reception...) rimanda a un immaginario di quarant'anni fa. Roba da tv in bianco e nero con la scena di Fracchia che scompare dietro la scrivania (ai tempi irresistibile) svilita a teatrino da terzo mondo della narrazione. A ogni minuto che passa prende allora sempre più corpo il fantasma di Pif che nello spot enuncia tutte le mosse del cinema tradizionale (la costruzione del set, l'uso della musica, ecc...) e poi conclude: "oppure solo un punto di vista...". Ecco, che si tenga quello. Pare divertirlo tanto.
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[+] era meglio guardare...
(di lizzy)
[ - ] era meglio guardare...
[+] quel che è di pif
(di uppercut)
[ - ] quel che è di pif
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