carloalberto
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giovedì 4 novembre 2021
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lo stesso realismo lirico di ozu
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Nella Corea del Sud è nato un nuovo Ozu, la regista appena trentenne Yoon Dan-bi, che, al suo esordio, realizza un piccolo capolavoro.
Tre generazioni a confronto in un minimalista ritratto di famiglia, nel quale, tuttavia, si riflettono, come in un caleidoscopio, temi generali ed attuali della società coreana, vale a dire del contemporaneo mondo globalizzato. Le coppie divorziate e la sofferenza dei figli, la precarietà del lavoro, l’avidità del denaro, che accomuna tutti e divide perfino i fratelli, il rapporto genitori figli nelle diverse età della vita, la solitudine dei vecchi, considerati un inutile peso e di intralcio alle attività quotidiane dei giovani e degli adulti.
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Nella Corea del Sud è nato un nuovo Ozu, la regista appena trentenne Yoon Dan-bi, che, al suo esordio, realizza un piccolo capolavoro.
Tre generazioni a confronto in un minimalista ritratto di famiglia, nel quale, tuttavia, si riflettono, come in un caleidoscopio, temi generali ed attuali della società coreana, vale a dire del contemporaneo mondo globalizzato. Le coppie divorziate e la sofferenza dei figli, la precarietà del lavoro, l’avidità del denaro, che accomuna tutti e divide perfino i fratelli, il rapporto genitori figli nelle diverse età della vita, la solitudine dei vecchi, considerati un inutile peso e di intralcio alle attività quotidiane dei giovani e degli adulti.
Per la sobrietà dello stile e la semplicità con la quale trasmette emozioni, il film di Yoon Dan-bi appare lontano dall’artificioso Un affare di famiglia di Hirokazu Kore'eda, più vicino, invece, al Tokyo family di Yōji Yamada ed, in generale, ai grandi capolavori del maestro Yasujirō Ozu.
Questo è un film che ci fa rivivere le cose essenziali della vita, che abbiamo dimenticato, senza la vieta retorica dei buoni sentimenti, che purtroppo affligge molto cinema nostrano.
Attraverso lo sguardo di una adolescente, Okju, ancora non contaminato dalla grettezza del mondo degli adulti, tutto appare chiaro. Grazie al suo giudizio sappiamo cosa è giusto, cosa è sbagliato. Empatizziamo, sorprendendoci, con lo stato d’animo d’una ragazzina, nel suo pianto riproviamo identico il dolore per la morte di un nostro congiunto.
L’assenza, il vuoto che lascia la scomparsa di una persona cara nella casa, Dan-bi ce lo fa sentire. E’ il rumore di un’anta dell’armadio che si apre stridendo, della pentola che ribolle sul fuoco, lontana, inutile orpello di una quotidianità privata di senso. Eppure, nelle ultime sequenze, la quotidianità riprende il sopravvento, cucendo l’anima lacerata, nella compostezza di un piccolo giardino, un orto, una piccola oasi di verde nell’agglomerato cittadino, unico interesse e rifugio del nonno di Okju.
Yoon Dan-bi ci restituisce la verità dei rapporti affettivi in una normale famiglia di oggi, con una tale naturalezza, che, al di là dei tratti somatici, i personaggi del suo film ci sembra di averli già conosciuti, sono i nostri vicini di casa, sono i nostri parenti, nella loro intima essenza, universalmente validi.
I sentimenti che animano i personaggi di Dan-bi sono i sentimenti della gente comune, che intessono invisibili la trama dei rapporti umani, vissuti e tradotti in piccoli quadretti, tratteggiati con lo stesso realismo lirico di Ozu, da una sensibilità artistica che si sovrappone e si confonde naturalmente con quella della giovane protagonista.
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stefano capasso
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lunedì 18 ottobre 2021
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complessità e delicatezza delle relazioni
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A causa delle difficolta economiche che sta vivendo, un nucleo famigliare composto da un padre, una figlia adolescente, Okju, e suo fratello minore Dongiu si trasferisce nella grande casa del nonno paterno, solo e in condizioni di salute precarie. Si occuperanno dell’anziano uomo e allo stesso tempo aver e una boccata d’ossigeno legata alle condizioni economiche. Lentamente appaiono altri personaggi, la zia dei ragazzi alle prese con le difficoltà del suo matrimonio e più tardi ci sarà spazio per un breve incontro con la madre dei ragazzi.
Il primo lungometraggio di Yoon Dan-bi è un film che scorre lentamente dedicando particolare attenzione ai momenti delle relazioni.
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A causa delle difficolta economiche che sta vivendo, un nucleo famigliare composto da un padre, una figlia adolescente, Okju, e suo fratello minore Dongiu si trasferisce nella grande casa del nonno paterno, solo e in condizioni di salute precarie. Si occuperanno dell’anziano uomo e allo stesso tempo aver e una boccata d’ossigeno legata alle condizioni economiche. Lentamente appaiono altri personaggi, la zia dei ragazzi alle prese con le difficoltà del suo matrimonio e più tardi ci sarà spazio per un breve incontro con la madre dei ragazzi.
Il primo lungometraggio di Yoon Dan-bi è un film che scorre lentamente dedicando particolare attenzione ai momenti delle relazioni. Le relazioni stesse si instaurano e si evolvono lentamente, col tempo necessario perché possano essere comprese. Il quadro del nucleo famigliare esteso è ben rappresentativo della complessità delle relazioni e la regia sceglie, non a caso, il “totale” come inquadratura privilegiata per rappresentarle. Il focus non è dunque sulle soggettività, e il primo piano non è quasi mai usato, ma sull’insieme, sulle distanze tra i personaggi e sul loro rapporto con l’ambiente attorno, perché sono queste le basi su cui si instaurano e si sviluppano i rapporti tra persone. Una storia come tante raccontata in modo tale da evidenziarne le specificità.
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stamacchi
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sabato 5 dicembre 2020
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ritmo e atmosfere tipiche del cinema coreano
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Sebbene non sia riuscito come Parasite, questo film in concorso a torino 2020 è molto carino, è piacevole e scorre per tutta la sua durata. Adatto agli amanti del genere
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