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lunedì 22 ottobre 2018
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spike lee is back!
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Più potente ed attuale che mai. Finalmente!
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winchester_94
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domenica 14 ottobre 2018
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due facce della stessa medaglia
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Il bianco e il nero, due facce della stessa medaglia, destinati ad uno scontro senza fine, dove la salvaguardia della propria razza, rappresenta, l’obbiettivo primario, ma eliminare qualsiasi “rospo”, diverso dalla propria pelle, rappresenta un obbligo. Queste parole, trasducono il clima che si respira in Blackkklansman, ultimo film di Spike Lee, che attraverso l’ironia e una fedele rappresentazione di un’America anni settanta, divisa, riflette e interroga, ancora una volta lo spettatore, su una realtà come non mai, sempre più attuale.
La pellicola, tratta da una storia vera, narra la vicenda di un poliziotto afro-americano, Ron Stallworth, di Colorado Springs, interpretato da John David Washington.
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Il bianco e il nero, due facce della stessa medaglia, destinati ad uno scontro senza fine, dove la salvaguardia della propria razza, rappresenta, l’obbiettivo primario, ma eliminare qualsiasi “rospo”, diverso dalla propria pelle, rappresenta un obbligo. Queste parole, trasducono il clima che si respira in Blackkklansman, ultimo film di Spike Lee, che attraverso l’ironia e una fedele rappresentazione di un’America anni settanta, divisa, riflette e interroga, ancora una volta lo spettatore, su una realtà come non mai, sempre più attuale.
La pellicola, tratta da una storia vera, narra la vicenda di un poliziotto afro-americano, Ron Stallworth, di Colorado Springs, interpretato da John David Washington. Dopo esser stato burlato, per il colore della pelle, da un collega e essersi infiltrato, in una riunione dell’unione studenti neri, del Colorado College è pronto a distinguersi nel dipartimento, iniziando a mettersi in contatto telefonico con il capo del Ku Klux Klan, David Duke, avviando così, un’operazione sotto copertura all’interno dell’organizzazione, grazie all’aiuto del suo collega, Flip Zimmerman, interpretato dall’ormai affermato Adam Driver.
Spike Lee, torna alle origini della sua filmografia, riproponendo l’intolleranza, alternando l’ironia e l’umorismo, alla tragicità e alla violenza, costruendo così una sceneggiatura pulita e equilibrata, con lo scopo di divertire lo spettatore, senza però edulcorare la dura verità.
Gli elementi centrali, che vengono evidenziati, sin dall’inizio del film sono l’odio e la rabbia, incarnati dal razzismo che come un serpente, corrompe l’animo delle persone, sfruttando le loro paure, spingendole anche ad uccidere, creando così di conseguenza una radicalizzazione e impoverimento dei valori, all’interno della società.
La fotografia calda e un’estetica fedele ai film anni settanta e ottanta, oltre a far da sfondo, ad un clima di intolleranza presente in quell’epoca, si evidenzia al suo interno, la riflessione, principio fondamentale, incarnato dal personaggio di Adam Driver, che si interroga sulle sue origini religiose che pur non onorandole, lo portano a difenderle dalla religione dell’odio, prendendo coscienza, dell’amara realtà della società.
Blackkklansman, grazie alla sapiente regia di Spike Lee, si conferma uno dei film più interessanti della stagione, facendo comprendere allo spettatore che l’intolleranza e l’odio, serpeggiano ancora oggi, in forme diverse, rendendo l’uomo, un essere incapace di imparare dagli errori della storia, incapace di riflettere, incapace di comprendere ma soprattutto, incapace di amare.
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alesimoni
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martedì 9 ottobre 2018
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america first
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Finalmente Spike Lee è tornato. Dopo gli ultimi, pesanti, flop il regista statunitense sembra aver ritrovato il tocco , ritornando a un genere political/poliziesco che gli si addice molto e che fa pensare. La sceneggiatura è credibile e il film si segue bene, forse ha esagerato un po' nell'inserimento di sequenze per "speigare" la causa dei neri e il contesto sociale: nel tratto in cui il signore anziano racconta la sua storia sembra più un documentario che un film. Per il resto gli attori sono bravi sia Driver che Washington che la Harrier, ci sono anche diverse sequenze molto divertenti. C'è da dire anche che il modo in cui scimmiotta il capo del Ku Ku Klan, rendendolo una macchietta, mi ha ricordato parecchio Django di Tarantino.
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Finalmente Spike Lee è tornato. Dopo gli ultimi, pesanti, flop il regista statunitense sembra aver ritrovato il tocco , ritornando a un genere political/poliziesco che gli si addice molto e che fa pensare. La sceneggiatura è credibile e il film si segue bene, forse ha esagerato un po' nell'inserimento di sequenze per "speigare" la causa dei neri e il contesto sociale: nel tratto in cui il signore anziano racconta la sua storia sembra più un documentario che un film. Per il resto gli attori sono bravi sia Driver che Washington che la Harrier, ci sono anche diverse sequenze molto divertenti. C'è da dire anche che il modo in cui scimmiotta il capo del Ku Ku Klan, rendendolo una macchietta, mi ha ricordato parecchio Django di Tarantino. In generale un buon film, che fa riflettere , sorridere e non annoia mai.
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roberteroica
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lunedì 8 ottobre 2018
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blackkklasman
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Spike Lee con “BlacKKKlasman” torna a giocare in casa e infatti vince un Grand Prix all’ultimo Festival di Cannes. Colorado Springs, 1971 (ce ne accorgiamo quando vediamo Cibyl Sheperd occhieggiare da un rotocalco): un poliziotto di colore (John David Washington, figlio di cotanto padre) contatta via filo telefonico un’organizzazione di razzisti rozzi e violentissimi, spacciandosi per un bianco. Conduce un sottile gioco di gatti contro topi e invia un collega (Adam Driver) a prestare aderenza alla voce che il clan è ormai abituata a sentire. Fino ad arrivare al leader nazionale, David Duke, che ci fa la figura del fesso di primo pelo. Il problema è che prima o poi i nodi arrivano al pettine….
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Spike Lee con “BlacKKKlasman” torna a giocare in casa e infatti vince un Grand Prix all’ultimo Festival di Cannes. Colorado Springs, 1971 (ce ne accorgiamo quando vediamo Cibyl Sheperd occhieggiare da un rotocalco): un poliziotto di colore (John David Washington, figlio di cotanto padre) contatta via filo telefonico un’organizzazione di razzisti rozzi e violentissimi, spacciandosi per un bianco. Conduce un sottile gioco di gatti contro topi e invia un collega (Adam Driver) a prestare aderenza alla voce che il clan è ormai abituata a sentire. Fino ad arrivare al leader nazionale, David Duke, che ci fa la figura del fesso di primo pelo. Il problema è che prima o poi i nodi arrivano al pettine…. Un poliziesco che mette insieme tante cose: la black exploitation degli anni 70, i crime movie alla Shaft, Carmichael e le Pantere Nere, la “nascita di una Nazione” e il suo sogno continuamente interrotto, Via col Vento e la denuncia civile. L’andamento è in partenza fiacco e costantemente in apnea, con un protagonista che non sempre a è buon partito con un copione che mischia comicità in levare e didascalismi non proprio alla Spike Lee (specialmente nei dialoghi tra Pamela e Ron). Ma è una scelta di stile, che si adegua a una materia complessa e irrisolta e che progressivamente si ammanta di una sottile malia (merito anche dello straordinario commento musicale di Terence Blanchard) fino ad esplodere in un finale convulso e ineluttabile. E quando si pensa che il grottesco sia un pedale troppo facile da pigiare irrompe la realtà in tempo reale di questi anni per dare un senso alle immagini di quella che non potrà mai essere ancora Storia.
Voto: 7,5
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ruger357mgm
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lunedì 8 ottobre 2018
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spike rifà la cosa giusta....quasi
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Tributiamo le quattro stelle a Spike Lee non perchè il film le meriti ma per festeggiare il ritorno di una certa qual mano felice che sembrava avere perso. Il suo essere orgogliosamente black è la cifra stilistica del suo cinema, da Clockers a Fa la cosa giusta al penoso "miracolo a sant'anna". Qui però Spike fa di più: avvicina lo spettatore europeo alla cruda realtà americana, quella che anche grazie all'inerzia e alla apatia dei neri ha mandato Trump alla casa bianca. Lo fa col suo occhio lucido, la sua fotografia a livello strada, i primi piani azzeccati e le facce giuste per i "cattivi". Parla di cose apparentemente distanti dalla sonnacchiosa Europa ma che basta passeggiare una mattina per le strade del centro di una qualunque città lombarda , veneta o siciliana, per capire che poi nella sostanza non sono poi così estranee alla nostra vita quotidiana.
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Tributiamo le quattro stelle a Spike Lee non perchè il film le meriti ma per festeggiare il ritorno di una certa qual mano felice che sembrava avere perso. Il suo essere orgogliosamente black è la cifra stilistica del suo cinema, da Clockers a Fa la cosa giusta al penoso "miracolo a sant'anna". Qui però Spike fa di più: avvicina lo spettatore europeo alla cruda realtà americana, quella che anche grazie all'inerzia e alla apatia dei neri ha mandato Trump alla casa bianca. Lo fa col suo occhio lucido, la sua fotografia a livello strada, i primi piani azzeccati e le facce giuste per i "cattivi". Parla di cose apparentemente distanti dalla sonnacchiosa Europa ma che basta passeggiare una mattina per le strade del centro di una qualunque città lombarda , veneta o siciliana, per capire che poi nella sostanza non sono poi così estranee alla nostra vita quotidiana. Per raggiungere l'obietttivo utilizza le risorse, i volti di cui dispone, che non sono più quelli di John Turturro o Rosie Perez, ma che paiono sufficienti alla bisogna. La storia è quella di un detective undercover, in servizio presso una specie di Digos della contea, nel Colorado, che si infiltra, solo con la voce prima e poi piazzando il suo alter ego caucasico, all'interno di un balordo gruppo di svitati aderenti al Ku Klux Klan, organizzazione revanscista e razzista, fondata dopo la guerra di secessione americana dall'ex generale confederato Nathan Bedford Forrest, per ribadire la supremazia della razza bianca sugli ex schiavi afroamericani.Il racconto, ambientato nei seventies, si snoda con troppa lentezza e prevedibilità ma non senza un sottile, persistente senso di malessere, un'inquietudine di cui si scopre il motivo alla fine del film. Non è purtroppo solo fiction, è la dura realtà del suprematismo, del "padroni a casa nostra", del "make America great again" . Degli attori si salvano la bellissima black panther che interpreta Patrice, il vecchio Harry Belafonte il cui cameo testimonia l'indomabilità a favore dei diritti civili di questo vecchio leone e lo psicolabile Felix, un vero sudista imbevuto di follia religiosa e fanatismo nazistoide.Con venti minuti in meno sarebbe risultato un film perfetto ( scena del ballo in primis). Impegnato.
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adams
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domenica 7 ottobre 2018
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se non fosse un film di spike lee
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Se fosse un film di un esordiente, sarebbe senz'altro un prodotto accettabile. Ma in questo caso il regista risponde al nome di Spike Lee, uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, quindi è logico aspettarsi un'opera di altissimo livello (motivo per cui ho attraversato mezza Toscana per vederlo). E purtroppo, a parte un buon cast e una ricostruzione credibile, la lunga storia risulta fiacca, appena appena corretta (troppo!) dove i cattivi sono cattivi e i buoni sono buoni, come in un cartone animato per bambini. Tant'è che alla fine l'unico personaggio a risultare quantomeno credibile, è proprio il capo del KKK, incapace di riconoscere la voce di un uomo di colore al telefono.
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Se fosse un film di un esordiente, sarebbe senz'altro un prodotto accettabile. Ma in questo caso il regista risponde al nome di Spike Lee, uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, quindi è logico aspettarsi un'opera di altissimo livello (motivo per cui ho attraversato mezza Toscana per vederlo). E purtroppo, a parte un buon cast e una ricostruzione credibile, la lunga storia risulta fiacca, appena appena corretta (troppo!) dove i cattivi sono cattivi e i buoni sono buoni, come in un cartone animato per bambini. Tant'è che alla fine l'unico personaggio a risultare quantomeno credibile, è proprio il capo del KKK, incapace di riconoscere la voce di un uomo di colore al telefono. Perché i personaggi di un film, DEVONO avere dei difetti, DEVONO cambiare durante il dipanarsi della storia. Invece qui non accade un bel niente, lasciando nello spettatore l'impressione di aver assistito alla proiezione di un'opera inutile lastricata di buone intenzioni, incapace di aggiungere niente ai capolavori come Fa' la cosa giusta o Malcom X. E in tempi come questi è di una gravità imperdonabile.
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sabato 6 ottobre 2018
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2 ore di occasioni sprecate
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La storia su cui si basa è bella, il tema da trattare bello, importante e pieno di opportunità. Non è un brutto film per carità, la regia è impeccabile. Ce ne fossero di film del genere. Tuttavia mi sembra ci sia una superficialità disarmante, mi aspettavo più profondità, più efficacia nel trasmettere il messaggio. Peccato
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maramaldo
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giovedì 4 ottobre 2018
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"no place for hate"
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" Caro il mio vecchio Spike, spazio per l'odio nel tuo film ce n'è e non solo quello dei picchiatelli di Colorado Spring o dei facinorosi di Charlottesville. Non c'è da stupirsi. Mostri come sia dei neri che dei bianchi ad un certo momento inneggiano e reclamano il potere. Segno che non ce l'hanno. Non potendo sopraffare, devono contentarsi di odiare. E sai che l'odio, anche quello dei buoni o degli oppressi, è sempre criminogeno. Ne ricade la responsabilità su chi lo motiva o lo fomenta al pari di chi ne produce o non ostacola le cause.
Strutturalmente il tuo lavoro è vintage e per attualizzarlo hai duvuto fare un bel salto logico-temporale.
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" Caro il mio vecchio Spike, spazio per l'odio nel tuo film ce n'è e non solo quello dei picchiatelli di Colorado Spring o dei facinorosi di Charlottesville. Non c'è da stupirsi. Mostri come sia dei neri che dei bianchi ad un certo momento inneggiano e reclamano il potere. Segno che non ce l'hanno. Non potendo sopraffare, devono contentarsi di odiare. E sai che l'odio, anche quello dei buoni o degli oppressi, è sempre criminogeno. Ne ricade la responsabilità su chi lo motiva o lo fomenta al pari di chi ne produce o non ostacola le cause.
Strutturalmente il tuo lavoro è vintage e per attualizzarlo hai duvuto fare un bel salto logico-temporale. Per gratificare lo spettatore, buona l'idea di tirare in ballo l'ultimo arrivato alla Casa Bianca. La gente lo vede volentieri dal vivo in quanto diverte meglio degli imitatori e sicuramente più dei detrattori maleauguranti.
Certo, facendolo parlare come un fiancheggiatore di razzisti riottosi e violenti hai pure fatto trapelare l'antipatia dell'invidioso per un imbonitore più bravo e fortunato. Non nuocendo più di tanto al colorito personaggio il quale ha ormai fatto il callo a derisioni, denigrazioni e imboscate mediali. Demonizzazione eccessiva in quanto mostri da caricature, battute e segni di sapere chi muove le fila. Ma l'incontinenza dell'ardore polemico ti ha fatto fare altri danni mettendoti in cattiva luce proprio presso quei benpensanti che avrebbero dovuto condividerre la tua denuncia. Hai contribuito a demolire un mito che da tempo resisteva e che giovava soprattutto al tuo popolo.
Oggi nessuno, neanche da noi, accenna all'esempio virtuoso, all'auspicabile destino, alla meta obbligata che si indicano col nome di "melting pot" all'americana. Integrazione, modus vivendi delle tante anime del tuo Paese con cui qualcuno ha pur saputo farlo Nazione e grande.
Non vorrei che a Cannes ti avessero applaudito per questo."
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flyanto
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martedì 2 ottobre 2018
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un'infiltrato del tutto particolare
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni.
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni. Il piano sembra funzionare bene sin dall’inizio sebbene, col passare dei giorni, esso si riveli altamente pericoloso per tutti….
Con questa pellicola Spike Lee affronta, come sempre, delle tematiche altamente scottanti riguardanti le problematiche che coinvolgono la popolazione bianca e quella nera: ciò che egli qui presenta ed asserisce è principalmente l’intolleranza razziale che vige sempre e nei confronti di tutte le razze o confessioni non solo in quella strettamente legata alla popolazione nera. Senza raggiungere le efferatezze dei movimenti, quali, appunto, quello del Ku Klux Klan, ciò che Lee dimostra, soprattutto alla fine del film, è come l’intolleranza tra gli uomini regni sovrana e come sia sempre esistita in tutte le epoche, scatenando violenza, inutili morti od atti vandalici e, pertanto, distruzione totale, non solo materiale, di ogni valore e principio umano.
La pellicola è ben girata (del resto, Spike Lee, è un maestro del genere) ed ha un ritmo serrato che rende la vicenda avvincente ed intrigante. In aggiunta, non manca una certa dose di ironia che stempera notevolmente la dolorosa problematica dell’intolleranza rendendo il film piacevole ed affatto pesante nel suo contenuto, seppure come spunto di riflessione per lo spettatore.
In conclusione la denuncia, già sempre avanzata e fortemente combattuta in precedenza da Lee, è sempre la solita e pertanto non vi è nulla di nuovo da rilevare, ma la pellicola presenta una storia in sé singolare ed al tal punto divertente da rasentare l’assurdo ed il paradossale facendo proprio in ciò risiedere il suo valore.
Sicuramente consigliabile.
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flyanto
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martedì 2 ottobre 2018
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un'infiltrato del tutto particolare
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni.
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni. Il piano sembra funzionare bene sin dall’inizio sebbene, col passare dei giorni, esso si riveli altamente pericoloso per tutti….
Con questa pellicola Spike Lee affronta, come sempre, delle tematiche altamente scottanti riguardanti le problematiche che coinvolgono la popolazione bianca e quella nera: ciò che egli qui presenta ed asserisce è principalmente l’intolleranza razziale che vige sempre e nei confronti di tutte le razze o confessioni non solo in quella strettamente legata alla popolazione nera. Senza raggiungere le efferatezze dei movimenti, quali, appunto, quello del Ku Klux Klan, ciò che Lee dimostra, soprattutto alla fine del film, è come l’intolleranza tra gli uomini regni sovrana e come sia sempre esistita in tutte le epoche, scatenando violenza, inutili morti od atti vandalici e, pertanto, distruzione totale, non solo materiale, di ogni valore e principio umano.
La pellicola è ben girata (del resto, Spike Lee, è un maestro del genere) ed ha un ritmo serrato che rende la vicenda avvincente ed intrigante. In aggiunta, non manca una certa dose di ironia che stempera notevolmente la dolorosa problematica dell’intolleranza rendendo il film piacevole ed affatto pesante nel suo contenuto, seppure come spunto di riflessione per lo spettatore.
In conclusione la denuncia, già sempre avanzata e fortemente combattuta in precedenza da Lee, è sempre la solita e pertanto non vi è nulla di nuovo da rilevare, ma la pellicola presenta una storia in sé singolare ed al tal punto divertente da rasentare l’assurdo ed il paradossale facendo proprio in ciò risiedere il suo valore.
Sicuramente consigliabile.
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[+] spike lee...fa' il film giusto...
(di antoniomontefalcone)
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[+] antisemitismo
(di pekka333)
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