angelo umana
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martedì 31 agosto 2021
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un falling maestoso
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Un padre preda di demenza senile portato dal figlio che se ne prende cura per un tempo nella sua casa. Questo papà è soprattutto preda delle convinzioni e modi di fare che ha sempre esercitato in famiglia, perciò rimase solo, lasciato dalla moglie e i due figli, John e Sarah. Già le prime parole al figlioletto quando nacque furono inquietanti, all'incirca gli disse “benvenuto al mondo, per poi morire”, che ricordano vagamente quelle di Leopardi in “Canto di un pastore errante dell'Asia”: “nasce l'uomo a fatica … e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell'esser nato”. Ma questo Willis non esprime la stessa premura del poeta: sembra piuttosto intendere la vita come non tolleranza di costumi e canoni a cui non è abituato, l'uomo col fucile a caccia e la donna casalinga che si occupi di pannolini e cacche dei bambini.
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Un padre preda di demenza senile portato dal figlio che se ne prende cura per un tempo nella sua casa. Questo papà è soprattutto preda delle convinzioni e modi di fare che ha sempre esercitato in famiglia, perciò rimase solo, lasciato dalla moglie e i due figli, John e Sarah. Già le prime parole al figlioletto quando nacque furono inquietanti, all'incirca gli disse “benvenuto al mondo, per poi morire”, che ricordano vagamente quelle di Leopardi in “Canto di un pastore errante dell'Asia”: “nasce l'uomo a fatica … e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell'esser nato”. Ma questo Willis non esprime la stessa premura del poeta: sembra piuttosto intendere la vita come non tolleranza di costumi e canoni a cui non è abituato, l'uomo col fucile a caccia e la donna casalinga che si occupi di pannolini e cacche dei bambini. Ha vissuto nel ventre profondo dell'America, lui rigido a suo comodo, scorbutico e donnaiolo, la convinzione che McCain fosse un eroe e Obama semplicemente un nero. Arrabbiato col mondo ormai e con cose che non può concepire. Vagamente ricorda il personaggio di Clint Eastwood nella prima parte di Gran Torino.
Ogni momento del film si richiama ai ricordi e immagini che affiorano frequentemente e a sprazzi nella memoria del figlio stesso e di questo vecchio, segno che nella demenza ci si porta inevitabilmente il fardello di come si è vissuto. La breve permanenza nella casa del figlio lo mette di fronte a nuovi inauditi assetti familiari e modi di vivere, come del figlio che vive con un altro uomo ed una bambina adottata, due genitori “checche” insomma, che non possono “servire degnamente il loro paese”. Pur sopportandolo e contenendosi questo figlio avverte, come lo spettatore, che questo rapporto sia ancora dirompente, che possa deflagrare da un momento all'altro, e la cosa avviene, ben recitata anch'essa, degna di un grande film.
Particolari poi sono le scene di chiusura. In una si rivede il padre tornato nella sua casa o ranch, che giace sulla neve mentre la vita l'abbandona e un cavallo l'annusa, e fatalmente – può accadere in età anziana – gli riappare una delle sue amanti in un amplesso immaginario. Nell'altra il figlio John che ha ripreso il suo lavoro di comandante d'aereo, concentrato e sereno, presente a sé stesso, pare elevarsi definitivamente da quel passato pesante. Grandi interpretazioni di Lance Henriksen/Willis, di Sverrir Gudnason (il Willis più giovane) e del magnifico John/Viggo Mortensen, che ne è anche il regista. Un Falling maestoso.
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dandy
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venerdì 27 gennaio 2023
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un pessimo padre non rovina sempre suo figlio.
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Notevole debutto alla regia per il 62enne Mortensen(anche sceneggiatore,co-produttore e co-autore delle musiche).Sorprende per misura e tatto la descrizione di un rapporto padre-figlio che più conflittuale non potrebbe essere,dove all'esasperante sgradevolezza del primo si contrappone l'ostinata pazienza e pacatezza del secondo.I continui salti temporali sono molto ben gestiti,con soluzioni visive ed accostamenti talvolta spiazzanti.Non si risparmiano momenti dolenti o imbarazzanti,ma la cattiveria è sempre stemperata da un sottile umorismo,e se la riconciliazione finale è scontata il rabbioso confronto tra Willis e un John finalmente esploso resta impresso.Più debole ed accomodante il trattamento dell'omosessualità di quest'ultimo,con marito asiatico premuroso e figlia adottiva chicana.
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Notevole debutto alla regia per il 62enne Mortensen(anche sceneggiatore,co-produttore e co-autore delle musiche).Sorprende per misura e tatto la descrizione di un rapporto padre-figlio che più conflittuale non potrebbe essere,dove all'esasperante sgradevolezza del primo si contrappone l'ostinata pazienza e pacatezza del secondo.I continui salti temporali sono molto ben gestiti,con soluzioni visive ed accostamenti talvolta spiazzanti.Non si risparmiano momenti dolenti o imbarazzanti,ma la cattiveria è sempre stemperata da un sottile umorismo,e se la riconciliazione finale è scontata il rabbioso confronto tra Willis e un John finalmente esploso resta impresso.Più debole ed accomodante il trattamento dell'omosessualità di quest'ultimo,con marito asiatico premuroso e figlia adottiva chicana.Henriksen,che nell'ultimo ventennio ha spesso preso parte a robaccia di infimo livello,è veramente ottimo nel ruolo non facile,odioso e spregevole ma sempre con un lato di sincera umanità che conserva per se stesso.Dunque ci si augura di cuore che Mortensen torni ancora dietro la macchina da presa.Simpatico cammeo di David Cronenberg nel ruolo del proctologo.
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eugenio
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giovedì 16 settembre 2021
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padri e figli
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Viggo Mortensen e Lance Heriksen due attori, due doppiaggi italiani precisi e puntuali nelle voci di Pino Insegno e Claudio Valli. Una storia intima di un legame affettivo tra padre e figlio, retaggio non di una smielata dichiarazione di retorica quanto di una delicata, analitica e soprattutto personale storia d’esordio.
Il contrasto tra genitori e figli, tema caldo della grande letteratura ottocentesca (si pensi a Turgenev), assurge nell’opera prima di Mortensen, che svestiti i panni del cavaliere Aranill, imbastisce una vicenda di complementary opposites, un padre e un figlio dai caratteri e personalità antitetiche, in un sofferto ritorno all'amore ben nascosto dal lato oscuro della demenza senile.
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Viggo Mortensen e Lance Heriksen due attori, due doppiaggi italiani precisi e puntuali nelle voci di Pino Insegno e Claudio Valli. Una storia intima di un legame affettivo tra padre e figlio, retaggio non di una smielata dichiarazione di retorica quanto di una delicata, analitica e soprattutto personale storia d’esordio.
Il contrasto tra genitori e figli, tema caldo della grande letteratura ottocentesca (si pensi a Turgenev), assurge nell’opera prima di Mortensen, che svestiti i panni del cavaliere Aranill, imbastisce una vicenda di complementary opposites, un padre e un figlio dai caratteri e personalità antitetiche, in un sofferto ritorno all'amore ben nascosto dal lato oscuro della demenza senile.
Perché Wills/Lance è veramente un iracondo invertendo e mai giocondo per continuare la rima, personaggio. Rude sgradevole, appare sofferente nei confronti di un lassismo di massa, xenofobo e razzista, ingiusto e spesso anaffettivo, un uomo che ha fatto dell'odio la propria bandiera e che rappresenta l'America rurale più rigida e trumpiana, abrasiva nelle sue manifestazioni di intolleranza nei confronti dei gay, come lo stesso figlio,pilota, con figlia adottiva.
Ma Willis è in realtà un debole, incapace mantenere saldi i rapporti, privo di un affetto solido, osteggiato da una rabbia furiosa e aggressivo cui il figlio posato non riesce a contenere.
Eppure, sembra dirci Mortensen, il trama di un elaborazione di un lutto privato per quanto forte non può prescindere dalla pietas umana, quel meccanismo di indolente partecipazione che porta al difficile perdono.
Tra sussurri e grida, con il supporto di una famiglia presto ritrovata, e frequenti flashback che ci riportano agli anni '60 e '70, quando Eric era bambino, preadolescente e adolescente, ricordi confusi e fragili che appartengono un pò al padre e forse al figlio, in alcuni punti consolatori, forse troppo, i due comprimari giungono a un chiarimento. E forse a una serena accettazione delle altrui fragilità.
Coadiuvati da un cast di buoni comprimari, Falling, rappresenta un enorme bastimento di tela pronto a intrecciarsi tra i nodi di una relazione volta a registrare le discrepanze fra il nostro modo di percepire le cose e quello altrui, tra due modi diversi di sentire una vita,. Calda, passionale ma unica-
Ne esce un' acuta ma lenta analisi sul ruolo della memoria imperfetta, con numerosi campi-lungo spesso privi di personaggi ma nei quali tuttavia la musica rende meno duro il confronto dialogico tra due mondi distanti eppure vicini, pronti a cingersi in un sereno e immortale abbraccio
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