ollipop
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domenica 5 giugno 2016
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per ricordare sempre
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Efficace tributo a un grandissimo del calcio e non solo.
dalla strada alla finale del campionato del mondo passando attraverso momenti di intensa emozione come solo un bambino puo vivere nella ricerca di una vita diversa che riscatti quella di un padre ex calciatore che si guadagna da vivere pulendo i bagni di una casa di cura
Ci sono tutti gli ingredienti della favola , ma i due registi non cadono nella pur facile trappola: la narrazione supportata da una splendida fotografia porta lo spettatore al trionfo finale del giovane prodigio con una naturalezza senza rettorica : trionfa il calcio ,trionfa lo sport ma soprattutto trionfa l'uomo,un giovane uomo che diventera il piu grande calciatore di tutti i tempi
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89abeseag
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mercoledì 1 giugno 2016
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pelè: più di un film biografico...
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"Pelè" è un film di serie B, per fattori come le interpretazioni o la fotografia (anche se quest'ultima si ritaglia momenti memorabili durante la pellicola) ma in questo caso avranno un ruolo marginale. All'uscita dalla sala, però, proverete soddisfazione e anche un po' di "commozione"; facendoci capire che spesso in un film carico di emozioni, la tecnica perde importanza venendo messa in secondo piano. Come già anticipato, non vi troverete di fronte a grandi interpretazioni, ma non è importante (in questo caso); però il tutto sarà compensato da una buona regia e un utilizzo frequente di effetti, specialmente durante le partite, che fanno diventare fantastico anche un semplice stop. Il tema che prende il sopravvento anche sul protagonista e l'anima di un brasile ormai demoralizzato che tramite lo sport riesce a ritornare in vita come un tempo.
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"Pelè" è un film di serie B, per fattori come le interpretazioni o la fotografia (anche se quest'ultima si ritaglia momenti memorabili durante la pellicola) ma in questo caso avranno un ruolo marginale. All'uscita dalla sala, però, proverete soddisfazione e anche un po' di "commozione"; facendoci capire che spesso in un film carico di emozioni, la tecnica perde importanza venendo messa in secondo piano. Come già anticipato, non vi troverete di fronte a grandi interpretazioni, ma non è importante (in questo caso); però il tutto sarà compensato da una buona regia e un utilizzo frequente di effetti, specialmente durante le partite, che fanno diventare fantastico anche un semplice stop. Il tema che prende il sopravvento anche sul protagonista e l'anima di un brasile ormai demoralizzato che tramite lo sport riesce a ritornare in vita come un tempo. Ed è questo topic della "ripresa" che vi farà sentire soddisfatti in quanto è qualcosa che ognuno di noi ha provato o proverà quasi sicuramente. Viene analizzato anche un altro argomento: l'inseguimento dei propri sogni. Tutti ne hanno uno ma in quanti sono riusciti a realizzarlo? Il giovane Edson ci riesce e ci riesce fin troppo bene. Facendoci ricordare che andare fino in fondo, anche con sacrifici, è un rischio ma un rischio che bisogna correre se si vuole arrivare in alto.
Questo film fa riflettere e fa emozionare, il resto non conta, ed è per questo che consiglio a chiunque di andare a vederlo più per un fatto emotivo e intrattenitivo che per un fattore tecnico e di bellezza visiva (che non mancherà).
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maurizio meres
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giovedì 9 giugno 2016
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come si diventa una leggenda
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La favolistica storia,che racconta la vita precedente alla consacrazione della leggenda di Pelé,il film scorre benissimo inquadrando soprattutto ciò che il Brasile era,delusioni speranze,disuguaglianze,un paese dove tutto è possibile.
La trama pecca pateticamente in un pressappochismo,senza una personalità di ciò che effettivamente è stato,il trionfo fu di un intero popolo,orgoglioso di ciò che profondamente era e soprattutto è,in campo non scendevano undici giocatori,ma milioni di brasiliani.
Fotografia bellissima con riprese reali di una quotidianità vera,bellissime le scene dei bambini partecipanti al torneo,suggestive le scene di calcio giocato,da brividi per gli amanti dello sport più popolare al mondo.
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La favolistica storia,che racconta la vita precedente alla consacrazione della leggenda di Pelé,il film scorre benissimo inquadrando soprattutto ciò che il Brasile era,delusioni speranze,disuguaglianze,un paese dove tutto è possibile.
La trama pecca pateticamente in un pressappochismo,senza una personalità di ciò che effettivamente è stato,il trionfo fu di un intero popolo,orgoglioso di ciò che profondamente era e soprattutto è,in campo non scendevano undici giocatori,ma milioni di brasiliani.
Fotografia bellissima con riprese reali di una quotidianità vera,bellissime le scene dei bambini partecipanti al torneo,suggestive le scene di calcio giocato,da brividi per gli amanti dello sport più popolare al mondo.
Gli attori tranne i bambini e il giovane Pelé,sono tutti superficiali senza anima recitativa.
Comunque il film è gradevole,personalmente avrei evitato la breve apparizione di Pelé,in quanto quel ragazzo non c'è più,forse la vera leggenda termino proprio con quella finale Svedese.
Inviato da iPad
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shingo tamai
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venerdì 9 dicembre 2016
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la ginga
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L'inizio mi aveva quasi spaventato con i bambini a giocare con un pallone di pezza in puro stile "pubblicità Nike" poi minuto dopo minuto,la pellicola è riuscita a catturare il mio interesse.
Ovviamente ci sono delle parti ampiamente romanzate ed oserei dire nazionalistiche, tipo giocatori e mister svedesi che insultano gratuitamente i rivali sudamericani,tuttavia ce ne sono altre interessanti.
Non conoscevo ad esempio,e credo che sia vero,l'immenso amore familiare e,cosa probabilmente più interessante,quanto i brasiliani fossero legati alla Ginga:Estro,fantasia,libertà di azione e gesti tecnici evoluti.
Se imprigioni un giocatore verdeoro in severi schemi tattici di fatto lo rendi triste,magari la pensassimo un po così in Italia al posto di parlare solo e sempre del risultato.
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L'inizio mi aveva quasi spaventato con i bambini a giocare con un pallone di pezza in puro stile "pubblicità Nike" poi minuto dopo minuto,la pellicola è riuscita a catturare il mio interesse.
Ovviamente ci sono delle parti ampiamente romanzate ed oserei dire nazionalistiche, tipo giocatori e mister svedesi che insultano gratuitamente i rivali sudamericani,tuttavia ce ne sono altre interessanti.
Non conoscevo ad esempio,e credo che sia vero,l'immenso amore familiare e,cosa probabilmente più interessante,quanto i brasiliani fossero legati alla Ginga:Estro,fantasia,libertà di azione e gesti tecnici evoluti.
Se imprigioni un giocatore verdeoro in severi schemi tattici di fatto lo rendi triste,magari la pensassimo un po così in Italia al posto di parlare solo e sempre del risultato.
Detto questo è chiaro che si poteva fare di più a livello di sceneggiatura,ma già raccontando la storia calcistica della "perla nera" si racconta un sogno ad occhi aperti.
Sembra impossibile che a soli diciassette anni, un ragazzo possa vincere un mondiale segnando in semifinale e finale e prendendo a "pallonate" sia i francesi che i fortissimi svedesi dell'epoca.
Forse solo "Maradona è meglio di Pelè" ma questi sono ovviamente gusti personali.
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fabriziopadula
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martedì 3 luglio 2018
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un falso indecente
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Il film è un falso indecente, non tanto per l’invenzione della rivalità giovanile con il ricco Altafini, quanto piuttosto per la ricostruzione della Coppa del Mondo del 1958, in particolare semifinale e finale.
In Brasile l’ego smisurato di Edson do Nascimento è noto a tutti, ma non pensavo che Pelè potesse arrivare a promuovere questa improponibile pagliacciata, facilmente smascherabile. E' sufficiente infatti confrontare il film con i video dell’epoca disponibili su Youtube.
Alcuni esempi:
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semifinale Brasile-Francia. Nel film il primo tempo della partita finisce 1-1, con i brasiliani che vanno negli spogliatoi abbacchiati per il pareggio di Just Fontaine, e salvati dalla tripletta di Pelè nel secondo tempo.
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Il film è un falso indecente, non tanto per l’invenzione della rivalità giovanile con il ricco Altafini, quanto piuttosto per la ricostruzione della Coppa del Mondo del 1958, in particolare semifinale e finale.
In Brasile l’ego smisurato di Edson do Nascimento è noto a tutti, ma non pensavo che Pelè potesse arrivare a promuovere questa improponibile pagliacciata, facilmente smascherabile. E' sufficiente infatti confrontare il film con i video dell’epoca disponibili su Youtube.
Alcuni esempi:
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semifinale Brasile-Francia. Nel film il primo tempo della partita finisce 1-1, con i brasiliani che vanno negli spogliatoi abbacchiati per il pareggio di Just Fontaine, e salvati dalla tripletta di Pelè nel secondo tempo. E' un falso. Nella partita vera, il primo tempo finisce già 2-1 per il Brasile con un goal di Didi, quindi la tripletta di Pelè arriva giò a risultato sostanzialmente acquisito.
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semifinale Brasile-Francia. Nel film, il primo goal di Pelè è frutto di un'azione mirabolante con un doppio sombrero su due difensori, seguito da una perfetta semirovesciata. Anche questo è completamente falso. In realtà il primo gol di Pelè è un appoggio semplicissimo a 2 metri dalla porta vuota. Certamente meno poetico, ma è la verità.
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semifinale Brasile-Francia. Nel film, l’azione del terzo gol di Pelè è uno sfacciato copia-incolla della sua leggendaria azione con finta attorno al portiere In Brasile-Uruguay di Mexico 1970 (in cui peraltro il tiro finì fuori). Evidentemente non ha nulla a che vedere con il vero terzo goal di Pelè in Brasile-Francia.
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Finale Brasile-Svezia. Nel film, l'azione del primo goal di Vava è aperta da Pelè che, dopo aver scartato 6-7 svedesi stile Holly&Benjii, passa la palla di tacco a Garrincha. Nella realtà, niente di tutto questo. Nel primo gol di Vava non c'è alcun contributo di Pelè: Garrincha riceve il pallone da Orlando, che a sua volta intercetta un rilancio di un difensore svedesi.
Così non si può. Siamo ben al di là di un lecito adattamento cinematografica, pur romanzato. Siamo alla truffa, alla manipolazione della realtà destinata a milioni di ignari spettatori, per giunta applicata ad una delle pagine più memorabili della storia del calcio, che è “la cosa più importante delle cose non importanti" (felice definizione di Arrigo Sacchi).
Il film è anche un insulto alla memoria dei compagni di squadra Pelè, rappresentati come giocatori normali miracolati da un ragazzino fenomenale, e ritengo che questo sua l’aspetto più vergognoso di questa vicenda.
Il Brasile del 1958 è universalmente considerato una delle migliori squadre di tutti i tempi. Gilmar, Santos, Santos, Zito, Bellini, Orlando, Garrincha, Didi, Vava, Pele, Zagallo. E non 10 + Pelè. Non scherziamo.
Non capisco la necessità di questa raffinata messinscena. Pelè è gran lunga il più grande giocatore di sempre, senza bisogno di false aggiunte. Ad esempio: il film ignora il goal più importante di Pelè in quella coppa del Mondo, quello decisivo nel quarto di finale contro il Galles (finito 1-0) peraltro, quello si, bellissimo.
Quanti bambini e ragazzi in tutto il mondo, dopo aver visto questo film truffa, hanno ora una falsa idea di quella Coppa del Mondo ?
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enzo70
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martedì 14 luglio 2020
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il bel racconto di una grande leggenda
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Di Pelè conosciamo i successi, le tre coppe del mondo vinte, le rovesciate, fuga della vittoria. Ma la storia del ragazzo diventato il secondo giocatore più forte del mondo era poco nota. E questo film è l’occasione per vedere ballare la ginga in campo, l’eterna questione tra il calcio europeo, brutto ed essenziale, e quello sudamericano, bello ma lezioso. Ma è anche l’eterna diaspora tra nord e sud del mondo, ricchi e poveri, belli e brutti. Come nel difficile rapporto tra Pelè ed Altafini, due modelli di calcio diversi ed inconciliabili che trovano, però, una sintesi nell’amore per il Brasile. Ed è anche la storia di un figlio e di un padre, dell’amore per il calcio, per la vita.
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Di Pelè conosciamo i successi, le tre coppe del mondo vinte, le rovesciate, fuga della vittoria. Ma la storia del ragazzo diventato il secondo giocatore più forte del mondo era poco nota. E questo film è l’occasione per vedere ballare la ginga in campo, l’eterna questione tra il calcio europeo, brutto ed essenziale, e quello sudamericano, bello ma lezioso. Ma è anche l’eterna diaspora tra nord e sud del mondo, ricchi e poveri, belli e brutti. Come nel difficile rapporto tra Pelè ed Altafini, due modelli di calcio diversi ed inconciliabili che trovano, però, una sintesi nell’amore per il Brasile. Ed è anche la storia di un figlio e di un padre, dell’amore per il calcio, per la vita. E’ un film di una semplicità disarmante, chiaramente difficile da digerire per i critici, ma il calcio, anzi il pallone, è per definizione una cosa semplice, si tocca con i piedi. Ma per farlo bene serve il cuore. E un film così va bene per raccontare la storia di un uomo come Pelè. E se è piaciuto ad un napoletano fedele al suo unico idolo, allora è un film che vale la pena di vedere.
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francesco55093
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mercoledì 1 giugno 2016
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racconto romanzato in una forma sovrabbondante
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Il 29 giugno 1958, a Solna (Svezia), si gioca la finale di Coppa del mondo di calcio: quel giorno, il giovane Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto come Pelé, fa conoscere al mondo il suo enorme talento; è la consacrazione internazionale di quello che a detta di molti è il più grande calciatore di tutti i tempi. Il Mondiale del 1958 è il punto di arrivo di una vicenda che comincia a Bauru (un comune dello stato di San Paolo, in Brasile), dove Dico (Pelé bambino) vive con la sua famiglia in un quartiere in cui l’indigenza e la sottoccupazione sono condizioni comuni. Oltre a dividersi tra la scuola e il mestiere di lustrascarpe, il futuro “O’ Rey” comincia a giocare a calcio con i suoi amici, anche grazie all’esempio del padre che, da giovane, era stato un attaccante della squadra di Bauru con lo pseudonimo di Dondinho.
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Il 29 giugno 1958, a Solna (Svezia), si gioca la finale di Coppa del mondo di calcio: quel giorno, il giovane Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto come Pelé, fa conoscere al mondo il suo enorme talento; è la consacrazione internazionale di quello che a detta di molti è il più grande calciatore di tutti i tempi. Il Mondiale del 1958 è il punto di arrivo di una vicenda che comincia a Bauru (un comune dello stato di San Paolo, in Brasile), dove Dico (Pelé bambino) vive con la sua famiglia in un quartiere in cui l’indigenza e la sottoccupazione sono condizioni comuni. Oltre a dividersi tra la scuola e il mestiere di lustrascarpe, il futuro “O’ Rey” comincia a giocare a calcio con i suoi amici, anche grazie all’esempio del padre che, da giovane, era stato un attaccante della squadra di Bauru con lo pseudonimo di Dondinho. Nonostante l’opposizione della madre, Dico cresce affinando la sua tecnica calcistica fino a guadagnarsi l’attenzione di un noto talent scout del Santos; è l’inizio di un riscatto che è sia personale che nazionale.
Non si può certo contestare l’intenzione di raccontare la poesia del calcio, così com’è altrettanto inattaccabile l’intento di sublimare la figura di Pelé (il Pelé ragazzo è interpretato da Kevin de Paula), ma forse spogliare dalla crudezza una vicenda che è immersa nella precipua miseria delle metropoli brasiliane dà alla narrazione un’inverosimiglianza e un handicap di realismo che sono probabilmente eccessivi e che concorrono ad un prodotto meno cinematografico e più da fiction; difetti che sembrano un riempitivo che toglie dal punto di vista del contenuto (che comunque c’è), regalando una formalità che è oltre misura e che raggiunge l’apice nella retorica che trasuda in alcuni momenti. Il piano della forma ha però anche un lato che va esaltato e che è rintracciabile nella fotografia: molto spettacolari sono alcune sequenze che non possono che emozionare lo spettatore ed in primo luogo chi nutre un’ accesa passione per il football.
Un altro aspetto che merita di essere indagato è la cernita operata a proposito della vita del campione bra-siliano, che si conclude con una serie di tagli che escludono buona parte della carriera di Pelé, quella in cui ottiene i maggiori riconoscimenti. Sebbene si tratti di una scelta legittima, poiché rientra nel diritto di un autore di intervenire su una storia, non ci si può però esimere dal rilevare che chi si appresta a vedere un film di taglio biografico si aspetta innanzitutto compiutezza, a maggior ragione quando si tratta di personalità famose.
Nonostante ci sia, come già detto, un’attenzione eccessiva sull’aspetto formale, quello contenutistico è comunque degno di nota ed è imperniato sull’insistenza su alcuni valori, come la tenacia nel perseguire i propri obiettivi, l’orgoglio per la propria identità culturale e la capacità del protagonista di conservare un’onestà verso se stesso e verso gli altri, ancorché ci si trovi in una drammaticità che è apparentemente senza rimedio; il valore di una tale soluzione si può riscontrare nel fatto che il film, in quest’aspetto, acquista un che di etico e di edificante.
Nonostante ciò, si può sostenere che questo biopic sia un’opera che, quantunque attiri gli appassionati di sport, presenta degli inequivocabili limiti da un punto di vista cinematografico, che si sostanziano nel troppo interesse per il lato esteriore a discapito di una discesa nella profondità della vicenda presentata al pubblico.
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francesco55093
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mercoledì 1 giugno 2016
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racconto romanzato in una forma sovrabbondante
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Il 29 giugno 1958, a Solna (Svezia), si gioca la finale di Coppa del mondo di calcio: quel giorno, il giovane Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto come Pelé, fa conoscere al mondo il suo enorme talento; è la consacrazione internazionale di quello che a detta di molti è il più grande calciatore di tutti i tempi. Il Mondiale del 1958 è il punto di arrivo di una vicenda che comincia a Bauru (un comune dello stato di San Paolo, in Brasile), dove Dico (Pelé bambino, interpretato da Leonardo Lima Carvalho) vive con la sua famiglia in un quartiere in cui l’indigenza e la sottoccupazione sono condizioni comuni. Oltre a dividersi tra la scuola e il mestiere di lustrascarpe, il futuro “O’ Rey” comincia a giocare a calcio con i suoi amici, anche grazie all’esempio del padre (João Ramos do Nascimento) che, da giovane, era stato un attaccante della squadra di Bauru con lo pseudonimo di Dondinho.
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Il 29 giugno 1958, a Solna (Svezia), si gioca la finale di Coppa del mondo di calcio: quel giorno, il giovane Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto come Pelé, fa conoscere al mondo il suo enorme talento; è la consacrazione internazionale di quello che a detta di molti è il più grande calciatore di tutti i tempi. Il Mondiale del 1958 è il punto di arrivo di una vicenda che comincia a Bauru (un comune dello stato di San Paolo, in Brasile), dove Dico (Pelé bambino, interpretato da Leonardo Lima Carvalho) vive con la sua famiglia in un quartiere in cui l’indigenza e la sottoccupazione sono condizioni comuni. Oltre a dividersi tra la scuola e il mestiere di lustrascarpe, il futuro “O’ Rey” comincia a giocare a calcio con i suoi amici, anche grazie all’esempio del padre (João Ramos do Nascimento) che, da giovane, era stato un attaccante della squadra di Bauru con lo pseudonimo di Dondinho. Nonostante l’opposizione della madre, Dico cresce affinando la sua tecnica calcistica fino a guadagnarsi l’attenzione di un noto talent scout del Santos; è l’inizio di un riscatto che è sia personale che nazionale.
Non si può certo contestare l’intenzione di raccontare la poesia del calcio, così com’è altrettanto inattaccabile l’intento di sublimare la figura di Pelé (il Pelé ragazzo è interpretato da Kevin de Paula), ma forse spogliare dalla crudezza una vicenda che è immersa nella precipua miseria delle metropoli brasiliane dà alla narrazione un’inverosimiglianza e un handicap di realismo che sono probabilmente eccessivi e che concorrono ad un prodotto meno cinematografico e più da fiction; difetti che sembrano un riempitivo che toglie dal punto di vista del contenuto (che comunque c’è), regalando una formalità che è oltre misura e che raggiunge l’apice nella retorica che trasuda in alcuni momenti. Il piano della forma ha però anche un lato che va esaltato e che è rintracciabile nella fotografia: molto spettacolari sono alcune sequenze (ad esempio, quando “O’ Rey” entra nel campo di gioco durante i mondiali del ’58) che non possono che emozionare lo spettatore ed in primo luogo chi nutre un’ accesa passione per il football.
Il testo della pellicola è composto di dialoghi che non sono esaltanti a causa di una certa dose di prevedibilità; tutto ciò però, non impedisce agli attori di fornire una buona interpretazione in cui risalta soprattutto l’espressività e la credibilità.
Un altro aspetto che merita di essere indagato è la cernita operata a proposito della vita del campione brasiliano, che si conclude con una serie di tagli che escludono buona parte della carriera di Pelé, quella in cui ottiene i maggiori riconoscimenti. Sebbene si tratti di una scelta legittima, poiché rientra nel diritto di un autore di intervenire su una storia, non ci si può però esimere dal rilevare che chi si appresta a vedere un film di taglio biografico si aspetta innanzitutto compiutezza, a maggior ragione quando si tratta di personalità famose.
Nonostante ci sia, come già detto, un’attenzione eccessiva sull’aspetto formale, quello contenutistico è comunque degno di nota ed è imperniato sull’insistenza su alcuni valori, come la tenacia nel perseguire i propri obiettivi, l’orgoglio per la propria identità culturale e la capacità del protagonista di conservare un’onestà verso se stesso e verso gli altri, ancorché ci si trovi in una drammaticità che è apparentemente senza rimedio; il valore di una tale soluzione si può riscontrare nel fatto che il film, in quest’aspetto, acquista un che di etico e di edificante.
Nonostante ciò, si può sostenere che questo biopic sia un’opera che, quantunque attiri gli appassionati di sport, presenta degli inequivocabili limiti da un punto di vista strettamente cinematografico, che si sostanziano nel troppo interesse per il lato esteriore a discapito di una discesa nella profondità della vicenda presentata al pubblico.
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maumauroma
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martedì 28 giugno 2016
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pele'
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La leggenda del gioco del calcio racchiusa in un piccolo film. Viene raccontata in forma accademica e stereotipata la classica infanzia difficile, la lenta scalata al successo, le prime vittorie, la formazione del mito. Il tutto in fonma banale e scontata.Le uniche immagini belle ed emozionanti sono quelle fornite dai pochissimi filmati d'epoca originali. Le scene ricostruite della finale Svezia-Brasile del 1958 hanno il ritmo degli allenamenti tra scapoli e ammogliati.La colonna sonora e' fastidiosamente melensa. Imperdonabile la voce di Pizzul utilizzata per le finte telecronache.Il grande Pele' meritava ben altro
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