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cicciovictor
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domenica 25 novembre 2018
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cerco un film, trovo una poesia (mediocre)
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andare a vedere un film è cercare un emozione, e Troppa grazia emoziona, per quanto non rientri nella mia personale hit. I personaggi, le loro voci, le immagini e le luci sono un susseguirsi di carezze, ma manca quell'invenzione che ti tocchi dentro. E la madonna, poetica per natura, è una nota stonata. Troppo ovvia. Mi aspetto che Lucia, sconvolta dalla visione, si avvicini alla visione per toccarla. Non lo fa mai. E poi la Madonna parla, e cosa dice? costruire una chiesa al posto del mega quartiere residenziale. La risposta a questa banalità ci arriva nel film stesso "e allora? sempre qualcosa bisogna costruire". Una nota sugli attori: Elio Germano è favoloso: ma quanto dimostra di amare la fidanzata? ma non il personaggio, proprio lui, per come la guarda, le parla, insomma per come l'attore sa esprimere l'amore con la voce e i segni del corpo.
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andare a vedere un film è cercare un emozione, e Troppa grazia emoziona, per quanto non rientri nella mia personale hit. I personaggi, le loro voci, le immagini e le luci sono un susseguirsi di carezze, ma manca quell'invenzione che ti tocchi dentro. E la madonna, poetica per natura, è una nota stonata. Troppo ovvia. Mi aspetto che Lucia, sconvolta dalla visione, si avvicini alla visione per toccarla. Non lo fa mai. E poi la Madonna parla, e cosa dice? costruire una chiesa al posto del mega quartiere residenziale. La risposta a questa banalità ci arriva nel film stesso "e allora? sempre qualcosa bisogna costruire". Una nota sugli attori: Elio Germano è favoloso: ma quanto dimostra di amare la fidanzata? ma non il personaggio, proprio lui, per come la guarda, le parla, insomma per come l'attore sa esprimere l'amore con la voce e i segni del corpo. La Rorwacher è eterea come sempre, lo è per conformazione fisica, non deve sforzarsi. Battiston non lo sopporto più: ma imparerà a parlare con cadenze diverse dalla veneta che ha per nascita? Insomma, è un attore. Solo Manfredi si è potuto permettere di passare una vita a parlare quasi sempre con il sottile accento romanesco ed essere un grande attore. E Battiston lo trovo da tutte le parti.
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domenica 25 novembre 2018
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controcommento a
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Cara casella, terminato di vedere il film la sensazione è stata che senza la brava Alba il film sarebbe stato piu che mediocre. La ragione? Esattamente il contrario di ciò che ha scritto. Sceneggiatura scadente. Buona solo l idea purtroppo mal sviluppata. Saluti Mauriziogreen@libero.it
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kleber
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sabato 24 novembre 2018
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commedia?
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Non avessero insistio a presentarlo come "commedia" per vendere qualche bigliettio in più... ma quale commedia? Il classico filmetto intelletualoide: ben confezionato, noiosetto, privo di senso.
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cardclau
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venerdì 23 novembre 2018
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la madonna bombarola!
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Il regista Gianni Zanasi, nel film Troppa Grazia, ce l’ha messa tutta per porgerci il messaggio: cari ragazzi, lo “sviluppo” su cui stiamo procedendo non è sostenibile, ci sta portando al disastro. Coloro che governano la cosa pubblica ne sono totalmente indifferenti, basta che le loro tasche non ne soffrano; si può un pochino anche delinquere (non è comprensibile e giustificabile che tutti vorremmo vivere un po’ meglio?). Per voce della Madonna (che scomoda dall’alto dei cieli) ci ricorda giustamente: la terra è la vostra chiesa. Per dire questo racconta una storia un po’ sconclusionata, e da’ l’impressione di non sapere bene come fare a terminarla.
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Il regista Gianni Zanasi, nel film Troppa Grazia, ce l’ha messa tutta per porgerci il messaggio: cari ragazzi, lo “sviluppo” su cui stiamo procedendo non è sostenibile, ci sta portando al disastro. Coloro che governano la cosa pubblica ne sono totalmente indifferenti, basta che le loro tasche non ne soffrano; si può un pochino anche delinquere (non è comprensibile e giustificabile che tutti vorremmo vivere un po’ meglio?). Per voce della Madonna (che scomoda dall’alto dei cieli) ci ricorda giustamente: la terra è la vostra chiesa. Per dire questo racconta una storia un po’ sconclusionata, e da’ l’impressione di non sapere bene come fare a terminarla. Ma procediamo con ordine, altrimenti le idee rischiano di sovrapporsi. La protagonista è la geometra Lucia (una splendida Alba Rohrwacher capace di tenere assieme le fila di una storia un po’ schizzata, che rischierebbe di disgregarsi molto prima del tempo, anche se alla fine nemmeno la sua bravura lo può). Lucia ha una vita assai complicata: fa un lavoro che “tutti saprebbero fare” (come dice allo psichiatra autosvalutandosi) ma che fa sufficientemente bene; è alla ricerca di una perfezione sovrumana (a sentire sempre lo stesso psichiatra, ma a me non pare; forse è lo psichiatra stesso che desidererebbe essere più trasgressivo); è una donna divorziata con una figlia adolescente che la farebbe “ballare” (certo deve prendersene costantemente cura, ma a me pare più giudiziosa di sua madre); con la quale ci dorme assieme (di chi è l’Edipo?); Lucia ha una storia d’amore apparentemente risolta e chiusa (ma che appare irrisolta e ancora aperta) con l’elettricista Arturo (Elio Germano) che in fondo, piuttosto in fondo (perché non si capisce se il legame sia basato sulla paura della solitudine, su quello che hai in mezzo alle gambe, o soprattutto su quello che hai nella testa, attraente e nel contempo diversissimo), l’ama sempre. Ma è mai possibile che l’immaginario maschile sia stato ridotto ultimamente, sia da molti registi maschi che da molte registe femmine, ad una pantomima, mentre dovrebbe essere il romanticismo, la poesia, e la complessità a tenere banco? Dove è finita, in questo ambito, la creatività e la fantasia maschile? I telefonini ci hanno così depauperato? Forse che siano le muse a non essere più tali? Il padre di Lucia è stato fondamentalmente un padre assente, jazzista e un po’ innamorato dell’eroina, ma solo temporaneamente, era sempre via in tournée. Sua madre deve esserla goduta come una pazza! Ma niente ne sappiamo! A complicare le cose, a mio parere già sufficientemente complicate, non capita l’apparizione della Madonna? Incredibile ma vero, l’attrice che agisce la Madonna (l’israeliana Hadas Yaron) è la Madonna in carne ed ossa. Di una bellezza sfolgorante, messa a confronto con la vera Madonna, non sai qual possa essere quella vera. Ovviamente parliamo dell’iconografia ufficiale seicentesca, e non di quella pasoliniana del vangelo secondo Matteo. Ma si tratta di una Madonna “sui generis”. Il finale scopritelo da voi.
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ape3584
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venerdì 23 novembre 2018
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un sospiro di folle speranza
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Lieve, come una brezza mattutina su quelle dolci colline a stoppie di cereali. Profondo e disilluso nel descrivere l'inevitabile e noioso male quotidiano. Fiabesco nella trama e nel modo di raccontarla. Sorridente nel farti accettare il brutto che attraversiamo e il bello che, fantasticando vorremmo.
Raccontato da interpreti di gran classe, commentato discretamente da musiche quasi inavvertite, dipinto da una fotografia anch'essa magica.
Un gran bel sospiro (di speranza?), ci accompagna mentre pensosi usciamo dalla sala.
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lara
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venerdì 23 novembre 2018
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un film che non ti aspetti
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Bellissima fotografia, spazi immensi e rassicuranti, una luce che riscalda il cuore. Alba Rohrwacher è Lucia. Disperata, tenera, tenace. Vorresti abbracciarla e un attimo dopo ridi con le lacrime. Una commedia con un forte messaggio ambientalista ed etico. La madonna che appare per ricordare a Lucia chi è e cosa è giusto. Che bel film! Alba Rohrwacher bravissima come non mai!
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fulviowetzl
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venerdì 23 novembre 2018
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quanta grazia, quanta luce!
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"Troppa Grazia" è un film inondato di luce e di grazia, che tratta di quattro elementi che inondano letteralmente lo schermo: la terra presente, coltivata e non, della Tuscia, che si accavalla ad onde fino a perdersi all'orizzonte e all'infinito, fino a trasformare gli esseri umani in puntini colorati, insetti sgargianti schiacciati sul terreno dal drone; l'acqua evocata e rievocata che improvvisamente si riversa per le strade di Viterbo a fiumi, "miracolosamente" anche se qualche "bugiardo" minimizza l'allagamento liquidandolo (!) come un problema di fognature (in aperta campagna?), o che si scopre nella profondità della terra, dove madre e figlia si addentrano, proprio sotto il luogo del sacrilegio ambientale, dove i corrotti di tutti i gradi e parentele, vogliono costruire "L'onda" un'edificio fucksassiano, anacronistico (nonostante l'andamento ondivago), per ritrovarsi in una grotta dove scorre un fiume carsico come fosse il fondale della "Vergine(!) delle rocce" di Leonardo o nel "Viaggio al centro della terra" di Levin del '59; di fuoco in cui tutto il cantiere finisce, enorme cortocircuito provocato da un elettricista innamorato, che contempla, Nerone, insieme a Alba/Lucia (quali nomi più adatti?), novella Daria Halprin di fronte all'esplosione (vera nella realtà delle riprese, ma immaginata nella narrazione) della villa nel finale di "Zabriskie Point"; e di aria (e luce), cioè di spazio tra i personaggi, i rilievi catastali si fanno a distanza, raggiunti in movimenti di macchina che percorrono il ciglio delle colline, i boschetti che ne macchiano le cime, con tutto il tempo che ci vuole.
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"Troppa Grazia" è un film inondato di luce e di grazia, che tratta di quattro elementi che inondano letteralmente lo schermo: la terra presente, coltivata e non, della Tuscia, che si accavalla ad onde fino a perdersi all'orizzonte e all'infinito, fino a trasformare gli esseri umani in puntini colorati, insetti sgargianti schiacciati sul terreno dal drone; l'acqua evocata e rievocata che improvvisamente si riversa per le strade di Viterbo a fiumi, "miracolosamente" anche se qualche "bugiardo" minimizza l'allagamento liquidandolo (!) come un problema di fognature (in aperta campagna?), o che si scopre nella profondità della terra, dove madre e figlia si addentrano, proprio sotto il luogo del sacrilegio ambientale, dove i corrotti di tutti i gradi e parentele, vogliono costruire "L'onda" un'edificio fucksassiano, anacronistico (nonostante l'andamento ondivago), per ritrovarsi in una grotta dove scorre un fiume carsico come fosse il fondale della "Vergine(!) delle rocce" di Leonardo o nel "Viaggio al centro della terra" di Levin del '59; di fuoco in cui tutto il cantiere finisce, enorme cortocircuito provocato da un elettricista innamorato, che contempla, Nerone, insieme a Alba/Lucia (quali nomi più adatti?), novella Daria Halprin di fronte all'esplosione (vera nella realtà delle riprese, ma immaginata nella narrazione) della villa nel finale di "Zabriskie Point"; e di aria (e luce), cioè di spazio tra i personaggi, i rilievi catastali si fanno a distanza, raggiunti in movimenti di macchina che percorrono il ciglio delle colline, i boschetti che ne macchiano le cime, con tutto il tempo che ci vuole. E circondati da questi elementi si muovono i personaggi, come Lucia/Alba e la Madonna, con il paradosso che il personaggio più fisico, determinato nella verità, fino a venire alle mani e a strappare i capelli per imporla, ma capace anche di fisicissime e consolanti carezze, è propio Lei, mentre Lucia è smaterializzata dal controluce e controcielo, sempre a un passo dal fuorifuoco, pronta a sgambettare con le sue caviglie sottili, a superare crinali e campi quasi correndo per andare addosso a queste figurine apparentemente bonarie, o dalla stazza rassicurante come il sindaco Battiston, ma in realtà creatori e contemplatori di disastri. Una ventata di ossigeno, cinematografica e umanissima, che si sprigiona dai capelli perennemente mossi di Alba, nella sua prova più matura (quando mai non lo è stata?) al limite dell'identificazione masochistica, che ci obbliga a guardarla correre e correre ma sopratutto ad agire, contagiandoci a fare altrettanto, per arginare la stupidità, fino a spingere (senza proferir parola) Elio al gesto liberatorio (per lui e per l'umanità tutta) che gli vediamo compiere. Non c'è che da correre al cinema...
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