laurence316
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domenica 6 gennaio 2019
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favola fantasy ecologista e farsesca, imperdibile
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Spettacolare quanto folle, folle quanto esilarante, The Mermaid continua la trionfale serie di successi al botteghino del divo Stephen Chow, più volte indicato come lo “Spielberg d’oriente”.
Che ancora una volta si sbizzarrisce, architettando (con l’aiuto di ben 7 sceneggiatori) una delirante favola fantasy ecologista e farsesca, caratterizzata dalla consueta commistione di umorismo demenziale, surrealismo, azione e sentimento alla quale il regista ha da tempo abituato le sue schiere di fans.
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Spettacolare quanto folle, folle quanto esilarante, The Mermaid continua la trionfale serie di successi al botteghino del divo Stephen Chow, più volte indicato come lo “Spielberg d’oriente”.
Che ancora una volta si sbizzarrisce, architettando (con l’aiuto di ben 7 sceneggiatori) una delirante favola fantasy ecologista e farsesca, caratterizzata dalla consueta commistione di umorismo demenziale, surrealismo, azione e sentimento alla quale il regista ha da tempo abituato le sue schiere di fans.
In particolare le prime due componenti, sfacciata demenzialità e “assurdo” surrealismo, toccano qui vette di assoluto delirio, di totale e completa, frenetica, bizzarria, di entusiasmante ilarità (sarebbero davvero molte le scene da citare; ne bastino un paio: la scena della cucina del “Polpo” [che certamente riporta alla memoria il geniale God of Cookery, sempre di Chow]; e quella della denuncia alla polizia. Momenti emblematici della capacità del film di far venire allo spettatore persino le lacrime agli occhi dal troppo ridere).
The Mermaid concilia l’aspetto comico con il messaggio che intende trasmettere, se si vuole “sbracato”, sbandieratissimo, e che pur tuttavia mantiene una sua innegabile attualità e gravosa rilevanza (non a caso il film si apre con una breve serie di spezzoni documentari). Un messaggio per via del quale è difficile non trovarsi in sintonia con il regista. Perché, dopotutto, come viene ripetuto a più riprese all’interno del film: “Se non ci fossero più una sola goccia di acqua pulita o una boccata d’aria fresca rimaste su questo pianeta, a quel punto di che utilità sarebbero i soldi?” Quei soldi ai quali il multimiliardario Liu Xuan pare tenere così tanto?
Ovviamente, non si tratta certo di un messaggio originale, e per l’appunto non si può dire che sia espresso con particolare sottigliezza, ma resta un qualcosa di cui dare credito a Chow. Questa conciliazione, dagli esiti quasi sempre felici, tra umorismo e tentativo di suscitare riflessione.
E poi, la forma rimane pur sempre avvincente, singolare, con una messinscena coloratissima e fantasiosa, dalla fotografia iper-satura; e con una tale sfacciataggine nello costeggiare ripetutamente, col sorriso sulle labbra, le paludi del kitsch da sfiorare quasi il “sublime”.
Menzione speciale per i “siparietti musicali” (esilaranti: vedi la scena dei ripetuti tentativi da parte della sirena di colpire Liu mentre questi si lancia in un balletto sulle note della canzone “Invincible”, scritta e composta da Chow stesso [canzone che ritorna anche nella “perfetta” performance canora al parco divertimenti]), nonché per l’ironico utilizzo del tema musicale di Dalla Cina con furore (d’altra parte, il regista non ha mai fatto mistero di essere un fan sfegatato di Bruce Lee).
Recitato con perfetto rispetto dei tempi comici, saturo di invenzioni, The Mermaid non mancherà certamente di suscitare la risata.
Costato l’equivalente di 60 milioni di dollari, il film si guadagna un sensazionale successo di pubblico, ed arriva ad incassare ben 553 milioni al box-office, dei quali 526 nella sola Cina, divenendo il maggior incasso di sempre nel paese al momento dell’uscita (superato in questo l’anno seguente da Wolf Warrior 2). Ma, ovviamente, in Italia è ancora inedito. Rimane comunque un film da recuperare, se possibile, anche e soprattutto da coloro i quali abbiano apprezzato le precedenti opere del regista.
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