marezia
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domenica 28 febbraio 2016
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anatomia di una identità
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Da dove cominciare? Dalla recensione di Gabriele Niola o dalle stelle attribuite dalla redazione di MyMovies o dallo stesso Niola? Mah! Da entrambe nel senso che sono INGIUSTE e non perché siano soggettive e quindi di per sé fallaci ma perché NON RISPONDENTI A QUELLO CHE OCCHI E ORECCHIE FUNZIONANTI VEDONO E SENTONO. Il film è un percorso ARTISTICAMENTE SOFISTICATO QUANTO UMANAMENTE TRASCINANTE SULLA VIA DELLA RINASCITA: come dice Einer, una sorta di emersione di quello che già c'era in lui; quindi, perché parlare di depotenziamento? Se TUTTO passa dallo sguardo, dalla gestualità e dalla regia che sa coniugare SAPIENTEMENTE parola e immagine, come si fa a non rendersene conto? Cattiva volontà, incapacità umana, repulsione per un soggetto così sfaccettato avendo altri gusti cineamtografici, una giornata storta? Chi lo sa! MA NON CREDETEGLI.
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Da dove cominciare? Dalla recensione di Gabriele Niola o dalle stelle attribuite dalla redazione di MyMovies o dallo stesso Niola? Mah! Da entrambe nel senso che sono INGIUSTE e non perché siano soggettive e quindi di per sé fallaci ma perché NON RISPONDENTI A QUELLO CHE OCCHI E ORECCHIE FUNZIONANTI VEDONO E SENTONO. Il film è un percorso ARTISTICAMENTE SOFISTICATO QUANTO UMANAMENTE TRASCINANTE SULLA VIA DELLA RINASCITA: come dice Einer, una sorta di emersione di quello che già c'era in lui; quindi, perché parlare di depotenziamento? Se TUTTO passa dallo sguardo, dalla gestualità e dalla regia che sa coniugare SAPIENTEMENTE parola e immagine, come si fa a non rendersene conto? Cattiva volontà, incapacità umana, repulsione per un soggetto così sfaccettato avendo altri gusti cineamtografici, una giornata storta? Chi lo sa! MA NON CREDETEGLI. E' UN CAPOLAVORO LONTANISSIMO DAL MELODRAMMA E DALL'INTIMISTICO PIAGNISTEO DELLA CHECCA CHE SOGNA DI ESSERE UNA DONNA. DA VEDERE.
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bryon
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domenica 28 febbraio 2016
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un'occasione mancata
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Spesso è attraverso l’arte che si disvela la realtà, l’intima essenza delle cose.
Così in The Danish Girl, ultimo lavoro di Tom Hooper (premio Oscar per Il Discorso del Re), al processo di individuazione di Lili nel corpo di Einar, pittore danese vissuto a cavallo del Novecento, dà inizio proprio lo sguardo della moglie Gerda, anche lei pittrice che lo (la) immortala su tela.
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Spesso è attraverso l’arte che si disvela la realtà, l’intima essenza delle cose.
Così in The Danish Girl, ultimo lavoro di Tom Hooper (premio Oscar per Il Discorso del Re), al processo di individuazione di Lili nel corpo di Einar, pittore danese vissuto a cavallo del Novecento, dà inizio proprio lo sguardo della moglie Gerda, anche lei pittrice che lo (la) immortala su tela.
Tratto dalla storia vera della prima persona a tutti gli effetti transessuale, la pellicola di Hooper ricostruisce la storia di Einar Wegener a partire dal suo matrimonio con Gerda Gottlieb fino all’intervento chirurgico, passando per i tentativi di "cura" del disagio sofferto e ancora impossibile da identificare.
L'affioramento dell'identità femminile nel pittore avviene nella prima parte del film in un disvelamento progressivo: già dalle prime scene la presenza fisica di Redmayne ha assunto i connotati femminei propri di Lili; alle immagini (sguardi altrui, specchi) e ai suoni (lo scorrere della dita di Einar sul tessuto di un vestito femminile) è lasciato il compito di dare corpo e intonazione all'identità emergente.
Il rapporto con la moglie - la quale, vagamente maschile nel modo di apparire, si rivelerà essere la vera istanza maschile e costruita di Einar - è il filtro attraverso il quale è messa in luce la scomposizione e sovrapposizione delle personalità. La scelta di questo punto focale consente inoltre un grande approfondimento psicologico, nella misura in cui assume il punto di vista di Gerda - la cui figura è ricca di spessore ed esaltata dalla spontaneità e dall’intensità della Vikander.
Il pericolo di mettere in scena vicende realmente accadute, e pertanto già cariche di loro pathos, si aggrava ulteriormente in considerazione dell’attualità e della politicità del tema. Hooper lo scongiura solo in parte: se da un lato il film procede in modo sempre elegante e l’interpretazione dei due protagonisti è sufficientemente densa ma comunque delicata, dall’altro una certa ridondanza retorica residua soprattutto da un eccesso della sceneggiatura (alcune battute sembrano superflue e a volte banali); e, nel caso del personaggio che entra in scena nella seconda parte del film, un amico d’infanzia di Einar, subentra anche una sottile venatura conservatrice, dal punto di vista della caratterizzazione fisica e del ruolo nella vicenda.
The Danish Girl rimane un film solido a sostegno del quale sono due prove attoriali molto forti; tuttavia, l’invarianza di certe strutture narrative e una deriva vagamente sentimentalistica nel finale ne impoveriscono la potenzialità carica e ne impediscono l’elevazione al di sopra di una (bella) superficie.
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halfblood00
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sabato 27 febbraio 2016
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eddie è nato per trasformare il nostro cinema!
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Questo film è meraviglioso, seppur a tratti possa sembrare un solito melodramma, cosi non lo è. Vedendolo viene la pelle d'oca e questo soprattutto alla fantastica interpretazione di Eddie Redmayne e di Alicia Vikander. Lui riesce a spostare la sua femminilità nei tratti drl viso e questa la si intravede soprattutto negli occhi; Eddie può davvero considerato il ventenne con la carriera più promettente davanti a sé perché riesce a rendere la storia di altri la sua storia. Non parliamo di Alicia...seppur abbia avuto un ruolo da non protagonista, la sua performance è sempre costante ma non per la sua presenza, ma per la sua interpretazione impeccabile, che rende il film ancor più degno di essere visto.
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Questo film è meraviglioso, seppur a tratti possa sembrare un solito melodramma, cosi non lo è. Vedendolo viene la pelle d'oca e questo soprattutto alla fantastica interpretazione di Eddie Redmayne e di Alicia Vikander. Lui riesce a spostare la sua femminilità nei tratti drl viso e questa la si intravede soprattutto negli occhi; Eddie può davvero considerato il ventenne con la carriera più promettente davanti a sé perché riesce a rendere la storia di altri la sua storia. Non parliamo di Alicia...seppur abbia avuto un ruolo da non protagonista, la sua performance è sempre costante ma non per la sua presenza, ma per la sua interpretazione impeccabile, che rende il film ancor più degno di essere visto...io darei assolutamente l'Oscar alla Vikander( a dir la verità anche a Eddie perché sono un po' di parte e poi perché non si può rimanere impassibili davanti ad uno come lui).
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pintaz
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giovedì 25 febbraio 2016
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cosa ho fatto per meritarmi tanto amore?
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Muore appena in tempo dopo essere diventata Lili Elbe nasce come Einar Wegener. E' considerato il primo transgender della storia e verso gli anni '20 inizia il suo percorso per il cambiamento di sesso. Pittore danese ha, nel proprio percorso breve, vissuto due vite: la prima con la moglie e la seconda a Parigi da donna. Dopo un gioco erotico con la bella e innamorata moglie inizia ad atteggiarsi da donna, percorrendo una identità doppia da Einar fino a Lili. Aiutato dalla moglie, da cui è meno attratto carnalmente ma sempre più affettuosamente, Einar fugge dall'idea di chi lo vuole internare o dichiarare schizofrenico e si rifugia nella chirurgia consapevole che l'operazione, mai tentata prima, abbia rischi devastanti.
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Muore appena in tempo dopo essere diventata Lili Elbe nasce come Einar Wegener. E' considerato il primo transgender della storia e verso gli anni '20 inizia il suo percorso per il cambiamento di sesso. Pittore danese ha, nel proprio percorso breve, vissuto due vite: la prima con la moglie e la seconda a Parigi da donna. Dopo un gioco erotico con la bella e innamorata moglie inizia ad atteggiarsi da donna, percorrendo una identità doppia da Einar fino a Lili. Aiutato dalla moglie, da cui è meno attratto carnalmente ma sempre più affettuosamente, Einar fugge dall'idea di chi lo vuole internare o dichiarare schizofrenico e si rifugia nella chirurgia consapevole che l'operazione, mai tentata prima, abbia rischi devastanti.
Semplicemente straordinario Eddie Redmayne, attore che ha il merito di trascinare lo spettatore nella continua trasformazione mentale ancor prima che fisica mostrando disagio, dolcezza e consapevolezza nella scelta che cambia la propria vita. Accanto a lui, Alicia Vikander, attrice non protagonista ma allo stesso tempo vera icona di un amore che passa da quello di una coppia giovane tutta sesso e gioco a un'amore puramente ideale e sensuale che riesce a capire il disagio aiutando il marito a diventarne la migliore amica.
Avrei preferito che fosse reso ancora più forte il desiderio fisico e la voglia di cambiare sesso per la donna che era dentro di lui. A un certo punto si è preferito rimanere, pur in maniera straordinariamente efficace, nel rapporto marito-moglie, moglie-amica facendo percepire allo spettatore solo la passione interiore. Ovviamente, aldilà della breve vita di Lili, ne viene fuori uno spaccato dell'epoca, purtroppo anche in senso sentimentale, rimarcando al giorno d'oggi la pochezza di sentimento nella coppia di adesso e la voglia, anche inconsapevole, di quello che accadrà ai due protagonisti amandosi, anche se in senso lato, ancora di più.
La classica ciliegina sulla torta "Cosa ho fatto per meritarmi tanto amore?" detta da Lili e forse anche da Einar alla fine del film. Peccato per il finale con il foulard appartenuto a Lili che vola sullo splendido paesaggio dove aveva vissuto da adolescente: un po' troppo harmony...
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francy49
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mercoledì 24 febbraio 2016
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film poetico.
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Il dramma di chi vede la propria identita imprigionata in un corpo sbagliato viene raccontato in maniera elegante. Molto raffinati gli ambienti e le scene. Film pittorico che sceglie di rappresentare i sentimenti attraverso gli occhi dei protagonisti su cui si concentra la cinepresa. Coinvolgente l' interpretazione degli at tori principali. Bravissimo Eddie Redmaine, che dimostra, come ne La teoria del tutto, di sapere aderire fisicamente ai personaggi.
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catcarlo
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mercoledì 24 febbraio 2016
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bello ma freddo
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A volte accade. Ci sono film che hanno tutto per coinvolgere, appassionare, magari pure per restare nella storia del cinema e, invece, lo spettatore passa un paio d’ore in attesa di un clic che non arriva mai: l'ammirazione per la brillantezza formale dell'opera è indubbia, ma la scintilla di qualsiasi entusiasmo rimane ben spenta. Tom Hooper ritorna laddove 'Il discorso del re' era stata una scommessa vinta: un personaggio alla ricerca del vero se stesso sullo sfondo della tormentata Europa fra le due guerre. Se la vicenda di Giorgio VI raccontava in special modo il rapporto tra pubblico e privato in un momento comunque di difficoltà suprema, qui la lotta è molto più intima, poiché il pittore danese Einar Wegener la combatte con la propria natura, ovvero con Lili, la sua parte femminile che si risveglia forse per caso, ma poi conquista sempre più spazio mettendo in crisi la relazione con la moglie Gerda.
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A volte accade. Ci sono film che hanno tutto per coinvolgere, appassionare, magari pure per restare nella storia del cinema e, invece, lo spettatore passa un paio d’ore in attesa di un clic che non arriva mai: l'ammirazione per la brillantezza formale dell'opera è indubbia, ma la scintilla di qualsiasi entusiasmo rimane ben spenta. Tom Hooper ritorna laddove 'Il discorso del re' era stata una scommessa vinta: un personaggio alla ricerca del vero se stesso sullo sfondo della tormentata Europa fra le due guerre. Se la vicenda di Giorgio VI raccontava in special modo il rapporto tra pubblico e privato in un momento comunque di difficoltà suprema, qui la lotta è molto più intima, poiché il pittore danese Einar Wegener la combatte con la propria natura, ovvero con Lili, la sua parte femminile che si risveglia forse per caso, ma poi conquista sempre più spazio mettendo in crisi la relazione con la moglie Gerda. Einar/Lili è vissuto veramente ed è stato uno dei primi a sottoporsi a un intervento per cambiare sesso, ma la sceneggiatura di Lucinda Coxon, basata su un romanzo di David Ebershoff, si concede tante di quelle libertà da non poter considerare la pellicola come biografica, bensì un delicato studio su di una persona che si sente prigioniera in un corpo che non riconosce più. Ecco allora l'importanza dell'immagine, sia riflessa, sia rappresentata: anche Gerda dipinge ed è nei suoi quadri che Lili prende davvero vita per la prima volta - non per nulla una delle prime battute della pittrice spiega che 'per un uomo è difficile essere osservato da una donna. Sottomettersi allo sguardo di una donna è destabilizzante' - mentre lungo tutto il film si susseguono i giochi di riflessi che consentono di guardarsi e/o essere guardati. Si tratta di passaggi impliciti, quando le immagini degli attori sono incorniciate dagli oggetti o dalle componenti architettoniche, oppure espliciti nel denudarsi di Einar davanti allo specchio nel magazzino teatrale e nello scambio di sguardi e gesti con la prostituta dietro al vetro (seppur si tratti di una scena che stride un po' con la misura presente altrove): in ogni caso una scelta stilistica vincente che sfrutta al meglio gli spazi chiusi che sono in netta maggioranza, visto che l’occhio può spaziare quasi solo nei titoli di testa e nella sequenza conclusiva. Un'ambientazione che deve una porzione significativa della sua validità alla scenografia di Michael Standish ed Eve Stewart a partire dalla casa in cui vive la coppia che è un'unica natura morta in cui lo scarso mobilio spicca contro i muri spogli, fatta apposta per la fotografia dai colori freddi con cui Danny Cohen disegna le inquadrature, con particolare riguardo a quelle dedicate alla Danimarca. A fare contrasto pensa la colonna sonora di Alexandre Desplat, discreta, ma dai toni prettamente romantici, a sottolineare che si sta raccontando una grande storia d'amore in cui una moglie si sforza di capire cosa stia accadendo al marito cercando di stargli vicino malgrado la complessità della situazione (vabbè, è la sezione più romanzata, ma è il cinema, bellezza!). Alle prese con un compito non facile, il cast nel suo complesso regala una prova di notevole efficacia, facendo spiccare l’esercizio di accurato mimetismo offerto da Redmayne (che danza sull'orlo della sovrarecitazione senza cascarvi dentro) e la solo all'apparenza fragile Gerda di Alice Vikander, che non si capisce per quale motivo sia stata candidata all'Oscar come non protagonista con, tra l’altro, un minutaggio superiore al collega di set. Come si vede, i pregi non sono pochi e di conseguenza si fa fatica a credere che non si rimanga lì a bocca aperta, eppure la narrazione scorre in superficie senza incidere e lasciando un'impressione complessiva di invincibile freddezza che dapprima si spera si dissolva con il passare dei minuti, ma alla quale lentamente ci si rassegna, con l'aggravante di un'ultima mezzora un po' tirata per le lunghe: a rimetterci è uno dei momenti cinematograficamente più belli, lo splendido controcampo finale sui visi dei due (ex) coniugi che ne suggella l’eterna vicinanza
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flyanto
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martedì 23 febbraio 2016
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un corpo vissuto come una prigione
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Regista televisivo e cinematografico molto acclamato e pluripremiato in Gran Bretagna, Tom Hooper si distingue per i suoi lavori ambientati per lo più in epoche passate. Con "The Danish Girl", l'ultima sua fatica, non si smentisce e presenta la storia di Einer Wegener, pittore paesaggista realmente vissuto in Danimarca agli inizi del XIX Secolo, il primo uomo omosessuale che affrontò nel 1931 la delicata operazione al fine di cambiare sesso. Nel corso del film si assiste al suo graduale e sempre più preponderante desiderio di aderire al sesso femminile, prima attraverso l'osservazione e l'ammirazione da lontano delle donne, cercandone di imitare le movenze ed i gesti in generale, poi attraverso la diretta trasformazione indossando abiti ed una parrucca femminili al fine di comparire esattamente come una donna.
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Regista televisivo e cinematografico molto acclamato e pluripremiato in Gran Bretagna, Tom Hooper si distingue per i suoi lavori ambientati per lo più in epoche passate. Con "The Danish Girl", l'ultima sua fatica, non si smentisce e presenta la storia di Einer Wegener, pittore paesaggista realmente vissuto in Danimarca agli inizi del XIX Secolo, il primo uomo omosessuale che affrontò nel 1931 la delicata operazione al fine di cambiare sesso. Nel corso del film si assiste al suo graduale e sempre più preponderante desiderio di aderire al sesso femminile, prima attraverso l'osservazione e l'ammirazione da lontano delle donne, cercandone di imitare le movenze ed i gesti in generale, poi attraverso la diretta trasformazione indossando abiti ed una parrucca femminili al fine di comparire esattamente come una donna. In tutto ciò, sebbene addolorata ma molto comprensiva, lo sostiene la moglie Gerda, nota pittrice dell'epoca, che lo ritrae persino nei propri dipinti e lo accompagna sino alla morte nel suo deciso intento di cambiare definitivamente sesso.
Al di là della trama che risulta interessante propriamente come documento storico in quanto rappresentazione del disagio e delle lotte, nonchè delle svariate e numerose umiliazioni, che Einar Wegener dovette subire e sostenere, quello che è particolarmente interessante, per non dire pregevole, è la maestria e la profondità psicologica con cui Hooper ritrae la mentalità di un'epoca in cui, per quanto la Danimarca fosse tollerante ed aperta di vedute, non lo era ancora abbastanza, e riteneva assai disdicevole, per non dire infamante in quanto manifestazione di perversione od addirittura pazzia, l'essere attratti verso il sesso opposto. Pertanto, molto dettagliatamente e perfettamente aderente alla realtà degli inizi del secolo, il regista britannico offre allo spettatore un quadro quanto mai pregevole di ciò che concerne gli ambienti ed i costumi, ponendo soprattutto in evidenzia il tormento psicologico provato sia da Einer Wegener che dalla moglie stessa per la nuova ed assai dolorosa presa di coscienza.
Eddie Redmayne, già ampiamente ammirato nel suo precedente "La Teoria del Tutto" nella parte dello scienziato Stephen Hawking affetto da sclerosi multipla, si conferma ottimo attore per la mimica facciale sia nei panni maschili di uomo tormentato che in quelli più timidi ed ancora incerti di donna dal nome Lili Elbe. Alicia Vikander, nella parte della moglie artista totalmente comprensiva della condizione del marito, nonchè innamorata, si dimostra anch'ella perfettamente addentro e confacente al proprio ruolo, seppure di secondo piano ma quanto mai influente. E tutto ciò, unito alle seducenti e magnifiche esteticamente parlando riprese dei paesaggi e degli ambienti, contribuisce a rendere la pellicola di Hooper un vero gioiello, da ammirare visivamente e da comprendere per la delicata e profonda rappresentazione della particolare tematica.
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eugenio
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domenica 21 febbraio 2016
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il primo transgender
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Si è dibattuta mezza letteratura novecentesca su temi fondanti di enorme interesse filosofico: capire cosa è l’uomo.
Comprendere la propria naturaed essere capaci di effettuare delle scelte che possano in qualche modo rispettare i vincoli morali che ci siamo imposti è scelta dal sacrificio non indifferente.
Lo sa bene Eddie Redmayne che interpreta con bravura pari al precedente “La teoria del tutto” il caso del primo transgender della storia,Lili Elbe, della sua anima che vuole essere liberata da un corpo che non sente suo e del conseguente intervento chirurgico per la “riassegnazione” del corpo. E, ancora di più, la moglie Gerda Wegener(interpretata da Alicia Vikander) che accetta con stoica quanto potente “virilità” la sua condizione, aiutandolo e portandolo alla desiderata operazione che potrebbe restituirgli finalmente la dignità sopita e permettergli, conseguentemente, di tornare a vivere con un “nuovo” corpo.
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Si è dibattuta mezza letteratura novecentesca su temi fondanti di enorme interesse filosofico: capire cosa è l’uomo.
Comprendere la propria naturaed essere capaci di effettuare delle scelte che possano in qualche modo rispettare i vincoli morali che ci siamo imposti è scelta dal sacrificio non indifferente.
Lo sa bene Eddie Redmayne che interpreta con bravura pari al precedente “La teoria del tutto” il caso del primo transgender della storia,Lili Elbe, della sua anima che vuole essere liberata da un corpo che non sente suo e del conseguente intervento chirurgico per la “riassegnazione” del corpo. E, ancora di più, la moglie Gerda Wegener(interpretata da Alicia Vikander) che accetta con stoica quanto potente “virilità” la sua condizione, aiutandolo e portandolo alla desiderata operazione che potrebbe restituirgli finalmente la dignità sopita e permettergli, conseguentemente, di tornare a vivere con un “nuovo” corpo.
E’ The Danish Girl di Tom Hooper un’indagine sul controverso orizzonte di un uomo nato col desiderio di diventare donna, che ne esplora l’esitante condotta di un corpo ignoto.
Lili Elbe gode di una vicenda nota al pubblico come descritto nel romanzo di David Ebershoff cui Hooper prende delle giuste licenze poetiche, reintepretandolo ad un cinema “pulito” che non mira affatto alla trasgressione quanto all’eleganza stilistica con atmosfere da un Kubrick da “Barry Lindon”.
Cosa non è The Danish Girl è facile da dire.
Non è un film che mette alla luce un protagonista eroico o particolarmente fuori dagli schemi, al contrario questi è un pittore,timido e modesto, di scene sempre uguali con il solito paesaggio di Copenaghen al tramonto (da lì il nome del film); non è un’opera che accentua gli aspetti che potremmo definire più scabrosi o volutamente drammatici che possano lasciar storcere il naso all’opinione pubblica benpensante, non è infine un film diretto e esplicito quanto una travagliata descrizione di un cammino e le riflessioni di una femminilità latente tra ambiguità e giochi di luce.
Ecco, ambiguità e sfumatura, due facili vocaboli fondamentali per la visione del film: se da un lato la superficie delle cose è quella di un ambiente borghese primo novecentesco con tessuti e scene patinate, la facile intepretazione nata dalla metafora della stessa pittura come “strumento eccellente” di rivelazione espressionistica della propria vera natura, nasconde in sè quella affettazione, quell’ìntepretazione artificiosa che indugia sul coraggio per appaggiarsi al conformismo.
Fatta eccezione di una scena di nudo in cui il regista rivela tratti di quell’“osare”, il film rallenta, inciampa nella zona grigia dello ambiguità, sottolineando i lenti movimenti impercettibili del capo,le mani affusolate, il viso truccato di Eilen/Lili, creatura precaria, prima intimamente confusa poi sempre più determinata a portare la scelta sino in fondo.
E se i personaggi maschili sono al tempo stesso burattini e flebili voci, la calda arte che arde nella fiamma della passione è la donna che si nasconde in Lili e che ha una controparte altrettanto forte nella moglie (anch’essa pittrice) Gerda, l’artista per eccellenza che “risveglia” la femminilità latente di Eilen con la proposta “scherzosa” di posare per lei travestito appunto da donna.
E’ Gerda, forse, il personaggio trainante del film, capace come non mai di tradurre l’amore, un sentimento profondo che non conosce sesso, età e confini, una strada verso una progressiva conoscenza di sè.
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no_data
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domenica 21 febbraio 2016
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the danish girl di tom hooper
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NON SONO ASSOLUTAMENTE D'ACCORDO CON IL COMMENTO DI MYMOVIES NON C'E' BISOGNO DI SESSO IN UNA COPPIA. TANTO PREEMESSO L'HO VISTO IL GIORONO ESATTO DHE E' USCITO E SONO RIMASTO MOLTO SORPRESO SIA DALLA CREDIBILITA' DEGLI ATTORI E DALLA SOMIGLIANZA DI EDIE REDMAYNE A UNA DONNA VERAMENTE POTENTE HO PIANTO PER TUTTO IL FILM
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miguel angel tarditti
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domenica 21 febbraio 2016
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descubrirse mujer en un cuerpo de hombre
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Sentir una identidad sexual que es otra.
“The Danish Girl”, de Tom Hooper
Film Británico, Usa, 2015
La fabulosa geografía de Dinamarca, suave, estética, de una plástica metafóricamente “femenina”, sirve de escenografía para mostrar un vibrante conflicto de reconocimiento o identidad sexual.
El film cuenta la historia verdadera de Einar Wegener (como hombre)/Lili Elbe (como mujer), que en la Dinamarca del 1931 fue la primera persona en la historia, a someterse a una operación de cambio de sexo.
Me preguntaba viendo el film, cuanto mal puede sentirse un ser humano en un cuerpo que siente como ajeno a su autentico ser sexual.
Un espíritu prisionero en una jaula asfixiante, su cuerpo.
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Sentir una identidad sexual que es otra.
“The Danish Girl”, de Tom Hooper
Film Británico, Usa, 2015
La fabulosa geografía de Dinamarca, suave, estética, de una plástica metafóricamente “femenina”, sirve de escenografía para mostrar un vibrante conflicto de reconocimiento o identidad sexual.
El film cuenta la historia verdadera de Einar Wegener (como hombre)/Lili Elbe (como mujer), que en la Dinamarca del 1931 fue la primera persona en la historia, a someterse a una operación de cambio de sexo.
Me preguntaba viendo el film, cuanto mal puede sentirse un ser humano en un cuerpo que siente como ajeno a su autentico ser sexual.
Un espíritu prisionero en una jaula asfixiante, su cuerpo.
Resulta difícil poder intuir esta angustia, este dolor, esta desesperación.
A qué punto se puede sufrir un conflicto de tal envergadura, que para poder ser feliz, sea necesario imperiosamente recurrir a un cambio orgánico, a una operación que corrija lo que siente como inauténtico: su sexo.
Si nos retrotraemos al 1931, el drama aún es mayor; la medicina del proprio tempo, quería internarlo y declararlo esquizofrénico.
Y eso que Freud ya había descubierto el psicoanálisis como recurso para indagar las razones del inconsciente.
Porque el problema no es solo del protagonista del conflicto, pasa a ser también, un problema para los que desde afueran proyectan sus prejuicios o sus temores en la piel del “extraño personaje”.
Del extravagante, como dice Foucault en su “Historia de la locura” cuando narra cómo eran tratados los “locos” en el Medioevo.
El tema es que la diversidad es algo que asusta, que en cualquier modo amenaza la integridad del otro, de los otros, de la sociedad toda en muchos casos.
En esta época de globalización, donde todo debe ser unificado, la diferencia se evidencia como negativa. No se potencia con la unificación, las diferencias que nutre, que identifican, que puede enriquecer, y que por sobre todo deben ser respetadas, no, se liman las aristas, los perfiles, para que así podamos confundirnos como en una no-identidad de la persona.
Masificar para poder dominar mejor. Sin rebeldes extravagantes o locos.
El film de Tom Hooper (“Los miserables” “El discurso del rey”)
es delicado, muy estético, y cuenta con ese actor excepcional que es Eddie Redmayne, que ya habíamos visto en “La teoría del todo” encarnando a Stephen Hawking, que le mereció el Oscar de la Academia, y que podría merecerlo nuevamente en este deslumbrante trabajo. Su capacidad de composición es verdaderamente excepcional. Alicia Vikander , seduce ampliamente con su verdad e intensidad dramática en el rol de la esposa.
Creo que el film tiene el valor de esas obras de arte donde la observación de la composición actoral y la dramaticidad del conflicto que afronta, nos pone delante de una dimensión humana, de absoluta vulnerabilidad, fragilidad, y enorme conflictualidad.
Al mismo tiempo denuncia la necesidad del coraje para enfrentar la vida de pecho, de frente, aunque ese precio pueda llegar a ser de muy alta exigencia, muy alta. Diría, casi no humana.
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