fabio 3121
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venerdì 9 aprile 2021
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un cliente improbabile
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il film iraniano racconta la storia di una coppia di attori Emad e Raana, marito e moglie, che stanno provando con la loro compagnia teatrale "Morte di un commesso viaggiatore". Costretti a lasciare l'appartamento dove abitano per il pericolo di crollo del fabbricato, il collega attore Babak offre loro una sistemazione temporanea in un una casa la cui inqulina è da poco andata via. Emad e Raana non sono però a conoscenza che la detta inquilina é una prostituta ed una sera Raana mentre è in casa da sola subisce un'aggressione da parte di qualcuno finendo in ospedale. Emad vorrebbe denunciare l'accaduto alla polizia, ma visto l'ostracismo della moglie, indaga da solo e grazie alle chiavi del furgoncino rimasto nei pressi della loro abitazione dall'aggressore riesce a scoprire l'identità del "cliente" della prostituta che ha probabilmente violentato Raana.
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il film iraniano racconta la storia di una coppia di attori Emad e Raana, marito e moglie, che stanno provando con la loro compagnia teatrale "Morte di un commesso viaggiatore". Costretti a lasciare l'appartamento dove abitano per il pericolo di crollo del fabbricato, il collega attore Babak offre loro una sistemazione temporanea in un una casa la cui inqulina è da poco andata via. Emad e Raana non sono però a conoscenza che la detta inquilina é una prostituta ed una sera Raana mentre è in casa da sola subisce un'aggressione da parte di qualcuno finendo in ospedale. Emad vorrebbe denunciare l'accaduto alla polizia, ma visto l'ostracismo della moglie, indaga da solo e grazie alle chiavi del furgoncino rimasto nei pressi della loro abitazione dall'aggressore riesce a scoprire l'identità del "cliente" della prostituta che ha probabilmente violentato Raana. La pellicola ha un ritmo lento in quanto il regista mescola le scene del teatro con quelle della vita reale dando ad essa un taglio teatrale. Tutto il film è girato in pochi ambienti al chiuso (il teatro, la scuola dove insegna Emad, le 2 abitazioni dei coniugi) e si basa essenzialmente sui dialoghi dai risvolti drammatici. Seppure abbia vinto il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes, la storia potrebbe accadere nella realtà ma la scelta di far impersonare "il cliente" ad una persona anzianza, con problemi di cuore e respiratori che assume delle pillole, è alquanto improbabile e inverosimile vista la giovane età di Raana che ben avrebbe potuto difendersi. Molto bravo l'attore che interpreta Emad sul cui volto scuro e cupo si legge la sete di verità e di vendetta. In conclusione si tratta di un piccolo film che narra un dramma familiare con conseguente crisi del rapporto di coppia che però non convince del tutto tenuto conto del premio Oscar ricevuto come miglior film straniero. Voto: 6/10.
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paola allegrini
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mercoledì 7 aprile 2021
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il cliente
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Una giovane coppia di Teheran in cerca di una nuova casa trova una nuova abitazione grazie alla segnalazione di un amico. L'ex inquilina però non ha ancora sgombrato tutte le sue cose dall'abitazione e questo disguido provoca delle tensioni tra la coppia e l'amico che cerca in qualche modo di giustificarla. Un giorno la donna in casa da sola, in procinto di fare una doccia, apre il portone e la porta di casa senza accertarsi di chi fosse al citofono. L'uomo che s'introduce in casa è un cliente della precedente inquilina che faceva la prostituta e riceveva i clienti in casa. Le urla della donna per l'aggressione lo mettono in fuga facendogli dimenticare sulla poltrona il mazzo di chiavi del furgoncino che servirà in seguito a rintracciare la sua identità.
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Una giovane coppia di Teheran in cerca di una nuova casa trova una nuova abitazione grazie alla segnalazione di un amico. L'ex inquilina però non ha ancora sgombrato tutte le sue cose dall'abitazione e questo disguido provoca delle tensioni tra la coppia e l'amico che cerca in qualche modo di giustificarla. Un giorno la donna in casa da sola, in procinto di fare una doccia, apre il portone e la porta di casa senza accertarsi di chi fosse al citofono. L'uomo che s'introduce in casa è un cliente della precedente inquilina che faceva la prostituta e riceveva i clienti in casa. Le urla della donna per l'aggressione lo mettono in fuga facendogli dimenticare sulla poltrona il mazzo di chiavi del furgoncino che servirà in seguito a rintracciare la sua identità.
Il film è il racconto di un dramma che sfocia in tragedia dove il riscatto dell'onore ferito si paga con la moneta della vendetta.
Il modo differente in cui la coppia affronta la vicenda ci mette difronte ad un atavico dilemma etico-morale: perdonare come vorrebbe la moglie o punire come farebbe il marito? Il giudizio personale e il giudizio altrui spingono i protagonisti in due direzioni opposte che finiranno per allontanare anche loro stessi. La contrapposizione delle scene della vita reale con quelle delle scene teatrali del film è un gioco di specchi in cui i protagonisti si guardano ma non si riconoscono più.
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felicity
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mercoledì 24 marzo 2021
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pubblico e privato, amore e ossessione
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Il Cliente esplicita il suo procedimento estetico inserendo il binario parallelo dello svelamento reiterato delle quinte di un allestimento teatrale di Morte di un commesso viaggiatore, che si fa dichiarata esplorazione morale del labirinto nascosto dietro la scena, “recita” che coinvolge questa coppia di coniugi e i loro amici, alle prese con le conseguenze di un’aggressione domestica subita dalla donna nella casa in cui la coppia si e’ appena trasferita.
Pubblico e privato, amore e ossessione, fantasmi personali e spettri sociali: Farhadi mette in campo una nuova volta le tematiche portanti della propria poetica, ma sembra ancora bloccato in un loop sovraccarico in maniera progressiva e faticosa, nello girare in tondo fino a portare la tensione narrativa a uno strappo irreparabile, come succede al suo protagonista e alla sua genuina, inedita crudelta’ di aguzzino nei confronti dell’anziano uomo su cui si concentra la sezione finale del film.
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Il Cliente esplicita il suo procedimento estetico inserendo il binario parallelo dello svelamento reiterato delle quinte di un allestimento teatrale di Morte di un commesso viaggiatore, che si fa dichiarata esplorazione morale del labirinto nascosto dietro la scena, “recita” che coinvolge questa coppia di coniugi e i loro amici, alle prese con le conseguenze di un’aggressione domestica subita dalla donna nella casa in cui la coppia si e’ appena trasferita.
Pubblico e privato, amore e ossessione, fantasmi personali e spettri sociali: Farhadi mette in campo una nuova volta le tematiche portanti della propria poetica, ma sembra ancora bloccato in un loop sovraccarico in maniera progressiva e faticosa, nello girare in tondo fino a portare la tensione narrativa a uno strappo irreparabile, come succede al suo protagonista e alla sua genuina, inedita crudelta’ di aguzzino nei confronti dell’anziano uomo su cui si concentra la sezione finale del film.
Farhadi, che per una volta sembra accantonare gli accenti melodrammatici, vuole evidenziare, nel racconto, gli aspetti passivo-aggressivi del comportamento di Emad, che non si rivolge alle autorità, ma si improvvisa moralizzatore, investigatore e, una volta smascherato il molestatore, giudice. Non è però un comportamento legato a particolare fervore o rigore religioso; anzi, più volte si evidenzia il fatto che l’insegnante e sua moglie sono persone "di cultura", e tutto, intorno a loro, lascia intendere un’adesione al protocollo islamico limitata solo agli aspetti più esteriori (sarebbe d’altra parte inimmaginabile una messinscena Arthur Miller in un contesto integralista). Si ha la netta impressione di registrare una forma di piacere masochistico, un desiderio di replicare, emulare la posizione dell’intruso, che precede e accompagna quel doverlo trovare e doverlo punire, svergognandolo agli occhi della famiglia.
Il voltaggio metaforico, ovvero sociologico è alto: la commistione e il mutuo rispecchiamento tra realtà e finzione, ovvero la pièce di Arthur Miller, riverbera sullo schermo tanti dei problemi dell’odierno Iran, dallo sfollamento a causa del terremoto indotto alle giovani generazioni abbandonate a se stesse, dalla paura della polizia al senso di minaccia costante, fino ai rapporti tra i sessi e il corto circuito colpa-sanzione-perdono.
Farraginoso lo sviluppo – prima lenta carburazione della storia, poi un finale faticoso e iterato, allorché Emad arriva alla resa dei conti – e la drammaturgia arte-vita denuncia qualche stracchezza, non solo nella detection bensì nella costruzione psicologica dei caratteri, non sempre – soprattutto, Sahahab Hosseini – incarnati all’altezza. Sempre buon cinema, per carità, ma da Farhadi era lecito aspettarsi di più.
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coccoenricofedelecoccoenricofedele
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domenica 20 agosto 2017
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titolo film
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Salve, un aiuto. Non ricordo il titolo di un film in cui era presente una scena di un corso prematrimoniale e a poco a poco la sala si svuotava sino a rimanere solo poche coppie.. Mentre succedeva questo la faccia del sacerdote diventava sempre più felice.
Grazie in anticipo
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joker83
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lunedì 17 luglio 2017
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tanto fumo niente arrosto
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Voglio andare controcorrente per un film che ho sponsorizzato e aspettato in gloria...il regista parte bene stacca il gruppo ma alultimo giro casca rovinosamente per non rialzarsi più..con questa metafora sportiva voglio far capire come un film con molto potenziale si perda moltissimo nel finale..devo dire che è in ottima compagnia negli ultimi tempi...i grqndi thriller hanno lasciato il posto a filmetti con oscar regalati.In conclusione film mediocre a volte troppo noioso.
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giorgio
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domenica 12 marzo 2017
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qualche domanda
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Lascio i commenti a quelli che l'hanno già fatto, d'altra parte il film mi è anche piaciuto, e però:
perchè il cliente si è tolto i calzini? Si è ferito il piede come? Perchè ha lasciato dei soldi? Se ha lasciato delle tracce di sangue nel pavimento e nelle scale è scappato scalzo? E perchè avrebbe lasciato il furgone e dimenticato cellulare e calzini? Verò è che poteva essere stato poi anche sotto chock, ma allora voleva dire che prima di andare verso la doccia avrebbe dovuto gironzolare per casa e lasciare i suoi effetti personali in giro. Mah?
Il tema, l'ambientazione, il dramma del comportamento machista che, gratta gratta, in certi frangenti emerge comunque anche in maschi culturalmente evoluti, mi sembrano ben espressi ("tu non ti intromettere" è la frase cruciale), ma resta un film sopravvalutato, dalla sceneggiatura un po' grezza e, come mi pare emerga dalle domande che pongo, piuttosto forzata.
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Lascio i commenti a quelli che l'hanno già fatto, d'altra parte il film mi è anche piaciuto, e però:
perchè il cliente si è tolto i calzini? Si è ferito il piede come? Perchè ha lasciato dei soldi? Se ha lasciato delle tracce di sangue nel pavimento e nelle scale è scappato scalzo? E perchè avrebbe lasciato il furgone e dimenticato cellulare e calzini? Verò è che poteva essere stato poi anche sotto chock, ma allora voleva dire che prima di andare verso la doccia avrebbe dovuto gironzolare per casa e lasciare i suoi effetti personali in giro. Mah?
Il tema, l'ambientazione, il dramma del comportamento machista che, gratta gratta, in certi frangenti emerge comunque anche in maschi culturalmente evoluti, mi sembrano ben espressi ("tu non ti intromettere" è la frase cruciale), ma resta un film sopravvalutato, dalla sceneggiatura un po' grezza e, come mi pare emerga dalle domande che pongo, piuttosto forzata.
Qualcuno mi risponde?
Grazie
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[+] qualche risposta
(di gian carlo costadoni)
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writer58
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martedì 14 febbraio 2017
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teheran noir...
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Nelle ultime settimane, ho visto una pluralità di film che non mi hanno invogliato a recensire. Da "Allied" (un omaggio a "Casablanca" poco ispirato e poco trascinante, a eccezione della prima mezz'ora ambientata in un Marocco "di maniera" ma, tutto sommato, avvincente) ad "American Pastoral" (un dramma famigliare in cui la psicologia dei personaggi appare artificiosa e sopra le righe, travisando l'impostazione del romanzo di Roth a cui si ispira), da "Cafè Society" (molto celebrato e ambientato negli anni '30, l'ennesimo esercizio di stile di Woody Allen, una proposta la cui perfezione formale procede di pari passo con la ripetizione dei moduli abituali del regista e la scarsa forza della narrazione) a "Ma Loute" (un film interessante, ma interpretato in modo così grottesco e caricaturale da generare nello spettatore il sospetto che gli attori fossero colti durante una crisi isterica non simulata).
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Nelle ultime settimane, ho visto una pluralità di film che non mi hanno invogliato a recensire. Da "Allied" (un omaggio a "Casablanca" poco ispirato e poco trascinante, a eccezione della prima mezz'ora ambientata in un Marocco "di maniera" ma, tutto sommato, avvincente) ad "American Pastoral" (un dramma famigliare in cui la psicologia dei personaggi appare artificiosa e sopra le righe, travisando l'impostazione del romanzo di Roth a cui si ispira), da "Cafè Society" (molto celebrato e ambientato negli anni '30, l'ennesimo esercizio di stile di Woody Allen, una proposta la cui perfezione formale procede di pari passo con la ripetizione dei moduli abituali del regista e la scarsa forza della narrazione) a "Ma Loute" (un film interessante, ma interpretato in modo così grottesco e caricaturale da generare nello spettatore il sospetto che gli attori fossero colti durante una crisi isterica non simulata). Per ultimo, ieri sera, l'orrido "Smetto quando voglio: Masterclass", un prodotto così scadente che bisognerebbe avviare una class action nei confronti del regista per richiedergli il risarcimento dei danni.
"Il cliente", film del regista iraniano Farhadi, è una discreta proposta, lontana dagli stilemi di Hollywood, ma vicina all'impianto teatrale occidentale contemporaneo. La vicenda si svolge in una Teheran sconvolta dall'urbanizzazione selvaggia, quartieri affollati di case costruite caoticamente che si specchiano in costruzioni analoghe. Un edificio minaccia di collassare, obbligando i residenti a una fuga precipitosa. I due protagonisti (Emad e Rana) - attori di teatro, appartenenti alla borghesia “liberal” della capitale- sono costretti a cercare un'altra casa. La troveranno, grazie all'aiuto di un collega della compagnia, ma finiscono nell'appartamento di una prostituta che ha lasciato i suoi effetti personali in una stanza. Una sera Rana sente il suono del citofono, apre pensando che si tratti del marito, ma viene aggredita da uno dei clienti della precedente inquilina. Da quel momento, si mette in moto una valanga emotiva che rischia di seppellire l’equilibrio della coppia. I due protagonisti interpretano l’opera di Miller “Morte di un commesso viaggiatore” La finzione teatrale si salda con quella cinematografica creando un gioco di rimandi e allusioni molteplici . Primo tra tutti, la transizione delicata che attraversa l’Iran da stato teocratico ai tentativi di riformismo che vede nel blocco sociale dei giovani e delle donne residenti nelle città i loro principali sostenitori. Come nella piece di Miller (il commesso viaggiatore avverte la sua inadeguatezza rispetto al “sogno” americano, vede la sua vita andare in pezzi perché è incapace di adattarsi all’ideologia del successo e dello “status symbol”) anche i protagonisti rischiano di perdere il controllo sulla loro vita, di nregredire verso condizioni che pensavano di avere superato definitivamente. Rana ha pura di stare da sola, teme il buio, vive nel terrore di essere nuovamente aggredita, Emad sente affiorare dentro di sé pulsioni aggressive e un desiderio di vendetta “primitivo”, da orgoglio virile ferito, che mettono in pericolo la sua relazione di coppia.
La ricerca e l’identificazione del cliente comporta un’accelerazione dei ritmi e uno slittamento della pellicola verso il thriller. Il film è efficace nel proporre uno spaccato di un paese che conosciamo quasi esclusivamente tramite il punto di vista dell’Occidente, ma pecca, a mio giudizio, di alcuni squilibri che lo rendono, a tratti, poco convincente. La parte finale – compreso lo scioglimento che richiama alla lontana la fatalità e la catarsi delle tragedie classiche- appare un po’ forzata e introduce una notazione dissonante rispetto all’impianto generale della pellicola. Le analogie tra la quotidianità dei personaggi e la piece teatrale, pur suggestive, risultano imperfette e poco immediate.
Sul film, inoltre, grava lo spettro della censura: la narrazione è reticente, allusiva, sfiora i temi senza affrontarli direttamente. Non si capisce se Rana è stata aggredita o anche violentata, i protagonisti non si rivolgono alla polizia per timore di uno scandalo, o forse la polizia è corrotta, ma non si può dire.
In sintesi: un film interessante, ma un po’ squilibrato strutturalmente e non compiutamente risolto. Gli elementi non sempre si integrano tra di loro e la narrazione a volte scricchiola e perde fluidità.
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[+] lo stile allusivo del regista
(di gian carlo costadoni)
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enrico danelli
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lunedì 6 febbraio 2017
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autodafè
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Trasuda denuncie politiche questo film iraniano ricorrendo ovviamente alle allegorie per i noti problemi di censura presenti in quel paese. Allegorie che noi occidentali possiamo cogliere solo in parte per la distanza culturale che ancora ci separa. La principale allegoria è però talmente evidente da dare senso a tutto il film. La prolungata "cerimonia" che si svolge nella parte finale del film (motivatamente nel vecchio instabile appartamento di Emad che rappresenta l'Iran, scosso alle fondamenta, e da cui i protagonisti, la elite culturale, sono dovuti scappare) è la tragica parodia di un processo penale: indagine, accusa, difesa, carcerazione, sentenza, richiesta di clemenza, esecuzione della condanna, morte del condannato, il tutto condito dal sadismo dell'accusatore che agisce sua sponte anche contro la volontà della vittima propensa al perdono.
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Trasuda denuncie politiche questo film iraniano ricorrendo ovviamente alle allegorie per i noti problemi di censura presenti in quel paese. Allegorie che noi occidentali possiamo cogliere solo in parte per la distanza culturale che ancora ci separa. La principale allegoria è però talmente evidente da dare senso a tutto il film. La prolungata "cerimonia" che si svolge nella parte finale del film (motivatamente nel vecchio instabile appartamento di Emad che rappresenta l'Iran, scosso alle fondamenta, e da cui i protagonisti, la elite culturale, sono dovuti scappare) è la tragica parodia di un processo penale: indagine, accusa, difesa, carcerazione, sentenza, richiesta di clemenza, esecuzione della condanna, morte del condannato, il tutto condito dal sadismo dell'accusatore che agisce sua sponte anche contro la volontà della vittima propensa al perdono. Si può mettere in dubbio che il regista, nonostante tenga volutamente fuori dal film le autorità statali, non ci voglia dire che in Iran tutto questo succede ancora ? Per giunta partendo da accuse su fatti solo presunti o addirittura non accaduti (nel film il fattaccio a sfondo sessuale che scatena la reazione di Amad è solo presunto, mai filmato o certificato da nulla che non sia un vaghissimo e incerto ricordo della vittima). C'è poi tutto il contorno: la donna-vittima che non conta nulla (il suo perdono infastidisce il giustiziere Amad) e la combriccola dei vicini di casa (una parte del popolo iraniano ?) che invoca il pubblico ludibrio per il colpevole. Non è quindi un film psicologico sui meccanismi genetici della vendetta personale (tema per cui anche in Italia potremmo essere maggiormente partecipi visto che non mancano i fatti di cronaca), tanto meno un film giallo, ma un un film politico al 100%. Riuscito.
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fabiofeli
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lunedì 30 gennaio 2017
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la vendetta più giusta è il perdono
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Una ruspa sbanca il terreno per una nuova costruzione a Teheran e un cedimento lesiona un edificio lì accanto, che deve essere sgomberato. In uno degli appartamenti della casa che rischia di crollare abitano un insegnante, Emad (Shahab Hosseini) e sua moglie Rana (Taraneh Alidoosh). I due stanno mettendo in scena Morte di un commesso viaggiatore, il noto dramma di Arthur Miller e non avendo tempo per fare rapide ricerche di un appartamento accettano subito la segnalazione di un amico che reciterà con loro in teatro, senza curarsi troppo del fatto che la precedente inquilina ancora tiene una stanza impegnata con le sue cose.
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Una ruspa sbanca il terreno per una nuova costruzione a Teheran e un cedimento lesiona un edificio lì accanto, che deve essere sgomberato. In uno degli appartamenti della casa che rischia di crollare abitano un insegnante, Emad (Shahab Hosseini) e sua moglie Rana (Taraneh Alidoosh). I due stanno mettendo in scena Morte di un commesso viaggiatore, il noto dramma di Arthur Miller e non avendo tempo per fare rapide ricerche di un appartamento accettano subito la segnalazione di un amico che reciterà con loro in teatro, senza curarsi troppo del fatto che la precedente inquilina ancora tiene una stanza impegnata con le sue cose. Una sera che Rana aspetta per cena Emad decide di fare una doccia: lascia l’uscio di casa aperto appena sente il cicalino del citofono; convinta che si tratti del marito si infila sotto il getto d’acqua. Ma purtroppo ha suonato uno sconosciuto, che la aggredisce e la lascia ferita e svenuta. Rana precipita in un pietoso stato di choc, ma non vuole denunciare l’aggressione; Emad viene a sapere che la precedente inquilina riceveva diversi uomini per incontri e arriva alla conclusione che chi ha fatto del male a Rana era un cliente della stessa. L’uomo ha lasciato del denaro nella casa ed ha smarrito lì le chiavi di un’auto. Emad cerca il veicolo nei dintorni e quando lo trova comincia la caccia all’aggressore …
Farhadi matura il discorso aperto con Il Passato e con Una Separazione: il diverso atteggiamento di Rana, disposta a perdonare per non creare l’infelicità di molte persone, aggiungendo danno a danno, contrasta con il desiderio di giustizia di Emad, che però si trasforma in sete di vendetta ad ogni costo. L’uomo vuole umiliare l’”avversario”, una misera persona che non merita considerazione, un “salesman” senza valore come il protagonista del dramma di Miller; la donna, lei sì vera parte lesa, ritiene che la “vendetta” più efficace nei confronti dell’aggressore è il perdono. La regia di Farhadi è stata premiata a Cannes 2016, e così pure la recitazione di Hosseini, ma quella di Taraneh Alidoosh non è da meno. Non mancano i riferimenti alla attuale realtà dell’Iran (la censura occhiuta che vuole visionare i testi del dramma messo in scena a teatro ed ovviamente impone il velo alle attrici), paese nel quale vige un insopportabile patriarcato. Il ritmo della pellicola, ora serrato, ora dilatato in una interminabile suspence, feconda per le riflessioni che genera nello spettatore, convince. Un grande film da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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dodix2013
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domenica 29 gennaio 2017
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i congiuntivi!!!!!!!!
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Il film mi é piaciuto molto.
Forse un po' lunghetto. Si poteva raccontare bene la stessa storia tagliando qualcosa qui a là. Una mezz'oretta in meno.
Detto ciò, un appunto, che può sembrare fuori luogo, ma lo faccio ugualmente: I CONGIUNTIVI!!!!!
Il film, soprattutto nella prima parte, é disseminato di frasi del tipo: "vuoi che lo faccio io?" , "vuoi che ti aiuto?" , "lascia che lo prendo io", ecc.... (preciso che non sono citazioni letterali ma esemplificazioni di frasi presenti nei dialoghi. E ce ne sono moltissime).
Mi chiedo: si tratta di una traduzione letterale dalla lingua originaria (non credo) oppure di una libera traduzione in italiano secondo un modo corrente e sciagurato di parlare? (credo più a questa seconda ipotesi).
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Il film mi é piaciuto molto.
Forse un po' lunghetto. Si poteva raccontare bene la stessa storia tagliando qualcosa qui a là. Una mezz'oretta in meno.
Detto ciò, un appunto, che può sembrare fuori luogo, ma lo faccio ugualmente: I CONGIUNTIVI!!!!!
Il film, soprattutto nella prima parte, é disseminato di frasi del tipo: "vuoi che lo faccio io?" , "vuoi che ti aiuto?" , "lascia che lo prendo io", ecc.... (preciso che non sono citazioni letterali ma esemplificazioni di frasi presenti nei dialoghi. E ce ne sono moltissime).
Mi chiedo: si tratta di una traduzione letterale dalla lingua originaria (non credo) oppure di una libera traduzione in italiano secondo un modo corrente e sciagurato di parlare? (credo più a questa seconda ipotesi). E' comunque é una PESSIMA scelta.
Senza voler fare i puristi per forza, vogliamo provare a salvare un po' i congiuntivi?
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