nanni
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giovedì 9 novembre 2017
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il mio godard
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Quello del 68' fu il movimento di massa che più di tutti incise e rivoluzionò in profondità la società nella seconda metà del cosiddetto secolo breve. "Il mio Godard", tratto da "Un An Apres" di Anne Wiazamesky ex moglie di Godard, è la narrazione del maggio francese attraverso gli occhi, il lavoro, la vita di uno deli artisti più rappresentativi e rivoluzionari della scena culturale mondiale di quegli anni. Cineasta appassionato e sempre onestamente impegnato nella ricerca della difficile se non impossibile coerenza tra vita-arte-impegno politico. la resa del lavoro di Hazanevicius è però appena sufficiente.
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Quello del 68' fu il movimento di massa che più di tutti incise e rivoluzionò in profondità la società nella seconda metà del cosiddetto secolo breve. "Il mio Godard", tratto da "Un An Apres" di Anne Wiazamesky ex moglie di Godard, è la narrazione del maggio francese attraverso gli occhi, il lavoro, la vita di uno deli artisti più rappresentativi e rivoluzionari della scena culturale mondiale di quegli anni. Cineasta appassionato e sempre onestamente impegnato nella ricerca della difficile se non impossibile coerenza tra vita-arte-impegno politico. la resa del lavoro di Hazanevicius è però appena sufficiente. Largamente inefficace quando attraverso il simbolo Godard - rappresentando i sogni, l'impegno, i limiti e le contraddizioni degli studenti che animarono quel movimento - ci restituisce un protagonista a tratti isterico e al limete della macchietta. Il regista, nel tentativo di rendere la spigolosità di un carattere attento ad evitare derive autocelebrative e narcisiste scade invece a volte nella caricatura, senza mai fornirci, peraltro, una visione esauriente della complessità, delle implicazioni e della ricaduta che la storia e le conquiste di quel movimento ebbero su tutte le nostre vite. Con un ritmo altalenate il film è limitato. molto. Ciao Nanni
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roberteroica
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sabato 4 novembre 2017
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godard e il vietnam interiore
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Fischiatissimo a Cannes per lesa maestà, arriva nelle sale italiane “Il mio Godard” di Michel Hazanavicious (quello di “The Artist”), tratto dal libro di memorie di una stagione assai “calda”, di Anne Wiazemsky, moglie e musa di Jean Luc. Sullo schermo prende vita la scena privata di una coppia: lui che dopo la dichiarazione di lotta de “La cinese” rinnega il suo cinema precedente in nome della rivoluzione, lei che cerca di seguirlo in questa idea un po’ folle di militanza. Alla fine si lasciano, verso destini diversi. Chissà cosa avrà detto l’ottantottenne Godard chiuso nel suo eremo svizzero di fronte alla rilettura pop della sua vita.
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Fischiatissimo a Cannes per lesa maestà, arriva nelle sale italiane “Il mio Godard” di Michel Hazanavicious (quello di “The Artist”), tratto dal libro di memorie di una stagione assai “calda”, di Anne Wiazemsky, moglie e musa di Jean Luc. Sullo schermo prende vita la scena privata di una coppia: lui che dopo la dichiarazione di lotta de “La cinese” rinnega il suo cinema precedente in nome della rivoluzione, lei che cerca di seguirlo in questa idea un po’ folle di militanza. Alla fine si lasciano, verso destini diversi. Chissà cosa avrà detto l’ottantottenne Godard chiuso nel suo eremo svizzero di fronte alla rilettura pop della sua vita. Lui che vecchio di età continua a fare tra i film più giovani del mondo e che rivedendosi disprezzare, in quegli anni, coloro che “anno più di trentacinque anni, perché ormai rincoglioniti”, forse avrà sorriso. Louis Garrel (figlio di Philippe, altro auteur nouvelle vague, come a dire che tutto si tiene) è bravo nella trasformazione di un mito in un omino dalla mille contraddizioni, cinico e antipatico, spesso autodistruttivo e solitario per vocazione. E Stacy Martin è sorprendente nell’aderire al ruolo di Anne anche dal punto di vista della somiglianza fisica. Dentro questo centrifugato del Sessantotto c’è di tutto e non si cerchi il rigore: il Vietnam interiore del Che, Bertolucci e Ferreri, le icone maoiste, lo slapstick e Woody Allen. Ci si diverte anche ed è interessante il lavoro sulle cromature della luce di Guillaume Schiffman che ricalca quelle castellate della “Cinese” e i marroni ocra de “Il disprezzo”.
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flyanto
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martedì 7 novembre 2017
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il ritratto di un grande artista
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Come si evince dal titolo stesso "Il Mio Godard", l'ultimo film del regista Michel Hazanavicius è un omaggio al grande regista della Nouvelle Vague" Jean.Luc Godard. Il ritratto di questo grande maestro del cinema francese viene presentato e raccontato dalla moglie, l'attrice Anne Wiazemsky, che molto più giovane si innamorò subito di lui sia come uomo che come artista. Pertanto si assiste al periodo che essi trascorsero insieme come coppia, periodo contraddistinto delle lotte del '68 condivise e condotte da Godard contro la Guerra in Vietnam e da un amore tormentato per il suo instabile ed irrequieto carattere.
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Come si evince dal titolo stesso "Il Mio Godard", l'ultimo film del regista Michel Hazanavicius è un omaggio al grande regista della Nouvelle Vague" Jean.Luc Godard. Il ritratto di questo grande maestro del cinema francese viene presentato e raccontato dalla moglie, l'attrice Anne Wiazemsky, che molto più giovane si innamorò subito di lui sia come uomo che come artista. Pertanto si assiste al periodo che essi trascorsero insieme come coppia, periodo contraddistinto delle lotte del '68 condivise e condotte da Godard contro la Guerra in Vietnam e da un amore tormentato per il suo instabile ed irrequieto carattere.
Il film idi Hazanavicius in generale rende molto bene l'idea dell'epoca dei fermenti della fine degli anni '60 e della figura particolare e sempre in contrapposizione con i pregiudizi e la morale contemporanei di Godard, ma pur essendo anche ben interpretato, il film risulta un poco noioso per alcune lungaggini in cui si disperde e per certi aspetti dell'esistenza di questo artista che, al contrario, non vengono approfonditi, o poco. Certamente risulta quanto mai difficile ed impegnativo delineare un ritratto di un personaggio così complesso come quello di Godard, ma in questa pellicola, appunto, tutto risulta solo come un'immagine generale e, a tratti, persino confusa e, pertanto poco chiara a chi conosce poco il suo cinema.
Michel Hazanavicius ha cercato di fare del suo meglio ma il suo omaggio al cinema lo ha reso al meglio, anzi al top, con il suo precedente "The Artist". Peccato!
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