milena
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venerdì 21 aprile 2017
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lungo, noioso e inconcludente. peccato!
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Ho visto altri film dello stesso regista e avevo delle aspettative. Purtroppo cosi non è stato. Ad un certo punto volevo uscire dal cinema.
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emanuele1968
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mercoledì 12 aprile 2017
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mah.....?
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Caspita ne sono passati di anni da Saturno Contro, resto basito e invecchiato. Un mito Serra Yilmaz praticamente l'opposto di Cameron Diaz. Il film no comment, cioè, bello ma di una bellezza che deve piacere, Ozpetek puoi rimborsati del biglietto?
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fudalcor
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domenica 9 aprile 2017
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begli attori, trama incomprensibile e noiosa
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I protagonisti sono belli ed espressivi, ma poco credibili nei rari momenti in cui si capisce qualcosa di una trama inesistente che rende il film lento e noioso.
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francodiguardo
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martedì 28 marzo 2017
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interessante
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“Chi guarda troppo il passato, non vede il futuro”
Frase chiave del film, quella stessa chiave di colore oro, che la madre (albedo) di Deniz consegna allo scrittore ospite nella casa rossa sulle rive del Bosforo, per aprire la stanza del figlio oramai scomparso misteriosamente da giorni.
Come nel viaggio introspettivo di Ulisse nel mare, dove egli conobbe gli uomini dell’Odissea, così allo stesso accade al protagonista del film.
Orhan Sahin, scrittore che deve la sua fama a una raccolta di favole antiche Turche, torna nella sua magica Istanbul , dopo vent'anni di esilio a Londra.
Il protagonista dagli occhi blu intenso, incontra tutti personaggi protagonisti del suo stesso romanzo, e si scontra con il suo triste passato dalla quale non riesce a rassegnarsi, e come sabbia negli ingranaggi blocca il finale del suo romanzo.
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“Chi guarda troppo il passato, non vede il futuro”
Frase chiave del film, quella stessa chiave di colore oro, che la madre (albedo) di Deniz consegna allo scrittore ospite nella casa rossa sulle rive del Bosforo, per aprire la stanza del figlio oramai scomparso misteriosamente da giorni.
Come nel viaggio introspettivo di Ulisse nel mare, dove egli conobbe gli uomini dell’Odissea, così allo stesso accade al protagonista del film.
Orhan Sahin, scrittore che deve la sua fama a una raccolta di favole antiche Turche, torna nella sua magica Istanbul , dopo vent'anni di esilio a Londra.
Il protagonista dagli occhi blu intenso, incontra tutti personaggi protagonisti del suo stesso romanzo, e si scontra con il suo triste passato dalla quale non riesce a rassegnarsi, e come sabbia negli ingranaggi blocca il finale del suo romanzo.
Bisogna esserci stato a Istanbul per capire ciò che Ozpetek vuole trasmettere in questo suo film, il frastuono del porto, il muezzin che chiama alla preghiera, il bellissimo e unico panorama visto dal Bosforo ed in fine il ponte sospeso che collega la città antica a quella moderna.
Sahim deve ritrovare Deniz, Sahim deve ritrovare se stesso, ma i personaggi del suo stesso romanzo lo mettono alla prova, Yusuf (nigredo), Neval (rubedo) sono legati da una stessa catenina al collo, e si susseguono a vicenda tormentando Sahim, che dopo venti anni torna da sua sorella, unica superstite della famiglia, che vende da sempre orologi, che segnano le cinque dimensioni del tempo, aion, kronos, niun, cairos, escaton , in una Istanbul protesa verso l’avvenire, verso il futuro, voluto da Ataturk.
Istanbul ovvero verso la città santa, verso Gerusalemme, il ritrovare se stesso.
Il cane (fedeltà e costanza) Tommy tornerà, e Sahim lo aspetta, in quella casa rossa oramai vuota dopo il trasloco dei suoi abitanti.
Il romanzo di Sahim volge alla conclusione, i personaggi scompaiono tutti,
Sahim è nudo davanti al Bosforo, e si tuffa in quel mare blu
oramai è certo che Deniz lo aspetta dall’altra parte della sponda,
laddove la rubedo tinge la pellicola negli ultimi secondi del film.
Franco Di Guardo
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maxbest
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domenica 26 marzo 2017
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inutile
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Distante da "Le fate ignoranti" anni luce, questo film cade sulle citazioni più banali, non descrive Istanbul se non proponendoti il Bosforo in tutte le salse, essenzialmente non è altro che uno sbiadito autoritratto di un'alta borghesia allo sbando. Ozpetek non riesce a narrare gli ipotetici intrecci se non in maniera superficiale e stucchevole; il film, che si ripropone un intimismo della memoria, presenta mille personaggi ma non li descrive se non in maniera sciatta, sommaria e in bilico tra realtà e immaginazione. La scansione filmica si compiace all'estremo, rallenta, si impantana, prova a ripartire ma in alcun modo riesce a coinvolgerti. Peccato, perchè la sinossi non sarebbe per niente male, ma l'egoreferenza narrativa l'annulla e la relega ad un compiacimento estetico malconcio e fine a se stesso.
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maramaldo
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martedì 21 marzo 2017
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alla ricerca della turchia perduta...
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...ovvero del Turco che ha smarrito se stesso. Un annetto fa potevi perdere tranquillamente Rosso Istanbul con tutto rispetto per Ozpetek che si conferma artigiano sapiente e attento. Oggi le cose turche impongono attenzione e ripensamenti. Si tratta di genti che, pur perseguitate dalle origini, permeano e condizionano più di un continente. Neppure semplice occuparsi di un solo individuo. L' Ozpetek che ha scritto il libro per la mammma è lo stesso che ne ha fatto un film vent'anni dopo o che adesso ascolta il tg che parla di...lui? Vedete, è come entrare in un labirinto.
L'esercizio di nostalgia fa i conti con una realtà antropologica prima ancora che sociale su cui non si hanno idee chiare.
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...ovvero del Turco che ha smarrito se stesso. Un annetto fa potevi perdere tranquillamente Rosso Istanbul con tutto rispetto per Ozpetek che si conferma artigiano sapiente e attento. Oggi le cose turche impongono attenzione e ripensamenti. Si tratta di genti che, pur perseguitate dalle origini, permeano e condizionano più di un continente. Neppure semplice occuparsi di un solo individuo. L' Ozpetek che ha scritto il libro per la mammma è lo stesso che ne ha fatto un film vent'anni dopo o che adesso ascolta il tg che parla di...lui? Vedete, è come entrare in un labirinto.
L'esercizio di nostalgia fa i conti con una realtà antropologica prima ancora che sociale su cui non si hanno idee chiare. Anzi, sembra tutto un'apparenza lontana dalla sostanza, cosmesi, smalto su unghie. Autostrade a più corsie, il ponte sospeso, grattacieli non fanno America. Short succinti, jeans strappati son i costumi occidentali? Cultura non è vernissage di brutture da spavento. O party con champagne. E quel continuo bevucchiare, cos'è? Tocco di modernità? Scoria di una laicità in liquidazione? Direi uno dei vizi antichi, morì di raki anche Ataturk (chi era costui?). Il racconto è intriso di pessimismo e cupio dissolvi dal sapore balcanico che i personaggi esprimono per lo più con primi piani di facce afflitte. Anche il cane nella foto di Deniz ragazzo pare...bastonato. Due gradevoli eccezioni. Sibel, governante ottusa e autoritaria (chissà che velenoso significato nasconde) ma con il suo fare grottesco è l'unica che solleva lo spirito dello spettatore. Figura centrale Neval che - come solito in queste opere - è oggetto di desiderio che diviene simbolo e ad un tempo aspirazione sublimata che ti pervade come un assillo carnale. Insomma, la vezzosa Neval è la bella Turchia che lo stanco e frustrato Orhan sogna. Fresca e accattivante, infantilmente crudele, fedele solo a se stessa, attenta al passato solo se è di arte e di grazia. Incurante che alle sue spalle si staglia, torva e fiammeggiante, la Torre dei Galati. Essere immaginario, scompare per magia. Orhan non regge al crollo dell'illusione. Non gli resta che...
Niente panico, non lo ritroveremo alla morgue. Se Orhan è l'alter ego di Orzpetek, poche bracciate in più e approda alle sponde della Bisanzio d'Occidente. La grande bellezza lo consolerà. Sarà la sua seconda patria. Con la prima ci sono somiglianze, coincidenze. Come quando, raccontano, appressandosi la decrepita Costantinopoli ad essere scorciata nel barbaro Istanbul ossia quando le orde ottomane hanno già dilagato nell'Impero e premono sotto le mura, sugli ultimi bastioni ancora in piedi si discetta sul sesso degli angeli. Non un modo di dire, ragionamenti seri e dotti per stabilire se le entità celesti fossero maschi o femmine. Un pò come le baruffe dei nostri talk show che vertono su destra e sinistra, euro o non euro, democrazia mai populismo.
Nel film è pure detto che un artista, un intellettuale lo è veramente se ha bazzicato Londra, Parigi e... Roma (grazie, Ferzan). L'Europa.
Figlia di molti padri, con l'anima di nessuno, la creatura compie sessant'anni in questi giorni (marzo 2017). Mostra acciacchi dei quali una geriatria conosce sintomi, pratica rimedi ma non sa nè può guarìre. Il soggetto anziano non vivrà più a lungo però morirà più tardi. Fatela campare, Europa. Per non dare un dispiacere all'Ozpetek che un tempo se ne invaghì. Per non disorientarlo. Altrimenti, in quali acque tuffarsi? Per andare dove?
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roccia_moviereviewer
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sabato 18 marzo 2017
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la potenza del passato e il valore del coraggio
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Il regista e scrittore turco Ferzan Özpetek torna nella sua Istanbul per girare un film tratto da un romanzo dedicato alla madre, a distanza di 20 anni dal suo "il bagno turco" sempre messo in scena in Turchia. Il protagonista Orhan é uno scrittore maturo, temprato dal passato che torna nella sua città natale per fare da editor a un famoso regista; tuttavia il conto da pagare (denso di malinconia e ricordi tormentati) é alto, e presto dovrà fare i conti con esso oltre che con un presente incerto, completamente l opposto della apparentemente sicura e movimentata Istanbul.
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Il regista e scrittore turco Ferzan Özpetek torna nella sua Istanbul per girare un film tratto da un romanzo dedicato alla madre, a distanza di 20 anni dal suo "il bagno turco" sempre messo in scena in Turchia. Il protagonista Orhan é uno scrittore maturo, temprato dal passato che torna nella sua città natale per fare da editor a un famoso regista; tuttavia il conto da pagare (denso di malinconia e ricordi tormentati) é alto, e presto dovrà fare i conti con esso oltre che con un presente incerto, completamente l opposto della apparentemente sicura e movimentata Istanbul. I personaggi, che ruotano tutti intorno alla figura principale nel corso della pellicola, appaiono sicuri e disinvolti in quel mare magnum di emozioni e ricordi passati e sembrano mettere alle strette il riflessivo e paziente Orhan. Presto i personaggi secondari riveleranno tutte le loro fragilità a partire dal regista il quale fa perdere ogni traccia e da un amico comune che funge da filo conduttore, unico forse a mettere in gioco se stesso (dichiara di aver attraversato più volte attraversa nuoto l insodioso Bosforo quasi a voler richiamare disperatamente attenzioni). Da non tralasciare il rapporto tra il protagonista è Naval, una donna giovane e bella ma altrettanto timorosa di non deludere il marito e rifarsi una nuova vita. In conclusione Orhan in quel turbine di desiderio di rivalsa e rimorso per gli errori passati riuscirà con le sue sole forze a ergersi quale eroe coraggioso in un presente che non lascia alcuno spiraglio di salvezza. Sarà lui a porre fine alla opera incompiuta del regista scomparso attraverso un bagno finale nel bosforo, quasi come voler lavar via quanto di sporco e tragico vi era nelle vite passate dei personaggi. Di rilievo una frase: -Ci soffermiamo troppo sul passato da dimenticare il presente. Mai niente di più vero
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andilento
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giovedì 16 marzo 2017
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dialoghi inconsistenti per un film "estetico"
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D'accordo sull'inconsistenza dei dialoghi e di alcune frasi che suonerebbero male anche se scritte sulla carta di un cioccolatino; un vero peccato, l'espressività di Neval e Orhan, senz'altro i migliori, meriterebbe altro spessore. Meno d'accordo sull'estetica del film, sia gli interni delle case che le luci sul Bosforo mi hanno convinto, direi anzi che protagonista del film sembra proprio quel braccio di mare. L'assenza di scenari politici è un punto a favore, almeno per me, non mi è mancata.
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brunx
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mercoledì 15 marzo 2017
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rosso ferzan
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I due protagonisti sono strepitosi. Potrebbe anche fare a meno di parlare, tanto è quello che sono capaci di trasmettere solo con lo sguardo. Il film mi ha emozionato e sono uscito dal cinema con la necessità di stare in silenzio e metabolizzare quello che avevo visto. Il film intreccia ricordi del regista con ritratti di sentimento sopiti o trattenuti. Mi è piaciuto più degli ultimi film di Ozpetek.
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eddylouisdelluc
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mercoledì 15 marzo 2017
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un nuovo stile nel fare un film
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Finalmente un film che mi ha riconciliato con la mia idea di "cinema" con la C maiuscola.
Un viaggio e una messa in prova di noi stessi, nel confrontarci con la scoperta degli altri;..tanto da rigenerarci e rimanere vivi nel nostro presente. Certamente i riferimenti presenti nel film, ad autori come Bergman e Antonioni sono un bagaglio e un mezzo che per me Ozpetek sapientemente ha ben dosato.
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Finalmente un film che mi ha riconciliato con la mia idea di "cinema" con la C maiuscola.
Un viaggio e una messa in prova di noi stessi, nel confrontarci con la scoperta degli altri;..tanto da rigenerarci e rimanere vivi nel nostro presente. Certamente i riferimenti presenti nel film, ad autori come Bergman e Antonioni sono un bagaglio e un mezzo che per me Ozpetek sapientemente ha ben dosato. Il risultato? Un suo personale linguaggio, tra magia, narrazione e stile. Che sorprendentemente mi ha fatto pensare ad una Nouvelle Vague ritrovata e a cui il mercato e il pubblico, oggi non è pronto a recepire. Meglio per me e per chi lo ha apprezzato. Ma un giorno, non lontano, avrà il riscatto che si merita. Vista la bassa qualità dei film d'autore in circolazione e la scarsa -se non totale - formazione culturale dilagante oggi in Italia a cui questo film non è sicuramente diretto.
Grazie Ozpetek per questo film.
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