Bruised – Lottare per vivere segna l’esordio alla regia di Halle Berry: nulla di nuovo o innovativo ma con un potenziale interessante, in primis per il cast stesso, tra cui troviamo la stessa Berry come protagonista nel ruolo di Jackie Justice.
L’opera è in tutto e per tutto un dramma sportivo che si ispira a tutti i suoi predecessori, dalla A alla Z, in primis a Rocky, in tutto il suo splendore e nel suo essere profondamente iconico.
La classica storia di una persona abbattuta dalla vita, al margine della società, che tenta di riprendere il controllo della propria esistenza tramite il successo sportivo.
Sfortunatamente nessun dilemma di Jackie viene realmente approfondito e soprattutto, non c’è una vera e interessante evoluzione e risoluzione, il che è il contro principale di tutta la pellicola.
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Bruised – Lottare per vivere segna l’esordio alla regia di Halle Berry: nulla di nuovo o innovativo ma con un potenziale interessante, in primis per il cast stesso, tra cui troviamo la stessa Berry come protagonista nel ruolo di Jackie Justice.
L’opera è in tutto e per tutto un dramma sportivo che si ispira a tutti i suoi predecessori, dalla A alla Z, in primis a Rocky, in tutto il suo splendore e nel suo essere profondamente iconico.
La classica storia di una persona abbattuta dalla vita, al margine della società, che tenta di riprendere il controllo della propria esistenza tramite il successo sportivo.
Sfortunatamente nessun dilemma di Jackie viene realmente approfondito e soprattutto, non c’è una vera e interessante evoluzione e risoluzione, il che è il contro principale di tutta la pellicola. Non capiamo dove vuole arrivare e cosa voglia raccontarci oltre il tentativo di successo di una donna adulta che tenta di ritrovare un posto nel mondo, il che è solo un pallido, pallidissimo tentativo di imitare la quantomeno memorabile storia di un titolo come Rocky con protagonista Stallone, non c’è nulla di effettivamente distintivo in tutto ciò che viene narrato al pubblico e raramente si riesce a creare davvero empatia con la protagonista o con gli altri che popolano la storia.
Tutti i personaggi di sesso maschile sono noiosi, boriosi, machi tutti muscoli che dicono alla protagonista come vivere la vita, le ridono addosso, la maltrattano, la usano, pensati per fare risaltare le gesta femminili della lottatrice, che non a caso ha proprio la parola “Justice” nel cognome.
Tutto grida disperatamente “potere alle donne”, il che non ha nulla di sbagliato alla base, tolto il fatto che la nostra appassionata di MMA è, purtroppo, significativamente antipatica nella maggior parte delle situazioni e delle difficoltà che incontra. Non ne fa mai una giusta e, altrettanto importante, non ha carisma, non mostra compassione verso gli altri e nemmeno verso se stessa, è egoista, silenziosa e quando parla non dice mai nulla di effettivamente incisivo.
Come il suo ruolo, anche il risultato di Bruised – Lottare per vivere si sdoppia. Halle Berry non può non essere convincente, con il suo fascino da star che affiora ma è sempre sapientemente nascosto nelle sue interpretazioni, nei panni della tormentata combattente, così come tutta la disperazione di una donna che cerca affannosamente un appiglio o un punto di riferimento per ritrovare la rotta, sempre più mossa da quel piccolo di sei anni che non parla ma ha comunque bisogno di lei, nella sua versione lontana dall’alcol e dall’asocialità ai margini della vita. Dietro la macchina da presa, però, manca qualcosa. Originalità, intanto, e anche un po’ più di convinzione. Troppo legata a quell’arco di caduta e ascesa che ormai è diventata parte costituente della spina dorsale di Hollywood.
Tra i meriti del film, intanto, c’è quello di aver finalmente portato l’astro nascente che è l’attrice inglese Sheila Atim, nei panni dell’allenatrice Bobbi, in una produzione internazionale diretta al grande pubblico. Intrigante e affascinante, è una delle parti migliori di Bruised. E anche se, forse, un finale davvero felice sarebbe stato quello di chiedere aiuto a qualcuno per cambiare e rimettere in sesto la propria vita, senza relegare il tutto a una vittoria personale nello scontro dell’anno ad Atlantic City, la strada di Jackie e del piccolo Manny riesce comunque a raddrizzarsi. Non poteva essere altrimenti, ma la speranza è sempre bella.
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