Film lento, noioso, banale, ideologico. Servillo ed Orlando, affiancati da un ottimo cast, non possono fare miracoli. Di Costanzo vuole farci la lezioncina moraleggiante alla Esopo o meglio il sermone cantato. A proposito, il commento sonoro è notevole, come pure si salva la fotografia e sarebbe stato il colmo fosse stato il contrario considerato che il regista di mestiere fa anche il direttore della fotografia. Il soggetto è originale. E’ una delle poche volte che un film ambientato in un carcere ha come protagonisti non soltanto i detenuti ma anche gli agenti della polizia penitenziaria. Tutto qui. Il plot si sviluppa con tempi biblici. Lunghe sequenze in cui non accade assolutamente nulla si alternano a qualche scena che dovrebbe essere, nelle intenzioni, drammatica, ma l’azione è talmente scontata e prevedibile da risultare altrettanto tediosa.
Il messaggio è chiaro. Al di là dei ruoli e delle divise gli uomini sono tutti uguali e così emblematicamente nel finale i due anziani protagonisti, che hanno preso strade diverse, si ritrovano inquadrati da Di Costanzo mentre passeggiano insieme come due ragazzi.
La forzatura ideologica e l’artificio raggiungono l’apice nel voler suscitare nello spettatore empatia e pietà proprio per i due detenuti più odiosi. Un uomo che ha abusato della figlia, se non la ha addirittura uccisa, questo non è dato sapere, ed un ragazzo che ha riempito di pugni un vecchietto per scipparlo riducendolo in fin di vita. E’ chiaro che lo sceneggiatore ha scelto a bella posta i personaggi più detestabili ed esecrabili perché il concetto pseudo cristiano dell’amore per il prossimo, chiunque egli sia e qualsiasi cosa abbia fatto, anche la più abominevole, giunga allo spettatore nella sua originaria paradossalità. Silvio Orlando in una scena dice: qui non c’è niente da ridire. Questa è l’unica battuta che abbia un senso in tutti i dialoghi. Aggiungo che non c’è nemmeno niente da piangere o da commuoversi oppure da invitare genericamente carcerati e guardie a scorgere nell’altro un essere umano riscoprendo così la propria umanità. La situazione delle carceri in Italia, le pessime, tragiche condizioni di vita dei detenuti e specularmente le drammatiche condizioni di lavoro degli agenti di custodia meriterebbero di essere il soggetto di un docufilm di denuncia che susciti l’indignazione popolare e smuova il potere ad agire assumendosi le proprie responsabilità. Le parabole evangeliche lasciano il tempo che trovano. Certi temi possono essere affrontati o con la poesia o con la verità. In questo caso non c’è né l’una né l’altra.
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flaw54
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mercoledì 20 ottobre 2021
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ok
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Sono pienamente d''accordo con Carloalberto!
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ganesh
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mercoledì 12 gennaio 2022
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ma che film hai visto 2
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"Una delle poche volte che un film ambientato in un carcere ha come protagonisti non soltanto i detenuti ma anche gli agenti della polizia penitenziaria", appunto, ma che film hai visto?
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stefano capasso
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giovedì 29 dicembre 2022
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socialità che riabilita
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Il carcere di Mortana ste per essere dismesso, ma gli ultimi dodici detenuti per un imprevisto non possono essere più trasferiti nella loro nuova destinazione. La direttrice affida ad un manipolo di agenti il controllo del carcere e parte anche lei per un an uova destinazione. Ben presto le condizioni del regime carcerario provvisorio, che prevede una serie di limitazioni, creano malcontento tra i detenuti. Gli agenti dovranno scegliere se accogliere le loro rimostranze o mantenere il solito atteggiamento inflessibile. Leonardo Di Costanzo si cimenta in un film di finzione, portando con sé il suo caratteristico sguardo attento ai dettagli e alle relazioni, pur gettando un occhio alle convenzioni filmiche.
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Il carcere di Mortana ste per essere dismesso, ma gli ultimi dodici detenuti per un imprevisto non possono essere più trasferiti nella loro nuova destinazione. La direttrice affida ad un manipolo di agenti il controllo del carcere e parte anche lei per un an uova destinazione. Ben presto le condizioni del regime carcerario provvisorio, che prevede una serie di limitazioni, creano malcontento tra i detenuti. Gli agenti dovranno scegliere se accogliere le loro rimostranze o mantenere il solito atteggiamento inflessibile. Leonardo Di Costanzo si cimenta in un film di finzione, portando con sé il suo caratteristico sguardo attento ai dettagli e alle relazioni, pur gettando un occhio alle convenzioni filmiche. Mortana è un non luogo in un non tempo, dove le figure degli agenti e dei carcerati partono da rigidità opposte che non sono più compatibili nella situazione di emergenza che si è creata. Mai come in questo frangente le loro vite finiscono per somigliarsi e l''opportunità di allacciare una nuova relazione, più intima, fa emergere l''umanità presente in ciascuno di loro, siano agenti siano detenuti. DI Costanzo ci mostra l''assurdità del luogo ''carcere'' e ci mostra come questo luogo possa essere un luogo di umanità, dove ognuno, emancipandosi dal ruolo di partenza, può ''rieducarsi'' ad una vita sociale più intensa e gratificante.
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