ilmarchetto
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lunedì 6 marzo 2017
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noioso, lentissimo, soporifero
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Ad un certo punto, dopo aver resistito a sbadigli ed ad un abbiocco diffuso tra tutti gli spettatori... ho iniziato a sperare almeno di vedere qualche immagine di Istanbul ma niente, nemmeno quello!
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flaw54
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lunedì 6 marzo 2017
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ozpetek alla frutta
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Film senza logica e senza un filo narrativo capace di portare a qualcosa. Silenzi, primi piani, un' atmosfera da film impegnato, ma per arrivare a dire cosa? Quando non abbiamo da dire niente meglio rimanere in silenzio e nel caso darsi a qualche altro mestiere. Poi dovrebbe spiegarci il titolo e non soltanto colorare di rosso lo schermo nel finale. Insopportabile.
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(di accio55)
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domenica 5 marzo 2017
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mah!
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Film lento, noioso e sterilmente criptico che non si capisce dove vuole andare a parare. Ci si chiede dove sia il rosso dove sia Istanbul e dove sia il filo narrativo che giustifichi una rappresentazione che procede su istantanee di stati d'animo slegate come schegge di uno specchio andato in mille pezzi. Autocompiacimento narcisistico del regista che visto i buoni lavori precedenti pensa forse di poter volare alto ...talmente alto che forse lassù arriva solo lui ..... almeno glie lo auguriamo. Graz
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angie
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domenica 5 marzo 2017
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rosso come il pathos ritrovato
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Il regista percorre un viaggio interiore che si radica nel passato ma che fa presagire una catarsi ed un riscatto emotivo dei protagonisti che si affaccia nel futuro.
in parallelo la vita appena accennata di una città complessa che fa da sfondo senza essere pienamente protagonista nelle sue dinamiche,un po la Roma di Sorrentino città magica in un film che sceglie un taglio introspettivo e quasi lirico.
strepitosa la regia che analizza sguardi ed espressioni in un film che in alcune scene accenna appena la coralità femminile che distingue le pregresse esperienze cinematografiche di ozpetek..
il mondo complesso di emozioni,amicizie d infanzia,rapporti generazionali irrisolti si tinge di un rosso che caratterizza le passioni e le emozioni ritrovate sino alla capacita' di innamorarsi ancora vissuta dall'editor .
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Il regista percorre un viaggio interiore che si radica nel passato ma che fa presagire una catarsi ed un riscatto emotivo dei protagonisti che si affaccia nel futuro.
in parallelo la vita appena accennata di una città complessa che fa da sfondo senza essere pienamente protagonista nelle sue dinamiche,un po la Roma di Sorrentino città magica in un film che sceglie un taglio introspettivo e quasi lirico.
strepitosa la regia che analizza sguardi ed espressioni in un film che in alcune scene accenna appena la coralità femminile che distingue le pregresse esperienze cinematografiche di ozpetek..
il mondo complesso di emozioni,amicizie d infanzia,rapporti generazionali irrisolti si tinge di un rosso che caratterizza le passioni e le emozioni ritrovate sino alla capacita' di innamorarsi ancora vissuta dall'editor .
il pathos ritorna grazie anche al crogiolo di razze,di situazioni,di difficoltà che fanno da sfondo alla vita passata e presente dei protagonisti.
ozpetez matura artisticamente e ci regala un grande film!,,,,
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vanessa zarastro
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venerdì 3 marzo 2017
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come soffre la ricca borghesia turca
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Rosso Istanbul è un palese omaggio alla città natale di Ozpeteck, e anche alla stessa madre del regista, donna colta, borghese ed emancipata.
Il film descrive una vicenda un po’ intricata in cui tutti hanno dei misteri e tutti soffrono per qualche dolore profondo. Deniz (Nejat Isler) è un regista e anche scrittore che fa tornare Orhan dall’Inghilterra per fargli completare un suo libro autobiografico. Orhan (Halit Ergenç), che è cresciuto nel quartiere Kalamish, sulla riva destra del Bosforo, viene ospitato nella ricca villa di famiglia proprio sulla riva, vicino al famoso ponte. In tal modo Orhan comincia a conoscere una a unatutte le persone descritte nel libro.
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Rosso Istanbul è un palese omaggio alla città natale di Ozpeteck, e anche alla stessa madre del regista, donna colta, borghese ed emancipata.
Il film descrive una vicenda un po’ intricata in cui tutti hanno dei misteri e tutti soffrono per qualche dolore profondo. Deniz (Nejat Isler) è un regista e anche scrittore che fa tornare Orhan dall’Inghilterra per fargli completare un suo libro autobiografico. Orhan (Halit Ergenç), che è cresciuto nel quartiere Kalamish, sulla riva destra del Bosforo, viene ospitato nella ricca villa di famiglia proprio sulla riva, vicino al famoso ponte. In tal modo Orhan comincia a conoscere una a unatutte le persone descritte nel libro. Quasi subito dopo una serata mondana e nottata di grosse bevute, Deniz sparisce senza lasciar traccia. In una sorta di identificazione, Ohran scopre man mano vari segreti dell’amico. Anche lui si porta dentro una sofferenza profonda e i ritagli di giornali tenuti da parte dall’amico, ci svelano il suo dramma. Era fuggito dalla Turchia molti anni prima perché lui e la moglie, in una serata in cui avevano bevuto un po’ troppo, hanno perso il figlio per incuria. (Ma non è una storia simile anche Manchester-by-the-Sea?) Aveva così smesso di bere, di fumare e di provare emozioni in generali distrutto dai sensi di colpa. Era la prima volta che tornava a Istanbul dopo la disgrazia. Comincerà a riprovare sensazioni, emozioni, a trovare il coraggio di andare a trovare la sorella nel vecchio negozio di orologi che era stato di famiglia.
Halit Ergenç è bravo con uno sguardo intenso, e così anche Cigdem Onat, la mamma comprensiva di Deniz.
Istanbul è una città di 15 milioni di abitanti sulle due rive del Corno d’Oro, è maestosa, una grande megalopoli e Ospeteck ce la mostra così, alternando i grattacieli ai ristorantini all’aperto e nei vicoli del vecchio centro. I rumori sono una costante, ma sembrerebbero essere rumori propositivi, di lavori, di costruzioni. Peccato che i dialoghi siano stentati e tutta la storia di sofferenze dei ricchi viziati sia un po’ irritante, mentre ogni tanto il regista inserisce una “cartolina” come flash della vita reale: le manifestazioni, le madri davanti le carceri, la fuga dei ricercati.
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kimkiduk
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giovedì 2 marzo 2017
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cluedo?
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Quando una persona carissima ti dice che è uscito l'ultimo film di Ozpetek e ci vuole andare tu ci vai, perchè di lui hai anche visto Le fate Ignoranti e la Finestra di Fronte.
Poi anche perchè ti piace il cinema e come diceva Truffaut, per fare un grande film devi pensare che lo vedranno molte più donne degli uomini. E in effetti Ozpetek sul piano artistico tradisce poco in questo film. Mi ha convinto per le luci e i paesaggi di Istanbul; per i campi ed i controcampi ripetuti; per i primi piani prolungati; per la ricerca del passato e dell'interiorità dei personaggi tra cui spicca sicuramente Neval. L'inizio è promettente con alcune perle registiche tra cui una ripresa prolungata di nuca del personaggio principale che ti fa pensare per minuti al perchè di questa scelta; verrà addirittura ripetuta altre volte come se non dovesse essere guardato negli occhi, o forse perchè si doveva vedere il film dal suo lato? Altra perla è la cena a casa di Deniz con tutte le donne presenti al tavolo e Orhan capotavola.
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Quando una persona carissima ti dice che è uscito l'ultimo film di Ozpetek e ci vuole andare tu ci vai, perchè di lui hai anche visto Le fate Ignoranti e la Finestra di Fronte.
Poi anche perchè ti piace il cinema e come diceva Truffaut, per fare un grande film devi pensare che lo vedranno molte più donne degli uomini. E in effetti Ozpetek sul piano artistico tradisce poco in questo film. Mi ha convinto per le luci e i paesaggi di Istanbul; per i campi ed i controcampi ripetuti; per i primi piani prolungati; per la ricerca del passato e dell'interiorità dei personaggi tra cui spicca sicuramente Neval. L'inizio è promettente con alcune perle registiche tra cui una ripresa prolungata di nuca del personaggio principale che ti fa pensare per minuti al perchè di questa scelta; verrà addirittura ripetuta altre volte come se non dovesse essere guardato negli occhi, o forse perchè si doveva vedere il film dal suo lato? Altra perla è la cena a casa di Deniz con tutte le donne presenti al tavolo e Orhan capotavola. Sembrava Cluedo con lui indiziato di reato. Deniz è stato ucciso? Si è suicidato? Con il candelabro o la pistola? Ma questa risposta come tante altre il film non la darà. Sembra quasi che Ozpetek abbia avuto un lampo geniale abbia iniziato una storia, ma non sapesse concluderla; allora ha cosparso il film di scene inutili se non quasi ridicole e personaggi (la sorella e l'anziano che litiga con Yusuf) che poco hanno da dire alla storia stessa. Si nota una ricerca di un finale che più volte sembra arrivi ma che non arriva ed arriverà senza lasciare grosso ricordo. Ti farai alcune domande uscendo, ma poche ... in fin dei conti Cluedo diverte se si scopre chi è il colpevole, l'arma e la stanza dell'omicidio.
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xjoko
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giovedì 2 marzo 2017
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ozpetek segreto
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Trovo che il film sia bellissimo e impeccabile nel descrivere qualsiasi tipo di ambientazione anche solo una tavola apparecchiata, ma pecca per lentezza e per non essere totalmente di facile comprensione.Un viaggio introspettivo non segue canoni logici,ma un film che pretende di saperlo raccontare deve saperlo fare. Qui non sempre ci si riesce.
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evak.
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giovedì 2 marzo 2017
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un ferzan ritrovato
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Ozpetek con Rosso Istanbul sembra ritrovare la strada di "casa" un po' perduta nel suo precedene lungometraggio.
É un film che riporta il regista in quell'intima emozione propria dei suoi lavori.
Un'emozione che predilige il viaggio interiore, dove l'estetica dei luoghi lascia spazio ai moti di un sentimento spesso confuso e spaesato, come ogni ritorno nei luoghi dell'infanzia, accompagnato dalla tenerezza e dallo sguardo malinconico del ritrovarsi diversi.
C'è poesia in questo film, raccolta in uno sguardo, in un gesto, in un suono. C'è la distanza necessaria, rispetto a una città che si vede poco nel film, che permette la partecipazione alle assenze e ai vuoti che gli oggetti riportano.
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Ozpetek con Rosso Istanbul sembra ritrovare la strada di "casa" un po' perduta nel suo precedene lungometraggio.
É un film che riporta il regista in quell'intima emozione propria dei suoi lavori.
Un'emozione che predilige il viaggio interiore, dove l'estetica dei luoghi lascia spazio ai moti di un sentimento spesso confuso e spaesato, come ogni ritorno nei luoghi dell'infanzia, accompagnato dalla tenerezza e dallo sguardo malinconico del ritrovarsi diversi.
C'è poesia in questo film, raccolta in uno sguardo, in un gesto, in un suono. C'è la distanza necessaria, rispetto a una città che si vede poco nel film, che permette la partecipazione alle assenze e ai vuoti che gli oggetti riportano.
C'è l'accettazione di ciò che cambia, di ciò che non c'è più, di ciò che il protagonista non è più o forse non è mai stato.
C'è quell'unico specchio che conduce alla liberazione emotiva e alla libertà. Forse si chiama proprio madre alla quale il film è dedicato.
Un buon film, che emoziona. C'è solo qualche piccola stonatura nei dialoghi dove le frasi pronunciate talvolta suonano come estemporanee.
Lo amerete.
Bentornato a "casa" Ozpetek
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