luigi chierico
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giovedì 23 giugno 2016
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per chi l’ama : sublime
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seconda parte:
Sebbene in questo film non abbia molto rilievo e spazio l’amore tra un uomo ed una donna, tuttavia i fatti inducono lo spettatore alla tristezza e commozione. Un film a mio avviso impeccabile. Un’ottima sceneggiatura accompagnata da una bella melodiosa colonna musicale quale si vorrebbe ascoltare in ogni film in cui il dialogo è essenziale come ad esempio nel momento in cui il prof. G.H.Harty afferma:”Ci servono le dimostrazioni, noi siamo semplici esploratori dell’infinito alla ricerca della perfezione assoluta” o :”La scienza più elevata scaturisce dalle più umili origini.” E quante volte le leggi naturali vengono scoperte quasi casualmente come per la gravitazione universale dimostrata da Isaac Newton.
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seconda parte:
Sebbene in questo film non abbia molto rilievo e spazio l’amore tra un uomo ed una donna, tuttavia i fatti inducono lo spettatore alla tristezza e commozione. Un film a mio avviso impeccabile. Un’ottima sceneggiatura accompagnata da una bella melodiosa colonna musicale quale si vorrebbe ascoltare in ogni film in cui il dialogo è essenziale come ad esempio nel momento in cui il prof. G.H.Harty afferma:”Ci servono le dimostrazioni, noi siamo semplici esploratori dell’infinito alla ricerca della perfezione assoluta” o :”La scienza più elevata scaturisce dalle più umili origini.” E quante volte le leggi naturali vengono scoperte quasi casualmente come per la gravitazione universale dimostrata da Isaac Newton. Si apre così tra i due studiosi una disputa che diventa una sfida per la ricerca di una legge che spieghi tanti misteri come quello dei numeri primi che sono solitari ma possono essere gemelli,cioè non ce ne possono essere due consecutivi ma due immediatamente prossimi come 17 e 19. Il film si chiude proprio con questo numero 1719 che fa affermare a Ramanujan non essere un numero qualsiasi, ma forse nessuno lo è se lo andiamo ad analizzare con il contributo de “Il mago dei numeri” di Hans M. Enzensberger. Ad esempio questo numero altro non è che 3 al quadrato per 191, e la magia dei numeri ha pur essa un suo fascino, basti pensare che il numero 12345679 per 10 dà subito 123456790 , mentre se moltiplicato per 9 dà 111111111. La sezione aurea è magia dei numeri o fascino dei numeri.?
Il film non è solo tutto qui perché Matt Brown ha dato prova di essere un eccellente regista, attento,scrupoloso in ogni momento, facendo un uso ammirevole di luci in ogni occasione, muovendosi con discrezione nel Trinity College di Cambridge. Ai due principali protagonisti si aggiungono altri validi attori quali Toby Jones, Stephen Fry. Ottima la fotografia di Larry Smith, perfetto il montaggio e la scenografia. Per gli appassionati di matematica val la pena ricordare che già nel 2001 Ron Howard aveva portato sullo schermo la vita di John Forbes Nash jr. , premio nobel, nel film “A Beatiful mind” con Russell Crowe e che nel 2006 Jhon Madden aveva diretto “Proof-La prova” con Gwyneth Paltrow ed Anthony Hopkins, ma nessuno dei due personaggi aveva visto l’infinito come Ramanujan. Premesso che al cinema non di si va solo per divertirsi, il film soddisfa ogni esigenza del pubblico non manca la storia romantica e drammatica, la guerra e la malattia e scene molto belle sulla spiaggia o sotto una magnifica nevicata che fa pensare ancora una volta alla composizione geometrica dei suoi cristalli in simmetria esagonale o frattale (“Una rappresentazione dall’apparente andamento irregolare che in sostanza è una struttura matematica”.Mandelbrot) In conclusione un film a cui non manca proprio nulla per non essere considerato un capolavoro di recitazione e di storia universale.chibar22@libero.it
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ninoraffa
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martedì 27 giugno 2017
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la mistica delle partizioni
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Antico dilemma se la matematica sia scoperta o invenzione; se i teoremi siano costruzioni dell’intelligenza, oppure cose che stanno già lì fuori in attesa che qualcuno, magari dotato di vista più acuta, le veda. Srinivasa Ramanujan era di questo secondo avviso e quando si pretendevano da lui le dimostrazioni formali dei suoi geniali risultati, manifestava lo stesso stupore che ognuno di noi proverebbe se gli chiedessero la dimostrazione del mare o di un tramonto.
L’uomo che vide l’infinito, tratto dall’omonimo libro di R. Kanigel (1991) cavalca il fortunato filone della biografie di scienziati, più o meno romanzate, di cui forse The imitation game (2014) è il migliore esempio recente.
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Antico dilemma se la matematica sia scoperta o invenzione; se i teoremi siano costruzioni dell’intelligenza, oppure cose che stanno già lì fuori in attesa che qualcuno, magari dotato di vista più acuta, le veda. Srinivasa Ramanujan era di questo secondo avviso e quando si pretendevano da lui le dimostrazioni formali dei suoi geniali risultati, manifestava lo stesso stupore che ognuno di noi proverebbe se gli chiedessero la dimostrazione del mare o di un tramonto.
L’uomo che vide l’infinito, tratto dall’omonimo libro di R. Kanigel (1991) cavalca il fortunato filone della biografie di scienziati, più o meno romanzate, di cui forse The imitation game (2014) è il migliore esempio recente. Stavolta tocca al leggendario matematico indiano Srinivasa Ramanujan (a quando Kurt Gödel?). Nato in India nel 1887 da una famiglia braminica, Ramanujan riceve una discreta istruzione senza poter comunque accedere all’università; già ragazzo manifesta le sue doti riempiendo quaderni di teoremi, molti dei quali profondi e originalissimi, alcuni magari già scoperti da secoli a sua insaputa, qualcuno pure sbagliato, tutti rigorosamente privi di dimostrazione in quanto comunicatigli direttamente, in sogno o in preghiera, dalla dea Namagiri. E’ solito ripetere che un’equazione non ha significato se non esprime un pensiero di Dio.
Intanto sbarca il lunario come contabile a Madras. Sconosciuto dilettante sepolto nella remota provincia dell’impero, nel 1913 Ramanujian imbusta alcuni dei suoi risultati divini e li spedisce ad alcuni eminenti matematici inglesi. Due cestinano alla prima occhiata, il terzo è Godfrey Hardy: eccentrico, anticonformista, ateo atteggiato a nemico personale di Dio, solito uscire nelle belle giornate con l’ombrello per prevenire i dispetti meteorologici dell’inesistente Padre Eterno. Da quelle poche pagine di carta grezza Hardy intuisce il genio dell’indiano, facendo in modo che arrivi a Cambridge come borsista. Insieme realizzeranno una delle più produttive collaborazioni della storia della matematica.
Il film di Matt Brown, col riflessivo ed elegante Jeremy Irons tanto perfetto nei panni di Hardy da quasi eclissare il protagonista, rappresenta bene l’amicizia tipicamente inglese tra i due scienziati, fatta più di silenzi che di confidenze, che solo sul finire trova un po’ di calore. Maggior rilievo avrebbero forse meritato le figure altrettanto geniali di Bertrand Russell e John Littlewood, ma nel complesso il soggetto rende con equilibrio sia lo sfondo storico, che l’ambiente accademico inglese al tempo della Grande Guerra: elitario, razzista e chiuso, ma meno di quanto ci si potrebbe aspettare. Dubbia e in parte prescindibile, invece, la ricostruzione della vita familiare di Ramanujan, con il conflitto tra moglie innamorata e madre possessiva contraria al trasferimento del figlio in Inghilterra. In realtà fu proprio la madre a superare gli scrupoli religiosi di Ramanujan riguardo al viaggio: aveva sognato il figlio in una grande sala con un gruppo di uomini europei, e poi le era apparsa Namagiri in persona ordinando che lui partisse.
Evidentemente gli dei, nonostante lui, simpatizzavano per Hardy offrendogli un improbabile collega – per sua stessa ammissione a lui superiore – insieme al quale avrebbe pubblicato alcuni dei suoi migliori lavori. Come proteggessero Ramanujan non sappiamo: il clima inglese insieme ai suoi tabù alimentari ne minarono la salute destinandolo a morte prematura. I suoi risultati continuano dopo un secolo a trovare applicazioni e sviluppi in molti campi, con buona pace di Hardy che amava considerare la matematica pura un’arte: visione di forme, come la pittura o la poesia, più vicina alla realtà profonda – e quindi alla verità e alla bellezza – di qualsiasi scienza applicata; orgoglioso di non aver fatto nulla di utile, ma di avere soltanto aumentato il sapere e di avere aiutato altri a farlo.
Scrupoloso induista, Ramanujan fu sempre posseduto dal sacro fuoco del sapere matematico che gli proveniva da Dio, in una personalissima mistica in cui i numeri sono la parola che unisce Cielo e Terra. Eppure l’inglese e l’indiano, l’ateo e il devoto, forse erano meno distanti di quanto sembrasse: l’uno aveva trovato nella matematica il suo dio, l’altro la sua matematica in Dio, e proprio nei numeri si erano incontrati. Un ultimo pensiero mentre scorrono i titoli di coda: nel caso abbia avuto ragione Ramanujan, stanno ancora insieme a discutere con Dio – ovvero a imbastire teoremi – da qualche parte.
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vanessa zarastro
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domenica 12 giugno 2016
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il genio e la spiritulaità
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L’uomo che vide l’infinito”, tratto da una storia vera, è un filmetto convenzionale che però si vede volentieri se non altro per il fascino di Jeremy Irons con l’eleganza dei suoi vestiti e la bella fotografia di un’attenta ambientazione. La solita comunità di Cambridge conservatrice e anche piuttosto razzista, viene messa in discussione dal Prof. Godfrey Harold Hardy (l’impeccabile Jeremy Irons) del Trinity College di Cambridge che, nonostante la sua ritrosia umana si infervora per le scoperte matematiche di un giovano indiano. La storia si svolge all’inizio del secolo Srinivasa Ramanujan (Dev Patel), un indiano povero di Madras, ha un dono naturale: riesce a intuire formule matematiche molto complesse come, ad esempio, quelle dei numeri primi).
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L’uomo che vide l’infinito”, tratto da una storia vera, è un filmetto convenzionale che però si vede volentieri se non altro per il fascino di Jeremy Irons con l’eleganza dei suoi vestiti e la bella fotografia di un’attenta ambientazione. La solita comunità di Cambridge conservatrice e anche piuttosto razzista, viene messa in discussione dal Prof. Godfrey Harold Hardy (l’impeccabile Jeremy Irons) del Trinity College di Cambridge che, nonostante la sua ritrosia umana si infervora per le scoperte matematiche di un giovano indiano. La storia si svolge all’inizio del secolo Srinivasa Ramanujan (Dev Patel), un indiano povero di Madras, ha un dono naturale: riesce a intuire formule matematiche molto complesse come, ad esempio, quelle dei numeri primi). Sembrerebbe che tali formule gli vengano suggerite dalle divinità. Lavorando in un ufficio aiutando il contabile di una ditta di spedizioni, il giovane fa tutte le operazioni aritmetiche a mente senza bisogno del pallottoliere e man mano la sua abilità fa sì che lo stesso contabile gli suggerisce varie persone cui scrivere, in particolare a un professore di matematica in Inghilterra che resterà favorevolmente stupìto da tutte le sue scoperte di teoria analitica dei numeri. Hardy lo inviterà a Cambridge e lo spingerà a ripercorrere i vari passaggi logico-matematici per spiegare e dimostrare ciò che continua a chiamare “intuizioni”, brillanti intuizioni, ma che hanno bisogno di scientificità. La frase di Ramanujan “Un’equazione non ha senso se non esprime un pensiero divino” spiega in parte la differenza dell’approccio alla vita tra mondo occidentale e orientale. Il giovane Srinivasa lascerà quindi la giovane moglie e la madre per seguire questa passione per la matematica con la speranza di vedere pubblicati i suoi risultati. Arriverà nella comunità di Cambrige nel 1913, dove troverà molta ostilità nell’ambiente accademico, sia tra i docenti sia tra gli studenti. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale finirà deriso e perfino picchiato da alcuni giovani soldati inglesi. Dopo un lungo lavoro in tandem, Hardy e Ramanujan, aiutati dal simpatico e umano John Littlewood (Toby Jones) e dal pacifista filosofo e matematico Bertrand Russell (Jeremy Notham), riusciranno, non senza ostacoli, a superare la rigidità accademica. A Ramanujan sarà riconosciuto il merito e diventerà, incredibilmente, membro della Royal Accademy. Sarà perfino accostato a Eulero e a Gauss e ad altre personalità geniali della storia della matematica. Purtroppo Ramanujan si era trascurato molto e aveva contratto la tisi, a quei tempi malattia inguaribile, tornato a casa per rivedere la sua splendida moglie Janaki, morirà dopo solo un anno all’età di 33 anni. Il quarantaquattrenne regista Matt Brown è di origine sudafricana ed è probabile che senta particolarmente il discorso tra colonizzatori e colonizzati che è in filigrana nel film. Dal libro di Robert Kanigel L'uomo che vide l'infinito - La vita breve di Srinivasa Ramanujan, genio della matematica, trae la sceneggiatura del film omonimo.
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flyanto
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martedì 14 giugno 2016
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due individui con la passione per la matematica
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"L'Uomo che Vide l'Infinito" è la storia del matematico indiano Ramanujan che fu scoperto dal matematico inglese Hardy il quale riconobbe in lui una mente prodigiosa e fuori dal comune per le intuizioni matematiche che il primo ebbe, nonostante la sua mancanza di istruzione. La vicenda è ambientata poco prima della Prima Guerra Mondiale, e precisamente nel 1912 quando l'India era ancora un possedimento inglese, e nel suo corso si assiste al riconoscimento da parte, appunto, del matematico Hardy, delle doti di questo genio proveniente dalla città indiana di Madras a tal punto da volerlo trasferito dall'India in Inghilterra, presso l'Università di Cambridge, sfidando ed opponendosi all'opinione contraria ed un poco classista (nonchè razzista) degli altri eminenti studiosi.
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"L'Uomo che Vide l'Infinito" è la storia del matematico indiano Ramanujan che fu scoperto dal matematico inglese Hardy il quale riconobbe in lui una mente prodigiosa e fuori dal comune per le intuizioni matematiche che il primo ebbe, nonostante la sua mancanza di istruzione. La vicenda è ambientata poco prima della Prima Guerra Mondiale, e precisamente nel 1912 quando l'India era ancora un possedimento inglese, e nel suo corso si assiste al riconoscimento da parte, appunto, del matematico Hardy, delle doti di questo genio proveniente dalla città indiana di Madras a tal punto da volerlo trasferito dall'India in Inghilterra, presso l'Università di Cambridge, sfidando ed opponendosi all'opinione contraria ed un poco classista (nonchè razzista) degli altri eminenti studiosi. Nel corso delle giornate i due matematici si riuniscono e studiano svariati calcoli e teorie giungendo a dei risultati talmente avanzati da costituire oggi la base, per esempio, degli studi contemporanei di astronomia più avanzati. Nel contempo la stima tra i due si consolida sino a quando Ramanujan, molto malato di tubercolosi, decide di ritornare in India dalla sua famiglia e dove , purtroppo morirà l'anno dopo in un'età ancora giovane.
Film biografico, ben diretto e soprattutto molto ben interpretato da Jeremy Irons nella parte del matematico Hardy come pure dall'indiano Dev Patel in quella di Ramanujan, risulta nel suo complesso molto commovente e singolare in particolar modo per ciò che concerne la descrizione dell'amicizia e del rispetto profondo che nacque e si accrebbe tra i due studiosi nel corso degli anni e a dispetto dei pareri e dei pregiudizi altrui. Probabilmente la storia in sè è rappresentata in una forma un poco romanzata ma, ripeto, quello che costituisce il pregio di questa pellicola è, appunto, il rapporto rappresentato dal regista Matt Brown di due figure che erano nettamente all'opposto per cultura, istruzione e personalità (Hardy, per esempio, era un ateo, Ramanujan, al contrario, un fervente ed osservante religioso) e che nonostante tutto riuscì a superare ogni barriera e pregiudizio, basandosi sul comune e profondo interesse per lo studio della matematica ma anche e soprattutto sulla stima reciproca.
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luigi chierico
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giovedì 23 giugno 2016
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per chi l’ama : sublime
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prima parte
on ci si innamora soltanto di una donna o di un uomo,ci si innamora anche dell’arte,e fare del Cinema come Jereny Irons è Arte, ci si innamora del bel canto e della pittura, ci si innamora delle scienze, dei numeri, ci si innamora della Matematica,sì proprio della Matematica da tanti così tanto odiata. La matematica è Arte nelle menti di pochi che conoscono il linguaggio dell’universo,che possono vedere l’infinito come il giovane indiano Ramanujan, qui ottimamente interpretato da Dev Patel. Attraverso questo molto interessante film che racconta la storia di Ramanujan e dell’illustre professore inglese G.H.Hardy,insegnante e studioso nel famoso Trinity College di Cambridge, ci si può comprendere come la matematica costituisca il legame profondo tra due menti vissute in una angosciosa follia data dalla ricerca di altre scoperte.
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prima parte
on ci si innamora soltanto di una donna o di un uomo,ci si innamora anche dell’arte,e fare del Cinema come Jereny Irons è Arte, ci si innamora del bel canto e della pittura, ci si innamora delle scienze, dei numeri, ci si innamora della Matematica,sì proprio della Matematica da tanti così tanto odiata. La matematica è Arte nelle menti di pochi che conoscono il linguaggio dell’universo,che possono vedere l’infinito come il giovane indiano Ramanujan, qui ottimamente interpretato da Dev Patel. Attraverso questo molto interessante film che racconta la storia di Ramanujan e dell’illustre professore inglese G.H.Hardy,insegnante e studioso nel famoso Trinity College di Cambridge, ci si può comprendere come la matematica costituisca il legame profondo tra due menti vissute in una angosciosa follia data dalla ricerca di altre scoperte. La storica figura è ottimamente interpretata da un grandissimo Jeremy Irons che mi sento di candidare per l’Oscar nel 2017,egli ricorda la bravura di altri miei idoli della cinematografia inglese: Charles Laughton, Laurence Olivier e Peter O’Toole,di cui è l’erede artistico.I numeri,per i due sfidanti,come per chi li ama,sono la magia del mondo,essi regolano il tempo,le stagioni,lo spazio. Non vi è nulla che non sia numero,dal monosillabo alla nota musicale,essa è armonia,certo può portare alla follia che però rimane lucida follia ma non pazzia. E’la strada che ha portato l’uomo sulla luna e su Marte che ha fatto studiare i buchi neri a Stephen Hawking (leggi “Dal bing bang ai buchi neri” vedi il film “La teoria del tutto”).Se osserviamo l’universo dai semi all’uomo e alle stelle ci accorgiamo che l’intero universo è stato concepito secondo leggi matematiche, Albert Einstein dirà:“ Dio non gioca a dadi”,e direi che è il linguaggio di Dio perché i principi matematici sono universali, la matematica è il linguaggio universale d’ogni tempo ed in ogni spazio. Come si fa a non apprezzare questo poderoso film in cui il giovane indiano Ramanujan contraddicendo il pensiero del suo più autorevole interlocutore, il prof G.H.Hardy,afferma:"Un'equazione per me non ha senso, se non rappresenta un pensiero di Dio." Le sue leggi esistono da sempre, come dice il prof.G.H.Hardy e solo all’uomo è dato andarle a cercare per scoprile.“La forma vive in se stessa e come ogni arte riflette la verità”. Potrei dire che il Mosè di Michelangelo si celava nell’enorme masso di marmo prima che la famosa statua fosse scolpita tanto bene dal genio da fargli dire:”Perché non parli?”, come direbbe una madre al figlio uscito dal suo grembo dopo 280 giorni, ecco un numero magico destinato alla perpetuazione della specie umana! Due mondi opposti si scontrano o si incontrano come due stelle per dare origine ad un fenomeno astrale,così l’India coloniale del 1912 ed il Regno d’Inghilterra, un autodidatta ed un notissimo professore, un credente ed un ateo, un giovane innamorato, sposato ad una dolcissima fanciulla,ed un uomo che non crede nell’amore se non in quello della Matematica. Ramanujan parte per l'Inghilterra lasciando sola nella sua India la sua donna, il suo grande amore dopo la matematica, l’affascinante moglie Janaki, un bellissimo volto di Devika Bhise, che incarna l’incantevole e misteriosa India, un’ attrice dai grandi occhi neri, profondi,dal sorriso e tristezza che si alternano con l’alternarsi delle vicende del lontano marito alle prese con carte e numeri per dimostrare l’assunto delle sue sconcertanti scoperte. segue
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andreaguadagni
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domenica 19 giugno 2016
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quanto può essere impegnativo un dono
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Il dono di intuire la matematica, nuove regole, proprietà, teoremi. Un dono immenso, ma che letteralmente costa la vita. E il film rende benissimo, lungo tutto il suo percorso, questa tensione.
Sono anche ben rappresentati gli ambienti indiani e inglesi. Ma la cosa che più colpisce e che più si ricorda è il dramma interiore di Ramanujan che desidera pubblicare le sue scoperte. Far sì che non siano dimenticate, ma rese note a tutti i matematici.
Drammatica la "lotta" fra lui e Hardy che impone a Ramanujan di passare da intuizioni a dimostrazioni. Con estrema fatica e per R. perdita di tempo. Il film rapprenta benissimo questo cozzo fra due mentalità e due culture. Stupendo!
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gianleo67
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venerdì 20 luglio 2018
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"la più grande scoperta di hardy? e' stato ramanujan"
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La passione quasi mistica per la matematica, portano un poverissimo ed umile bramino tamil di Madrassa ad intrattenere una corrispondenza epistolare con insigni cattedratici del Trinity College di Cambridge. Solo uno di questi però sembra prenderlo sul serio, facendolo giungere in Inghilterra grazie ad una borsa di studio, incoraggiandolo nel suo percorso universitario e contrastando il diffuso ostracismo dei colleghi che si oppongono all'ammissione del genio indiano in seno al corpo docenti, non ostante i suoi indiscutibili meriti scientifici. Condensato di una vaga epica egualiataria d'inizio secolo, agiografia melodrammatica di un genio sfortunato e misticismo cabalistico a buon mercato, questo biopic simil bolllywoodiano è in realtà l'esemplare più che convenzionale di un sottogenere molto in voga nel cinema anglosassone del terzo millennio, fatto di geni tuttologi tetraplegici, esperti di criptologia dalle sospette inclinazioni sessuali e schizofrenici paranoidi redenti sulla via della medaglia Fields o della regia accademia degli ex dinamitardi svedesi.
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La passione quasi mistica per la matematica, portano un poverissimo ed umile bramino tamil di Madrassa ad intrattenere una corrispondenza epistolare con insigni cattedratici del Trinity College di Cambridge. Solo uno di questi però sembra prenderlo sul serio, facendolo giungere in Inghilterra grazie ad una borsa di studio, incoraggiandolo nel suo percorso universitario e contrastando il diffuso ostracismo dei colleghi che si oppongono all'ammissione del genio indiano in seno al corpo docenti, non ostante i suoi indiscutibili meriti scientifici. Condensato di una vaga epica egualiataria d'inizio secolo, agiografia melodrammatica di un genio sfortunato e misticismo cabalistico a buon mercato, questo biopic simil bolllywoodiano è in realtà l'esemplare più che convenzionale di un sottogenere molto in voga nel cinema anglosassone del terzo millennio, fatto di geni tuttologi tetraplegici, esperti di criptologia dalle sospette inclinazioni sessuali e schizofrenici paranoidi redenti sulla via della medaglia Fields o della regia accademia degli ex dinamitardi svedesi. Come dire la strada della scoperta (o dell'invenzione) scientifica è lastricata dalle ingiustizie sociali, dalle sfighe personali e dagli imperscrutabili segni di un fato avverso che rendono l'intrapesa umana e intellettuale adatta ad un prodotto di cassetta e destinato perfino a quella larga parte di pubblico cui parole come trigonometria e calcolo combinatorio possono produrre severi attacchi di orticaria. Niente paura, per costoro è bella e pronta la faccia virile e abbronzata di un Dev Patel madrelingua inglese, che sugge il nettare della sapienza numerologica dalle sensuali labbra dea Namagiri e che piomba nelle confortevoli dimore del Trinity College giusto in tempo per incassare ostracismo accademico, molestie xenofobe e supposte esplosive di Zeppelin crucchi. Bandito qualsiasi realismo psicologico o riflessione storica sul valore talora fortuito della scoperta scientifica, il film di Matt Brown fa la spola tra le dura lotta dello studente fuori sede ospite indesiderato degli odiati colonizzatori e le paturnie sentimentali di una mogliettina giovane e carina abbandonata tutta sola alle ripicche di una imperversante e arcigna mammà; l'invadente presenza di un insopportabile commento musicale ed un ritmo narrativo che stempera l'epica del racconto nella banalità di una storia dove eventi e personaggi rimangono perennemente sullo sfondo, finisce per togliere modente persino all'interpretazione compassata di un sempre composto Jeremy Irons; prototipo fatto e finito del matematico d'Albione, che alterna alla manifesta passione per il rigore del calcolo, le inconfessabili pulsioni che portavano in quegli anni il suo esimio collega A. E. Housman in eccitanti e perigliosi tour sessuali in giro per l'Europa. Non bastassero i modesti contenuti artistici, questo polpettone mainstream avanza l'idea furovinate che i processi cognitivi alla base del genio sinestetico di un bramino male in arnese possano affondare le loro radici in un sostrato di credenze e superstizioni da cui si pensa provengano le cose che non si capiscono; insomma dall'officiante indiano delle partizioni fatte in casa alla cattedra lucasiana di matematica dove storicamente sedeva un rappresentante del clero (come il suo fondatore) il passo è breve: un'aura romantica che sembra ammantare di misticismo un rapporto 'intimo e confidenziale con i singoli numeri naturali' o le più immediate soluzioni a valori reali della funzione Z di Riemann. Fra i produttori pure due matematici indiani. Presentato al Toronto International Film Festival 2015 ed al Tribeca Film Festival.
"La più grande scoperta di Hardy? E' stato Ramanujan" - Bertrand Russell (Berty per gli amici)
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sellerone
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lunedì 23 luglio 2018
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il calore dei numeri
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Tocca corde dei sentimenti. Si entra in un mondo ostico come quello dei numeri, per raccontare il rapporto fra due uomini soli, uno per scelta, l'altro a causa degli eventi. Un film che racconta di menti eccezionali impegnate in operazioni matematiche che sono alla base del moderno calcolo. Il suo merito è che riesce per sommi capi a far entrare lo spettatore nelle stanze e nei luoghi dove la matematica del passato si alimentava, dove gli scienziati che ora le moderne generazioni cercano di emulare, senza mezzi e con la solo forza delle loro intuizioni ci hanno permesso di evolvere in maniera inimmaginabile per le epoche passate. Concludo dicendo che mai numeri sono stati più caldi, anche se concepiti nelle fredde stanze di una delle più prestigiose università inglesi, numeri che hanno cancellato il colore della pelle e le discriminazioni in un epoca in cui queste erano ben radicate anche nelle menti più elevate, che sono però costate enormi sacrifici umani a chi ha lottato per lasciarli in eredità alle nuove generazioni.
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maurizio meres
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venerdì 10 giugno 2016
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discreto film,poteva rendere di più
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Film che si divide in due parti,la prima l'approccio con il mondo occidentale,siamo in India sottomessa da un colonialismo inglese,autoritario,arrogante come solito nelle sue usanze e soprattutto nella sua mentalità,come se tutto il mondo girasse intorno a loro,qui un giovane povero si riscopre in un genio matematico,senza metodo senza una istruzione adeguata,trova in un professore accademico un alleato,va in Inghilterra e trova un ostilità perversa,rifiutato da tutti,umiliato,solo con se stesso.
Il regista per circa tre quarti della durata del film si atrofizza sui modi di integrazione che in quel periodo erano un tabù ,non riesce secondo il mio punto di vista nel dare al film e allo spettatore la concentrazione giusta,si perde nei meandri matematici incomprensibili,e inspiegabili sulla natura del giovane indiano senza soffermarsi sul come sia stato possibile.
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Film che si divide in due parti,la prima l'approccio con il mondo occidentale,siamo in India sottomessa da un colonialismo inglese,autoritario,arrogante come solito nelle sue usanze e soprattutto nella sua mentalità,come se tutto il mondo girasse intorno a loro,qui un giovane povero si riscopre in un genio matematico,senza metodo senza una istruzione adeguata,trova in un professore accademico un alleato,va in Inghilterra e trova un ostilità perversa,rifiutato da tutti,umiliato,solo con se stesso.
Il regista per circa tre quarti della durata del film si atrofizza sui modi di integrazione che in quel periodo erano un tabù ,non riesce secondo il mio punto di vista nel dare al film e allo spettatore la concentrazione giusta,si perde nei meandri matematici incomprensibili,e inspiegabili sulla natura del giovane indiano senza soffermarsi sul come sia stato possibile.
Nell'ultima parte il film riprende il suo giusto percorso di umanità,di soddisfazione e soprattutto entra nel vero spirito dei personaggi,dando la giusta collocazione logica di un qualcosa d'inspiegabile dove un genio matematico sfido con la sua umiltà l'arroganza occidentale,leggere i titoli di coda diventa importantissimo se si vuole conoscere un po' di storia del personaggio.
Ottima interpretazione di Jeremy Irons in perfetto stile Inglese,discreta ma non poteva dare di più ,De Patel sempre con due occhi stralunati .
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gabriella
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giovedì 27 ottobre 2016
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il genio incontenibile
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Cinebiografia di un talento grezzo, un giovane indiano (Srinivasa Aiyangar Ramanujan) , nativo di Erode, ma trasferitosi in seguito a Madras, che per tutta la sua breve vita ha dovuto combattere con la miseria e il cattivo stato di salute cui era soggetto. Appassionato di matematica , sviluppa un metodo di studio insolito e intuitivo, ottenendo risultati sorprendenti, in maniera completamente autonoma, riesce a calcolare la costante di Eulero e lo studio dei numeri di Bernoulli. Nel 1912, decide di scrivere al matematico inglese Godfrey Harold Hardy, docente di Cambridge, sottoponendo alla sua attenzione i frutti del suo lavoro. Hardy intuisce la genialità del giovane e lo porta al Trinity College iniziando così una proficua collaborazione non esente però da problemi e divergenze.
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Cinebiografia di un talento grezzo, un giovane indiano (Srinivasa Aiyangar Ramanujan) , nativo di Erode, ma trasferitosi in seguito a Madras, che per tutta la sua breve vita ha dovuto combattere con la miseria e il cattivo stato di salute cui era soggetto. Appassionato di matematica , sviluppa un metodo di studio insolito e intuitivo, ottenendo risultati sorprendenti, in maniera completamente autonoma, riesce a calcolare la costante di Eulero e lo studio dei numeri di Bernoulli. Nel 1912, decide di scrivere al matematico inglese Godfrey Harold Hardy, docente di Cambridge, sottoponendo alla sua attenzione i frutti del suo lavoro. Hardy intuisce la genialità del giovane e lo porta al Trinity College iniziando così una proficua collaborazione non esente però da problemi e divergenze. Ramanujan ha difficoltà a inserirsi nello spocchioso mondo accademico inglese, ne soffre il clima freddo e, essendo vegetariano, ha problemi per la dieta. Hardy dal canto suo, è un uomo piuttosto fuori dagli schemi, non convenzionale, ma per ciò che riguarda la matematica si dimostra estremamente rigido, pretende che il ragazzo gli fornisca dettagliate spiegazioni alle sue ricerche, che riesca a dimostrare le sue teorie, e ovviamente l'altro, che non possiede un' istruzione formale, non è in grado di accontentarlo. Ma Hardy è consapevole di trovarsi di fronte a qualcosa di assolutamente straordinario, di lui scrive ( Cosa doveva essere fatto per insegnargli la matematica moderna? I limiti delle sue conoscenze sono sorprendenti come la sua profondità”.). E' la storia di un'amicizia, tra due persone talmente diverse tra loro da essere più che mai unite, c'è collaborazione, rispetto, ma soprattutto condivisione e passione per la matematica, anche se per Hardy, la purezza della matematica deriva dalla tecnica, per Ramanujan si esprime come forma divina. Da cornice al film c'è l'Inghilterra, i suoi paesaggi grigi e piovosi, dall'altra l'India con i suoi colori caldi e vivi, la possibilità di sperimentare e continuare i suoi studi per il giovane significa anche confrontarsi con l'ostilità del mondo occidentale, la guerra, ma soprattutto la grande nostalgia di casa e della giovane moglie. E' uno splendido dialogo tra due culture, dove entrambe apprendono dall'altra, ma principalmente è la storia di un'amicizia, un'equazione perfetta tra due personalità. Jeremy Irons è bravissimo nella parte di Hardy ( ultimamente i ruoli da professore non gli mancano ( " Treno di notte per LIsbona" e il recente " La corrispondenza".
Dev Patel è commovente nel ruolo del brillante matematico autodidatta, è un film per certi versi romantico, ( Hardy stesso definì l'incontro con Ramanujan , l'unico incidente romantico della sua vita), il taglio classico impreziosisce le atmosfere, la luce ben equilibrata rende austeri l'ambiente e il college inglese, i dialoghi tra i due protagonisti brillano non solo per intensità, ma per una luce che è qualcosa di più della conoscenza, è la luce di uomini non comuni.
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