gianleo67
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venerdì 5 aprile 2019
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l'uomo di neanderthal è vivo e lotta insieme a noi
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Ispettrice doganale dal fiuto infallibile, Tina è una donna dall'aspetto ferino che vive con un addestratore di cani perdigiorno in una baita al confine dei boschi. Il suo incontro con un essere deforme simile a lei, le farà scoprire la sua vera natura e le sue reali origini, ma al contempo la renderà testimone di un abbrutimento morale che accomuna i due mondi di cui sente da sempre di far parte. Storia di recinti e di cattività, quella dell'omonimo romanzo di John Ajvide John Lindqvist da cui il film è tratto, sembra proseguire il discorso sull'ambiguità sottesa alla natura stessa di creature che si riconoscono diverse eppure uguali, separate da esigenze fisiologiche inconciliabili (il bambino di Lasciami entrare e la sua giovane innamorata succhiasangue) ma accomunate tanto da un trasporto empatico che sfida l'istinto di autoconservazione, quanto dalla brutalità di perversioni morali che demarcano il reale confine del lecito e del tollerabile.
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Ispettrice doganale dal fiuto infallibile, Tina è una donna dall'aspetto ferino che vive con un addestratore di cani perdigiorno in una baita al confine dei boschi. Il suo incontro con un essere deforme simile a lei, le farà scoprire la sua vera natura e le sue reali origini, ma al contempo la renderà testimone di un abbrutimento morale che accomuna i due mondi di cui sente da sempre di far parte. Storia di recinti e di cattività, quella dell'omonimo romanzo di John Ajvide John Lindqvist da cui il film è tratto, sembra proseguire il discorso sull'ambiguità sottesa alla natura stessa di creature che si riconoscono diverse eppure uguali, separate da esigenze fisiologiche inconciliabili (il bambino di Lasciami entrare e la sua giovane innamorata succhiasangue) ma accomunate tanto da un trasporto empatico che sfida l'istinto di autoconservazione, quanto dalla brutalità di perversioni morali che demarcano il reale confine del lecito e del tollerabile. Connotato in misura minore dalla deriva fantasy che caratterizzava il film precedente, quest'ultimo soggetto adattato per il grande schermo, sottolinea in modo più evidente le sue riflessioni allegoriche sulle reali implicazioni sociali che sottendono alla vera natura della diversità, intesa tanto come deviazione più o meno marcata dai caratteri somatici che definiscono il canone estetico della normalità quanto quella più sottile e subdola che ne qualifica una mostruosità etica tanto più pericolosa quanto meno evidente. Se la variabilità filogenetica che consente ad una coppia (e pochi altri esemplari) di neanderthaliani di sopravivere fino ai giorni nostri è solo il plausibile relitto di un passato di convivenza tra specie diverse del genere Homo e più ancora la manifestazione di una duttilità genomica che ha segnato il prevalere casuale di alcuni caratteri su molti altri, il vero traguardo della specie Sapiens sembra essere invece quel tratto distintivo che si chiama umanità; ovvero la capacità di rispetto ed empatia verso gli altri uomini e, in un'accezione più universale, verso tutte le creature viventi, compreso l'altro da sè che potrebbe essere il cugino sfortunato a cui far recidere chirurgicamente un atavismo caudale ancora nella culla od i cui esemplari sottoporre a crudeli esperimenti biologici nel segreto di oscuri laboratori scientifici, salvo adottarne i cuccioli per le proprie esigenze affettive e familiari. Il confine in cui vive la protagonista è quindi molteplice e diversificato, reale e allegorico allo stesso tempo: è una guardia di frontiera dai tratti ferini, dotata di un fiuto infallibile perfino per le esalazioni feromoniche della paura e della vergogna ma anche l'accomodante compagna di un cinofilo inetto con cui divide una baita isolata sul limitare dei boschi, la figlia amorevole di un padre adottivo con molti scheletri nell'armadio e la vicina cordiale di una civilissima coppia di vicini sensibili, la tollerante destinataria dell'inveterata intolleranza della specie umana ma anche la inflessibile fustagatrice delle sue inaccettabili perversioni, la passionale amante di un partner brutale con cui condividere una complementare intersessualità ma anche la integerrima delatrice delle sue malefatte; un essere speciale cioè le cui imperfezioni ed i cui adattamenti (a metà tra la natura bestiale della sua fisiologia e quella morale della sua umanità) hanno reso un essere perfetto e superiore, in grado di fustigare le malefatte degli uomini ma che non esita a tradire i propri simili, reietti e perseguitati dall'alba dei tempi (come Troll), se a loro volta responsabili di odiosi crimini contro natura. Sviluppato come una fiaba drammatica sospesa tra il realismo delle allegorie sociali (il regista è un cittadino svedese di origini iraniane che ha dichiarato di essere stato ispirato da una indiretta esperienza di discriminazione e di intolleranza) ed i richiami favolistici alla mitologia norrena, tra l'apologo morale sulla diversità e la parabola naturale sulla meravigliosa variabilità della vita, si chiude significativamente nel segno della contraddizione con la scoperta di una maternità quale dono insperato dell'inganno e della violenza che si puo' perpetrare sulla purezza e l'innocenza dell'infanzia. Contributi tencnici di valore, tra cui bella fotografia del sodale Carlsen e soprattutto il trucco e l'acconciatura (con relativa canditatura agli Oscar 2019) in grado di trasformare gli aitanti Eva Melander ed Eero Milonoff in due mostruose creature dei boschi. Un Certain Regard al Festival di Cannes 2018 ed una pletora di altri premi in giro per il mondo.
...mia davvero ah fosse vero ma chi son io uno scimmione... uno scimmione uno scimmione senza ragione tu fuggiresti, tu fuggiresti...
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umberto
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giovedì 4 aprile 2019
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inquietante.......
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Un film che lascia di sasso lo spettatore, ma non in maniera proprio positiva. L'idea di un fantasy thriller che parla di temi sociali può essere anche buona, ma il modo in cui è stata messa in scena è si originale, ma anche molto pesante. Ritmi a tratti lentissimi, dialoghi meno che essenziali, cambi di scena improvvisi e, a volte, privi di collegamento. Belli i trucchi e gli effetti visivi che rendono le immagini molto crude e quasi reali, ma è l'unica cosa che salvo.
Voto: 5
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freerider
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lunedì 1 aprile 2019
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originale... sì e no
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E’ ormai lungo tempo che dal bacino tematico della diversità si attinge a piene mani, come da una fonte sicura e inesauribile di energia e di ispirazione. Oggi, dopo numerose variazioni sul tema, se da un lato ne constatiamo la perpetua validità “educativa”, dall’altro possiamo chiederci quanto, dal punto di vista puramente creativo, approvvigionarsi alla sempiterna questione delle differenze tra soggetti interagenti sia necessariamente garanzia di un buon risultato.
Border ben si presta a sollevare il quesito, soprattutto perchè dopo la presentazione dei protagonisti, due soggetti ibridi metà umano e metà animale potenzialmente molto interessanti da indagare, si ha la sensazione che il film proceda senza sapere bene dove andare a parare, a parte veicolare un generico messaggio di rivendicazione da parte di un gruppo minoritario oppresso e di biasimo indistinto per un gruppo maggioritario/dominante.
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E’ ormai lungo tempo che dal bacino tematico della diversità si attinge a piene mani, come da una fonte sicura e inesauribile di energia e di ispirazione. Oggi, dopo numerose variazioni sul tema, se da un lato ne constatiamo la perpetua validità “educativa”, dall’altro possiamo chiederci quanto, dal punto di vista puramente creativo, approvvigionarsi alla sempiterna questione delle differenze tra soggetti interagenti sia necessariamente garanzia di un buon risultato.
Border ben si presta a sollevare il quesito, soprattutto perchè dopo la presentazione dei protagonisti, due soggetti ibridi metà umano e metà animale potenzialmente molto interessanti da indagare, si ha la sensazione che il film proceda senza sapere bene dove andare a parare, a parte veicolare un generico messaggio di rivendicazione da parte di un gruppo minoritario oppresso e di biasimo indistinto per un gruppo maggioritario/dominante. Parere personale come sempre, ma forse sarebbe stato più curioso rimanere in ambito realistico indagando in quale diversa misura la componente istintiva e primitiva può verosimilmente presentarsi nella natura umana, riconoscendo così ad alcuni individui (uomini e donne) una peculiare e neutra (neutra nel senso di né positiva né negativa) vicinanza alla terra e agli animali, piuttosto che avventurarsi nel fantastico e immaginare addirittura un genocidio perpetrato da una maggioranza di prevaricatori di turno (che siamo sostanzialmente “noi”) ai danni di creature innocenti prese a prestito dalla mitologia nordeuropea.
Per ovviare all’atteggiamento autolesionista nei confronti del genere umano la scrittura diventa contraddittoria (“gli umani sono cattivi”... “gli umani non sono tutti cattivi”, “se ti senti diversa è perchè sei superiore a loro”... “non devi dire così”, selvaggio è bello ma non troppo...), in parte restituendo la reale difficoltà psicologica di porsi nei confronti degli altri restando se’ stessi e in parte riflettendo l’altrettanto reale difficoltà di dire ancora qualcosa di stimolante su temi già ampiamente navigati.
Difficile, ma non impossibile, evitare le trappole del didattico/già visto, forse un’alternativa possibile alla consumata rappresentazione di maggioranza-prevaricatrice e minoranza-prevaricata - con tutti i suoi passaggi obbligati - potrebbe essere quella di indagare il gruppo meno noto dal suo interno, mettere la penna e la macchina da presa dalla parte di chi è più in ombra e liberarsi dell’obbligo di confronto con la maggioranza antagonista (ammesso che quest’ultima sia effettivamente sempre nemica, in tutti i casi, anche in quelli di invenzione), rinunciare a definire per differenza, dare voce approfondendo anzichè soltanto contrapponendo.
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sabato 30 marzo 2019
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pessiml
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Pessimo , non si capisce nulla della trama.
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cinefoglio
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sabato 23 marzo 2019
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istantanea di border – creature di confine
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Nella stagione primaverile, si fa strada sul grande schermo una storia di confine e di «confinati», a tratti evocativa della fiaba con elementi grotteschi, a tratti in pieno stile detective, inserita in un landscape tutto nordico, dominato dalla natura diafana, dal sottobosco muschioso e dalle alci.
Il giovane regista Ali Abbasi, di origini iraniane, confeziona un secondo lungometraggio coerente in tutti i suoi elementi, dotato di una storia semplice da seguire, ma essenziale nelle sue parti, con quel gusto fisionomico del tutto peculiare che gli è valso il premio Un Certain Regarde allo scorso Festival di Cannes.
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Nella stagione primaverile, si fa strada sul grande schermo una storia di confine e di «confinati», a tratti evocativa della fiaba con elementi grotteschi, a tratti in pieno stile detective, inserita in un landscape tutto nordico, dominato dalla natura diafana, dal sottobosco muschioso e dalle alci.
Il giovane regista Ali Abbasi, di origini iraniane, confeziona un secondo lungometraggio coerente in tutti i suoi elementi, dotato di una storia semplice da seguire, ma essenziale nelle sue parti, con quel gusto fisionomico del tutto peculiare che gli è valso il premio Un Certain Regarde allo scorso Festival di Cannes.
La narrazione vede coinvolta Tina, interpretata da una «truccatissima» Eva Melander, operatrice della dogana, all’interno di un’indagine di polizia a seguito della scoperta di materiale pedopornografico trasportato in un telefonino, scovato proprio grazie al fiuto innato della protagonista. Nell vita personale di Tina, si aggiungerà la conoscenza di Vore, interpretato dall’attore finlandese (terra tanto anelata dal personaggio) Eero Milonoff, uomo misterioso anch’egli «benedetto» dalla forma bestiale.
La narrazione procede spedita e ben organizzata, dotata solo degli elementi necessari alla costruzione dell’intreccio tra la vita personale e quella professionale di Tina, valorizzando ogni inquadratura ed ogni informazione visiva e uditiva prodotta.
Il film Border, possedendo un’architettura semplice e solida, racconta sì una storia coerente ed efficace, che colpisce però per l’estetica facciale ed animale dei personaggi. Una fisicità bestiale, che man mano diventa sempre più presente nella vita di Tina, scontrandosi, o meglio amalgamandosi, con l’esperienza umana acquisita, che a volte cede il posto ad un exploit selvaggio (non considerato incivile quanto prossimo al primordiale), altre volte alla morale tipica degli «animali sociali», in grado di discernere (qui si evince la speranza ma anche tutta l’ineluttabilità della perversione umana) tra il bene e la malvagità delle azioni.
La pellicola affronta trasversalmente diverse tematiche, tra le quali (d’impatto è l’analisi del nudo e del sesso) si dipinge il ritratto di una femminilità, trascurata nella forma, ed alla ricerca di una sensibilità non tanto nell’aspetto esteriore, assimilato ed accettato, quanto nelle viscere del grembo materno infertile della protagonista.
La sfera della nascita e della prole è il leit motiv collante della vicenda: l’abuso di bambini per la produzione di materiale illegale parallelamente all’abuso fisico e psicologico, che Tina, Vore ed i loro genitori biologici (gli essere ai confini della società), hanno dovuto sperimentare dalla nascita; la perdita ed il rapimento del nascituro della giovane coppia (e delle molte altre), contrapposto all’essere embrionale auto-generatosi, privo di una fecondazione genitoriale, ma in grado di sopravvivere, ponendo le basi alla formazione di una nuova famiglia ed al proseguimento della discendenza.
Border è sia confine morale che geologico, dove, nello spazio fiabesco e grottesco, dotato di colori anonimizzanti, le specie lottano per la sopravvivenza e per il riconoscimento, per la vendetta personale o per la morale sociale, in un contesto denso di pregiudizi e pietismi che lasciano il posto tanto rapidamente a questioni ben più importanti: la ricerca della propria natura e la raison d'être, in oscillazione tra umanità ascritta ed animalità innata.
23/03/2019
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