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oleandro tormenta
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lunedì 1 maggio 2017
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una vera skifezza
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Ma che razza di film è questo? Sceneggiatura banale e noiosa. Mi chiedo come mai Servillo abbia accettato di fare un film come questo. Ho resistito solo mezz'ora e poi me ne sono andato. I produttore mi rimborserà i 6 euri del biglietto?
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ralphscott
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venerdì 28 aprile 2017
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commedia non convenzionale
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Tre stelle/4. Godevole commedia fuori dall'ordinario. Attori in stato di grazia e occasione per vedere un Servillo insolito,che sembra anche ringiovanito.
Molto brava la Signoris e Marinelli...il solito incredibile camaleonte. Ci sono ritmo,situazioni isilaranti,assenza assoluta di battute di dubbio gusto e di volgarità. Si esce dalla sala con ottimismo e buon umore.
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pietro69
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giovedì 27 aprile 2017
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banale banale
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Le premesse sono buone, ma dopo 15 minuti il film scade decisamente nella banalità. Trama e battute sembrano quelle dei film di Boldi e De Sica.
Solo che a dirle questa volta è Servillo e quindi guai! Se lo critichi non capisci nulla!
Servillo ha toppato.
Echegui davvero imbarazzante.Quasi fastidiosa.
Signoris anonima.
Bravo solo Marinelli.
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tamalex
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mercoledì 26 aprile 2017
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ti fa star bene!
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Una commedia perfetta in cui si fondono con armonia reminiscenze dei mostri sacri del passato sia nostrano che internazionale, spaziando da Woody Allen a Manfredi, da Gassman ai fratelli Cohen. Servillo è favoloso anche in queste vesti "comiche", anzi, è stupefacente come Francesco Amato gli abbia cucito addosso un ruolo così apparentemente distante da ciò che l'attore ci aveva abituato ad apprezzare. Anche la scelta della co-protagonista azzeccatissima. Veronica Echegui, che mi aveva particolarmente intrigato nel thriller-noir di Sky Atlantique, si dimostra una spalla eccezionale, ironica, brillante, a tratti travolgente, ma anche capace di brevi tratti drammatici. Completano il quadro del cast attori del calibro di Luca Marinelli (che si conferma strepitoso), Carla Signoris e Pietro Sermonti.
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Una commedia perfetta in cui si fondono con armonia reminiscenze dei mostri sacri del passato sia nostrano che internazionale, spaziando da Woody Allen a Manfredi, da Gassman ai fratelli Cohen. Servillo è favoloso anche in queste vesti "comiche", anzi, è stupefacente come Francesco Amato gli abbia cucito addosso un ruolo così apparentemente distante da ciò che l'attore ci aveva abituato ad apprezzare. Anche la scelta della co-protagonista azzeccatissima. Veronica Echegui, che mi aveva particolarmente intrigato nel thriller-noir di Sky Atlantique, si dimostra una spalla eccezionale, ironica, brillante, a tratti travolgente, ma anche capace di brevi tratti drammatici. Completano il quadro del cast attori del calibro di Luca Marinelli (che si conferma strepitoso), Carla Signoris e Pietro Sermonti. L'intreccio scorre liscio, circa 100 gradevolissimi minuti in cui ho sempre avuto il sorriso sulle labbra anche se a volte un po' amaro. Di solito non guardo commedie italiane ma se Toni Servillo facesse un cinepanettone penso che guarderei anche quello. Jep Gambardella chi? Da sabato per me c'è solo un Elia Venezia, perlomeno fino al prossimo lungometraggio. Da vedere!
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lunedì 24 aprile 2017
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commedia divertente
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Commedia divertente tenuta su da un inimitabile Toni Servillo. Il film fila liscio senza annoiare e assicura qualche risata. Consiglio di vederlo anche se non è proprio imperdibile.
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dariom
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domenica 23 aprile 2017
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una commedia che fa ridere!
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http://www.cinemabendato.it/index.php/film-in-sala/item/1818-lasciati-andare-francesco-amato-recensione
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kimkiduk
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domenica 23 aprile 2017
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ho riso
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Commedia piacevolissima, con caratterizzazione dei personaggi interessante. Servillo, che non amo, bravo nella parte di un misogino, ebreo, avaro e persona priva di affettività. Carla Signoris, che non conosco, nella parte della moglie separata, molto piacevole. Ma soprattutto, come sempre quando c'è lui, colpisce Marinelli, qui ritornato ad un ruolo, anche se buffo e spesso comico, di scarto sociale di cui lui ormai è esperto, con il rischio di attaccarselo addosso, ricordando Non Essere Cattivo e Lo Chiamavano Jeeg Robot. Ho riso di gusto per alcune gag davvero esilaranti, mi sono divertito e per una commedia italiana già è un successo. Peccato il finale un pò misto ridicolo/potevamo farlo diverso, ma avere tutto è difficile si chiamerebbe capolavoro.
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Commedia piacevolissima, con caratterizzazione dei personaggi interessante. Servillo, che non amo, bravo nella parte di un misogino, ebreo, avaro e persona priva di affettività. Carla Signoris, che non conosco, nella parte della moglie separata, molto piacevole. Ma soprattutto, come sempre quando c'è lui, colpisce Marinelli, qui ritornato ad un ruolo, anche se buffo e spesso comico, di scarto sociale di cui lui ormai è esperto, con il rischio di attaccarselo addosso, ricordando Non Essere Cattivo e Lo Chiamavano Jeeg Robot. Ho riso di gusto per alcune gag davvero esilaranti, mi sono divertito e per una commedia italiana già è un successo. Peccato il finale un pò misto ridicolo/potevamo farlo diverso, ma avere tutto è difficile si chiamerebbe capolavoro. Chi non l'ha visto è film da vedere.
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domenica 23 aprile 2017
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ridere è ancora possibile!
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esilarante ben interpretato mi ha veramente divertita complimenti a tutto il cast film assolutamente da consigliare!
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sabato 22 aprile 2017
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una commedia che fa ridere
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cinema italiano spesso non funziona per le storie che racconta. Il pubblico non gradisce o non capisce. E si disinteressa. Drammi scritti male, commedie che non fanno ridere, registi improbabili ed esordi risibili. Anche alcuni autori importanti faticano negli ultimi anni ad essere incisivi. I problemi sono diversi: produttori che rischiano poco, sceneggiatori improvvisati, registi che sono attori, attori che non sono attori, comici del web che non conoscono l’abc del cinema, vecchie glorie che pensano di campare ormai di rendita ma che arrancano, perché la società e la fruizione dell’audiovisivo cambiano di anno in anno. Nonostante qualcosa stia finalmente cambiando davvero (i cinepanettoni non hanno più la presa calamitata che hanno avuto per 25 anni) per la commedia il successo all’unisono di critica e pubblico non è mai facile.
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cinema italiano spesso non funziona per le storie che racconta. Il pubblico non gradisce o non capisce. E si disinteressa. Drammi scritti male, commedie che non fanno ridere, registi improbabili ed esordi risibili. Anche alcuni autori importanti faticano negli ultimi anni ad essere incisivi. I problemi sono diversi: produttori che rischiano poco, sceneggiatori improvvisati, registi che sono attori, attori che non sono attori, comici del web che non conoscono l’abc del cinema, vecchie glorie che pensano di campare ormai di rendita ma che arrancano, perché la società e la fruizione dell’audiovisivo cambiano di anno in anno. Nonostante qualcosa stia finalmente cambiando davvero (i cinepanettoni non hanno più la presa calamitata che hanno avuto per 25 anni) per la commedia il successo all’unisono di critica e pubblico non è mai facile. Tornando al discorso precedente, Francesco Amato è invece un vero regista e un vero sceneggiatore. Così come sono veri attori gli interpreti di questo film: Toni Servillo, Luca Marinelli, Carla Signoris, Veronica Echegui, Carlo De Ruggeri, Pietro Sermonti, Valentina Carnelutti. Persino quelli che hanno una o due pose, da Antonio Petrocelli (il medico) ad Arpad Vincenti (il controllore). Un lavoro serio e appassionato, di quelli che fanno la differenza, nasce già dal casting. Così si costruisce, come un puzzle, una pellicola dedicata al pubblico, che è prima di tutto un film d’attori. E la storia c’è, c’è un sano intrattenimento adatto ad un target di pubblico che può soddisfare single, coppie, famiglie con figli, separati, zie e nipoti, nonni.
Se le commedie non divertono più si ricomincia dalle macchiette e dalla slapstick, che funzionano sempre (il paziente che ha paura dell’ascensore, la botta in testa nel finale). Ma lo psichiatra sedentario e panzone che fa ginnastica non è Fantozzi, bensì ha il volto di Toni Servillo (Elia). Perciò si riserva al villain della storia (che ha un compare anch’egli bizzarro, Vincenzo Nemolato) qualcosa di più buffonesco. Il Gep Gambardella de La grande bellezza sembra non volerci entrare nella commedia più scalpitante ma alla fine, complici gli altri personaggi, ci entra fino al collo, si lascia andare. E in un piccolo immaginario cinematografico italiano che si sta ri-costruendo, incontra lo Zingaro di Lo chiamavano Geeg Robot. C’è da precisare che il fenomenale Luca Marinelli ha ottenuto la parte prima del grande successo del film appena citato (si era parlato precedentemente di Filippo Timi, vero balbuziente) ma pensandoci bene, chi oggi meglio di lui poteva interpretare il delinquente Ettore? Il risultato è oggettivamente buffo: un vero, bravo attore fa la differenza ma gli attori vanno ben diretti e i personaggi costruiti minuziosamente.
Il meglio della comicità del film viene dunque fuori dal duetto/duello Servillo/Marinelli (ma anche le due protagoniste sono impeccabili) e il film riserva diversi momenti simpatici e spassosi (la scazzottata nel ristorante, la bambina ossessionata da…) e anche singole freddure molto efficaci. La vera particolarità è che la storia ruota intorno al triangolo (costellato di molte apparizioni, forse troppe) Servillo-Signoris-Echegui ed ha una piega da cinema moderno ma ad un certo punto esplode negli eccessi quasi post-moderni del triangolo Servillo-Ecegui-Marinelli. Una commedia che può essere definita rocambolesca, che ha precedenti in buoni film (rimanendo negli ultimi dieci anni) che cercano strade alternative come Notturno bus, Figli delle stelle, Smetto quando voglio ma in una confezione classica. Insomma non ci sono solo Zalonee Capatonda, ognuno a modo proprio, a far ridere le platee italiche, ogni tanto questo accade con film dotati di una sensibilità diversa (Pranzo di ferragosto), profonda (Si può fare), matura (Scialla!), moderna (Non pensarci). Essendo casi rari la sceneggiatura scritta daAmato e Lantieri insieme al veterano Francesco Bruni è da ritenersi preziosa (quest’ultimo ha scritto tutti i film di Paolo Virzì… quanto si sente la sua assenza ne La pazza gioia, uno script che ha diversi passaggi davvero improbabili!). Il film funziona anche se il gran finale sarebbe potuto arrivare prima, anche solo di una dozzina di minuti. Forse si sarebbe potuto sfoltire il secondo atto per un migliore equilibrio oppure ampliare l’esperienza di Elia in palestra e mostrarne i personaggi tipici (che fanno ridere già nella realtà) a discapito della linea ebraica (che arricchisce il personaggio ma appesantisce il tutto) e del figlio di Elia che poco conta (anche se ci fa ridere quando dà la lezione al padre). Oppure dare più spazio all’Ettore di Luca Marinellidurante la prima ora di film (eliminando il personaggio dell’insegnante che non aggiunge davvero nulla allo svolgimento della storia). E possibilmente chiudere meglio il personaggio di Giacomo (sì, quello del trio) che non solo risulta sacrificato ma dà un senso di incompletezza rispetto agli archi emozionali creati per gli altri pazienti di Elia. Nulla di grave comunque, se in questo paese non è più così facile ridere e far ridere ben venga un'altra commedia scritta così bene. Ma anche un film diverso (magari drammatico, lo sanno fare) ad opera del duo artistico Amato-Servillo.
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giusical�
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venerdì 21 aprile 2017
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un film banale
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Ahi ahi, decisamente una prova non riuscita, nonostante Servillo sia un interprete di tutto rispetto, la Signoris di norma convincente, Marinelli ce lo ricordiamo con nostalgia come lo Zingaro, nemico giurato dell'antieroe capitolino Enzo Ceccotti ovvero"Jeeg Robot".
Ma questa pellicola è onestamente imbarazzante: storia improbabile che fa acqua da tutte le parti. Lo psicanalista ebreo dai tratti somatici decisamente freudiani, Elia Venezia, annoiato, imbolsito, asociale, arido, tirchio fino al midollo, depresso, conduce la sua triste esistenza porta a porta con una ex moglie - Carla Signoris - che incredibilmente lo accudisce ancora come un bambino, gli fa il bucato e gli getta la spazzatura.
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Ahi ahi, decisamente una prova non riuscita, nonostante Servillo sia un interprete di tutto rispetto, la Signoris di norma convincente, Marinelli ce lo ricordiamo con nostalgia come lo Zingaro, nemico giurato dell'antieroe capitolino Enzo Ceccotti ovvero"Jeeg Robot".
Ma questa pellicola è onestamente imbarazzante: storia improbabile che fa acqua da tutte le parti. Lo psicanalista ebreo dai tratti somatici decisamente freudiani, Elia Venezia, annoiato, imbolsito, asociale, arido, tirchio fino al midollo, depresso, conduce la sua triste esistenza porta a porta con una ex moglie - Carla Signoris - che incredibilmente lo accudisce ancora come un bambino, gli fa il bucato e gli getta la spazzatura. Ogni tanto vanno a teatro insieme e qualche volta scroccano il pasto all'unico figlio che, proprietario di un ristorante, presumibilmente kosher, non si fa scrupolo di fargli notare con affetto quanto sia egoista e arido. Per ragioni di salute è costretto a recarsi in una palestra in cui fa la conoscenza di una personal trainer spagnola, spumeggiante quanto sconclusionata, che gli offre i suoi servizi professionali.
Da qui prendono il via una serie di situazioni inverosimili, sceme, esagerate che strappano allo spettatore sparute tiepide risatine e nulla di più. Il finale è ovviamente un happy end ma fin troppo melenso e raffazzonato. Si arriva ai titoli di coda quasi seccati, rimpiangendo l'On Demand di Sky lasciato a casa.
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